Le salse sono sempre state ritenute un ingrediente fondamentale della cucina, a maggior ragione quando osserviamo l’alta ristorazione. Hanno vissuto varie fasi, passando dalla tradizione più pura alla ricerca a volte anche estrema, con un lungo periodo in cui l’ispirazione più potente è stata dettata dalla vicina Francia. Tutti gli chef ne fanno uso con lo scopo di esaltare il sapore della materia prima principale di una portata o per creare contrasti di gusti o di consistenze o, ancora, per dare succulenza e una spinta in più a una ricetta. C’è chi rifugge la demi-glace o il jus e chi ne fa il suo cavallo di battaglia. Insomma, c’è chi continua ad attingere dalla Francia e chi invece si rifà solo alla tradizione italiana.
Ciò che accomuna gli chef che ogni giorno lavorano per creare nuove salse è la volontà di non sovrastare mai con queste gli ingredienti e di andare sempre alla ricerca di sapori che bene si sposano alla materia prima, che sia di carne, di pesce o di verdure. L’utilizzo di erbe aromatiche, di frutta, di vegetali varia a seconda di ciò che si vuole ottenere e, attraverso le interviste, scopriamo che le tecniche di ogni chef si accendono di grande personalità, tanto da essere capaci di caratterizzare ogni cucina.
1Stefano Ciotti
Partiamo allora dalle Marche dove incontriamo lo chef Stefano Ciotti del ristorante Nostrano a Pesaro. Qui il pesce la fa da padrone, ma non mancano piatti intriganti di carne. «Per ideare salse che accompagnino il pesce serve molta più sensibilità, perché si ha a che fare con ingredienti dal gusto delicato e sbagliare, velando i sapori, è fin troppo semplice». Ciotti ci descrive la sua salsa Bernese che serve con il pescato del giorno, come il branzino per esempio, cotto sulla brace.
«Creo una salsa Bernese fatta nella maniera classica, ovvero con tuorlo d’uovo emulsionato con una riduzione acetica, ma invece che montarla al burro la montano con olio di semi di vinacciolo, prezzemolo frullato con olio e poi cucinato lentamente. La salsa, particolarmente cremosa e dal sapore deciso di prezzemolo, viene messa accanto alla materia prima». Aggiunge al piatto un purè di prezzemolo e lo termina con zucchine cotte alla brace condite con maionese, aglio alla griglia e un gel di limone.
«Il pesce in Romagna si accompagna da sempre con aglio, prezzemolo e limone. Rifacendomi a questa tradizione ho voluto giocare con questi tre elementi per ottenere qualche cosa di più elegante. Con la tipologia di cucina che propongo, ovvero una cucina espressa, c’è bisogno di accompagnare l’ingrediente principale, che sia carne o pesce, con una salsa succulenta. Come nell’insalata di mazzancolle cotte al vapore per 30 secondi e accompagnate da una bisque ridotta con cui faccio una vinaigrette con olio extravergine di oliva locale e aceto balsamico tradizionale. A mio avviso il cuoco che ragiona in maniera contemporanea cerca di offrire il sapore della ricetta autentica, ma con una spinta in più che le salse riescono appunto a dare». Passando alla carne ci racconta il suo agnello alla Rossini. Con la carcasse fa un jus di agnello. Con la carne tolta dalle ossa prepara una polpetta che avvolge attorno alla costoletta che viene prima arrostita e poi cotta in casseruola con il suo jus. La salsa viene poi lucidata con del burro semi salato.
2Michelangelo Mammoliti
Michelangelo Mammoliti del ristorante La Rei Natura a Serralunga d’Alba è dalla Francia che trae ogni giorno ispirazione. «Sono di formazione francese avendo vissuto e lavorato in Francia per sette anni. Quando sono tornato in Italia ho deciso di utilizzare le tecniche apprese, ma ricodificando quello che sono le salse base italiane, gli intingoli e i pesti. Reputo le mie salse molto personali. Possono essere succhi, estratti, e ciò che più mi gratifica è l’universo di condimenti di cui mi servo, che possono essere a base di carne, di pesce o vegetale, come nel mio progetto Strofissià».
Il piatto è composto da trofie alla castagna, trofie di mais e trofie di grano saraceno che condisce con quattro tipi di pesto: thai, Sanremo, a base di limone e di liquirizia. Un’altra salsa che Mammoliti ama molto è quella veneziana. «Ho riprodotto il fegato alla veneziana all’interno di una salsa. Per fare questo utilizzo scarti di manzo, vari tipi di cipolla e fegato di vitello che faccio cuocere come se fosse uno jus. Molto simile come idea, ma non certo come sapore è la salsa al saltimbocca alla piemontese, in quanto utilizza il prosciutto di Cuneo, che riproduce appunto il sapore del saltimbocca. Ci condisce una animella arrostita e glassata con un vino di Champagne profumato alla salvia. Entrando nel mondo del mare ci racconta il suo salmerino a cui affianca la salsa Belleville. «Faccio un fumetto di salmerino a cui aggiungo l’acetosella di Belleville con un’infusione di salvia maxima». Le nespole, invece, con Mammoliti incontrano la triglia. «Con le nespole ottengo un’acqua di nespole e con le triglie il fumetto. Emulsiono il tutto con i fegatini della triglia e con ciò che ottengo condisco i pesci arrostiti sulla brace con olio di semi di nespolo e condimento di nespolo disidratato con tamarindo e mandorle amare».
3Simone Maddaleni
Nella visione culinaria dello chef Simone Maddaleni di Madeleine, Salon de gastronomie, bistrot d’ispirazione francese a Roma, in zona Prati, l’utilizzo delle salse preparate in casa rappresenta il perfetto livello di contaminazione che contraddistingue il suo ristorante.
«Faccio ampio uso della preparazione demi-glace, adoperando il classico fondo bruno per accompagnare non soltanto piatti di carne ma anche di pesce come per il tonno ad esempio, che ben di presta alla realizzazione di questa preparazione. Molti dei miei secondi sono accompagnati da salse che contribuiscono a ricreare una fusione equilibrata tra Italia e Francia, con l’utilizzo anche del burro per la preparazione della beurre blanc. Da una costata, da un controfiletto di manzo, da un petto d’anatra, da un galletto ripieno o da una quaglia, scaturiscono salse che combinano la tradizione italiana alla tecnica francese, in un mix che reputo unico». Le salse di Maddaleni non riguardano unicamente la carne, ma anche il vegetale ed entrano così in gioco rape rosse, tuberi e radici, per regalare a determinati piatti un gusto più rustico e un profumo di sottobosco tipico di questi prodotti. Carni bianche e pesci come rombo e sogliola vengono invece accompagnati dalla tradizionale beurre blanc, salsa calda di burro emulsionato insieme a una riduzione di aceto e di vino bianco e scalogno.
«Tra le salse bianche che più prediligo c’è la mornay, una variante francese molto simile alla besciamella italiana, ma più ricca e sostanziosa, realizzata con i tuorli d’uovo e l’aggiunta di formaggi francesi». Anche a Madeleine le salse variano di stagione in stagione e per ogni tipo di piatto. Da ricordare sono anche quelle fatte con il sifone, come la spuma di alici che Maddaleni utilizza per accompagnare il donut di mozzarella in carrozza, oppure il ketchup che sposa l’hamburger, fatto con rapa rossa o pomodoro affumicato. Anche la maionese è particolare e qui al Madeline diventa agrodolce per accompagnare la bomba salata farcita con alici panate e zucchine alla scapece.
4Giuseppe Stanzione
«Noi utilizziamo le salse per creare contrasti piacevoli. Ad esempio, con un prodotto grasso e dolce serviamo una salsa con un livello spiccato di acidità, capace, appunto, di contrastare la dolcezza. Se il piatto ha un sapore più neutro, invece, cerchiamo con la salsa di dargli una spinta in più».
A parlare è Giuseppe Stanzione del ristorante Glicine dell’Hotel Santa Caterina di Amalfi. «Per noi l’importante è non sovraccaricare mai una ricetta ed è per questo che non mettiamo mai troppi ingredienti all’interno di un piatto. Ciò che ricerchiamo anche nelle salse è il gioco di consistenze, che ci permette di creare pietanze che non stancano il palato e rendono l’esperienza più divertente. Non abbiamo delle salse evergreen, eccetto quelle classiche come il fondo bruno, la salsa di pomodoro, la maionese. Ogni piatto diventa lo spunto per una nuova salsa e questo è divertente e stimolante».
Stanzione ci parla di alcune ricette cult di Glicine, come l’insalatina tiepida di mare. Per essa utilizzano tutto il pescato, dai filetti di pesce ai crostacei, fino ai molluschi. Il pesce viene messo sulla griglia giapponese Robata, con l’utilizzo di carboni aromatici che conferiscono un lieve sentore affumicato. Una volta scottato lo accompagnano con una salsa profumata al limone, fatta con acqua di cottura dei frutti di mare in riduzione e succo di limone naturalmente di Amalfi, emulsionata con erbe mediterranee fresche e olio extravergine di oliva. Viene poi aggiunta una salsa fatta con estratto di corallo di gambero che si ottiene sbollentando e poi centrifugando le teste dei gamberi. Il liquido viene quindi emulsionato con olio extravergine Itran’s di Madonna dell’Olivo delle colline salernitane. Un altro piatto che Stanzione tiene a descriverci è il risotto mantecato con robiola di capra e salsa di asparagi. Gli asparagi vengono sbollentati in acqua salata e subito raffreddati in acqua e ghiaccio così da stabilizzare il colore. Si procede poi in modo da ottenere un estratto, ovvero il liquido viene ridotto ed emulsionato con olio extravergine di oliva. Il piatto viene completato con una insalatina di fiori del loro orto, firma indelebile della sua cucina, come calendula, viola del pensiero, garofano dei poeti e begonia.
5Leonardo Nocenzi
Dalla Toscana a raccontarci delle sue salse è Leonardo Nocenzi, chef del ristorante Diadema del Relais Villa Olmi all’Impruneta, sulle colline attorno a Firenze.
«A mio avviso l’idea generale che molti hanno delle salse è fuori tendenza. Non amo molto la demi-glace perché credo che dia qualche cosa di troppo ai piatti, coprendo i sapori. Mi piace molto invece lavorare con le riduzioni, come brodi o salse fredde. Il mondo delle salse negli ultimi tempi sta cambiando e stiamo cominciando a interessarci molto di più alla nostra tradizione culinaria, ricca di intingoli, che ci permette di dar vita a innumerevoli ricette che nulla hanno da invidiare ai vicini francesi». Vediamo allora cosa Nocenzi ottiene, per esempio, con le mazzancolle. «Con le teste creo un burro. Tosto le teste e le faccio andare in pentola. Aggiungo poi burro e carapaci di mazzancolle. La polpa viene quindi messa in infusione nel burro a 60/80 gradi. La consistenza che si ottiene è quella di una mazzancolla cruda, ma il sapore sa di cotto. È un piatto particolarmente di effetto che spiazza e diverte».
Accompagna le mazzancolle con i fagioli zolfini che bolle nella classica maniera. Fa ridurre poi l’acqua di governo, mentre i fagioli li passa sulla brace violentemente per farli tostare e condirli poi con il fondo dei fagioli. Termina il piatto con una salsa fredda a base di prezzemolo, cipolla, aglio, zenzero e aceto. Il piatto si chiama Mazzancolle, fagioli alla brace, erbe di Simone (Simone Moschini dell’azienda Cavolo a Merenda) e peperoncino.
Da toscano doc non poteva non raccontarci anche del suo piccione e della salsa con cui lo accompagna. «Con le carcasse creo il jus. Preparo quindi delle lenticchie al sugo che tiro con il brodo di piccione per ottenere così una salsa di accompagnamento. La carne viene cotta sulla brace, prima di essere sottoposta a una frollatura di circa 10 giorni». ≈