Di fronte alle difficoltà che il settore attraversa molti si limitano a disperarsi. Ai propri soci Unione Italiana Ristoratori dice, invece, che è ora di passare all’azione, ragionando in termini di costi, ricavi, strategie e opportunità da cogliere a breve e medio termine
A prescindere da ubicazione, numero dei coperti, linea di cucina ed eventuali riconoscimenti ottenuti, tutti i ristoranti hanno in comune un elemento: sono imprese. Sembra una considerazione ovvia, ma spesso non lo è, se si guardano le logiche che governano i processi produttivi, la capacità di competere sul mercato, l'attitudine a promuovere i propri valori e punti di forza. E la crisi, che morde il settore da vari anni, ha svelato drammaticamente che spesso anche i conti denunciano strategie d'impresa approssimative se non sbagliate.
Questa realtà ha indotto Unione Italiana Ristoratori, associazione con quasi 43 anni di attività e aderenti in tutta Italia e anche all'estero (a Città del Lussemburgo e a New York), a inaugurare una nuova fase della propria attività, che punta a colmare una lacuna che così è stata descritta dal Gastronauta Davide Paolini, intervenuto come relatore al primo Forum della ristorazione organizzato da Uir a metà ottobre: «Purtroppo in Italia siamo portati a coltivare e valorizzare il prodotto ma non il mercato. Buona parte dei ristoratori pensa solo ai risultati sulle guide e finisce per non pensare più alla propria impresa».
Margini? Dimenticati
Al vicedirettore esecutivo di Uir, Mario Palmieri, che è impegnato in prima persona in questo progetto, chiediamo quale percorso la ristorazione dovrà affrontare nel breve termine per rimanere sul mercato e attraverso quali strumenti si punti a instillare nel ristoratore una solida cultura d'impresa. «Senza questa crisi - ci ha detto - molti ristoranti avrebbero continuato come prima senza porsi troppi problemi. Invece, questo non è più possibile, perché l'imprenditore della ristorazione si trova a dover affrontare costi fissi di varia natura: dalle utenze agli affitti, dal costo del personale (che comprende la retribuzione, ma anche contributi, tredicesima, TFR ecc.) fino alle varie imposte. È chiaro che calando il giro d'affari questi costi diventano quasi insostenibili e i margini si assottigliano fino a scomparire, a fronte di un lavoro che assorbe completamente l'imprenditore. Quindi, la categoria deve puntare sull'efficienza e sulla capacità di cogliere nuove opportunità, che pure esistono, anche se sono meno visibili dei problemi».
Opportunità, promuovere il territorio
Un esempio di opportunità per Palmieri viene dal ruolo che l'impresa di ristorazione può recitare nella promozione dell'Italia e delle sue eccellenze. «Gli associati Uir, per esempio, sono tutti ristoratori che, nel loro segmento, portano avanti una politica di qualità, perché questo è il primo e irrinunciabile requisito per iscriversi. Una qualità che parte dalle materie prime, ma coinvolge anche tanti altri aspetti: dal tovagliato all'accoglienza e, naturalmente, alla cucina. Noi vogliamo, in prima battuta, che il consumatore percepisca che questa qualità è il frutto dell'impegno che il ristoratore spende per soddisfare la sua clientela, dal duplice punto di vista professionale e finanziario».
Naturalmente la strategia di autopromozione non si può limitare a questo recupero dell'”orgoglio” di far bene il proprio mestiere, reagendo a quel diffuso senso di rassegnazione e di perdita di fiducia che, nel pensiero di Palmieri. è la conseguenza più preoccupante della crisi, ma deve estendersi anche ad altri ambiti: per esempio, la valorizzazione della cucina italiana attraverso eventi e manifestazioni. In questo senso, Expo 2015 è una grande opportunità, per la quale Uir - e non solo - sta già preparando un grande progetto.
Consulenze on line
Essere imprenditori di successo vuol dire anche affrontare con i giusti strumenti gli adempimenti legati all'attività: normative, rapporti con il fisco, accesso al credito, solo per fare tre esempi. Quindi, uno dei punti cardine del progetto studiato da Uir è la costituzione di un network di consulenti cui gli associati possono rivolgersi on line e senza costi: il servizio front office è, infatti, gratuito e compreso nella quota d'iscrizione annuale.
Le aree di competenza già attive sono diverse: legale, commerciale e tributaria, finanziaria, sicurezza e valutazione d'impatto acustico, architettura d'interni, web, comunicazione.
«Attualmente - aggiunge Palmieri - stiamo definendo un accordo con un importante gruppo assicurativo per la messa a punto di una polizza che copra tutti i rischi dell'impresa di ristorazione. È chiaro che un network come Uir, che raggruppa circa 160 ristoranti e complessivamente fattura circa 150 milioni sia un interlocutore interessante per diverse realtà. E questo ci consente di implementare costantemente i servizi che possiamo mettere a disposizione dei nostri soci/imprenditori».
Nuova politica degli acquisti, facendo fronte comune
A breve i servizi potrebbero essere ampliati: perché non pensare, per esempio, a una politica di acquisti comune, perlomeno per certi articoli, oppure ad attività di formazione?
Marketing sul campo
«In effetti - conferma Palmieri - noi vorremmo riuscire a dare agli imprenditori associati consulenza a ogni livello. Perché riteniamo che essere membri di una stessa community voglia dire confrontarsi sui problemi, ma soprattutto poter sfruttare opportunità che da soli forse non si riuscirebbero a vedere e a cogliere».
Fin qui abbiamo parlato dei vantaggi rappresentati dal “fare gruppo”, compresa la maggior pressione che si può esercitare sulle istituzioni perché finalmente riconoscano il valore della ristorazione nella promozione del marchio Italia e nella valorizzazione del business turismo.
Ma ci sarà pure, chiediamo a Palmieri, qualcosa che il singolo ristoratore può fare nel suo locale per tentare di reagire alla crisi?
«Certo, per esempio, puntare su nuove idee, nuove proposte, menù a prezzi più competitivi. Per esempio, non chiudere la cucina alle 22,30, come troppo spesso ancora si vede fare in provincia. Ancora, adottare una mentalità imprenditoriale per la quale si è felici di vendere anche un solo piatto, invece di seccarsi del fatto che il cliente non chieda il pasto completo. Se le abitudini e la disponibilità economica del cliente sono cambiate ci si deve organizzare per potenziare l'offerta di piatti unici a pranzo, in un'ottica di marketing. E, per favore, basta con i menù uguali da 30 anni: le rendite di posizione, anche per effetto della concorrenza non regolamentata, non esistono più. Qui siamo all'anno zero».