A Roma apre “Fiore”, ristorante di cucina flexitariana, e c’è da scommettere che seguiranno altre aperture di insegne simili sulla sua scia, al pari di quanto sta accadendo negli Usa, dove questo regime alimentare sta ottenendo un successo straordinario.
Il menu flexitariano si distingue dal vegano e dal vegetariano perché ammette piatti con ingredienti di derivazione animale, carne e pesci compresi. Ma si diversifica dal menu tradizionale per vari aspetti, primo dei quali, l’estrema attenzione alla qualità delle materie prime, tutte scelte in un’ottica di sostenibilità per l’organismo e per la natura.
I princìpi
I principi della dieta flexitariana sono quelli di fondo della cucina vegetariana ma con l’ammissione di un consumo moderato di proteine animali, mirato e di qualità, privilegiando sempre i prodotti bio. Una cucina vegetariana all’80% e flessibile per il 20 %, con un consumo ridotto di carne, pesce, latte e uova, a patto che tutto ciò che si mangia sia di alta qualità, locale e sostenibile. In particolare, il menu prevede il 40% di vegetali; il 40% tra cereali integrali, legumi e semi e il 20% di alimenti di origine animale.
Le origini
L’ideatrice della dieta è la nutrizionista statunitense Dawn Jackson Blatner, autrice del volume “The Flexitarian Diet”, in cui è spiegato passo dopo passo il metodo. La filosofia che c’è dietro al suo regime alimentare si basa sull’idea che l’alimentazione debba essere prima di tutto orientata alla salute.
Quindi, non è il consumo di animali e derivati a essere condannato, ma il suo abuso. E questo non tanto per ragioni etiche, quanto salutistiche. In due settimane, la “flexitarian diet” promette di far perdere dai 3 ai 4 chili di peso corporeo. Tra le celebrity che si sono dichiarati "flexitariani entususiasti" ci sono Gwyneth Paltrow, Paul Mc Cartney e Meghan Markle.
