Osservatorio Ristorazione 2022: dopo un 2021 di record negativi, ripartenza ma non per tutti

Osservatorio Ristorazione 2022
La ristorazione è vissuta sempre più come un’esperienza e non come un bene di prima necessità

Anche quest'anno la ristorazione italiana è stata fotografata dal Rapporto 2022 dell’Osservatorio Ristorazione illustrato durante i lavori del Forum della Ristorazione, recentemente svolto a Padova.
Il Rapporto è stato realizzato a partire dai dati provenienti da diverse fonti, tra le quali gli istituti di ricerca Istat e Censis, le associazioni di categoria Fipe e Federalberghi, Wearesocial, le banche dati di Infocamere e la web app Plateform.

Il 2021 e il 2022

Il 2021 è stato un anno di record negativi per la ristorazione italiana, con il numero più basso di attività iscritte alle Camere di Commercio, il saldo tra iscrizioni e cessazioni più cospicuo degli ultimi dieci anni, gli 8 locali su 100 chiusi nella Capitale, l’assenza di personale nel settore complicata dal -47% di iscritti alle scuole alberghiere negli ultimi 6 anni. Nello stesso anno il mercato dell’online food delivery è aumentato del 15,3%, le prenotazioni online sono raddoppiate e nel 40% dei casi i clienti scoprono il locale via web, a testimonianza del cambiamento epocale che la tecnologia sta rappresentando per il settore.
Il 2022, seppure caratterizzato dal rincaro della materia energetica con il conseguente aumento dei prezzi in menu per il 36,9% dei ristoratori, fornisce segnali incoraggianti di ripartenza per un mercato in fase di assestamento e riorganizzazione.

Una fotografia in numeri

In Italia oggi esiste un’attività ristorativa ogni 166,6 abitanti. Le realtà attive dotate di cucina nel 2021 sono 196.031, 140.213 quelle senza cucina, come bar e caffetterie, mentre si contano 4.366 attività tra mense e catering. Delle aziende attive, 99.402 sono imprese al femminile, ovvero con partecipazione di donne superiore al 50% e 44.119 quelle gestite o partecipate da stranieri. I dati della spesa alimentare fuori casa del 2021 sono incoraggianti, 63 miliardi di euro, ma comunque lontani dal picco di 86 miliardi registrato nel 2019.

Due record amari

In questo scenario, secondo le elaborazioni dell’Osservatorio su dati Movimprese di Infocamere, il 2021 è stato protagonista di due record amari:
la diminuzione delle iscrizioni di nuove attività in ristorazione. Queste sono state 8942, il numero più basso della storia recente italiana, così come il saldo tra iscrizioni e cessazioni di -14.188.
Nel 2021 si è così invertito un trend di crescita che perdurava da oltre 10 anni, con 396.993 unità rispetto alle 397.700 del 2020, ovvero -707 imprese.
Sempre nel 2021 si registra anche la pressoché mancata crescita delle aziende attive nel settore, arrivate a 340.610, solo +46 (+0,01%) rispetto al 2020.

Andamenti diseguali

La diminuzione delle attività non ha investito le grandi città italiane con lo stesso impatto: Roma è la grande sconfitta del 2021, con 8 attività su 100 che hanno chiuso battenti, passando da 34.200 a 31.359 (-2.841); decrescono anche a Milano e Torino, seppure marginalmente, con rispettivamente -0,6% e -0,4%, mentre il numero cresce a Napoli (19.765 nuove attività registrate, +2,5%) e a Palermo (5.840, +3,3%); rimane pressoché stabile Firenze, dove la quantità di nuove registrazioni si attesta attorno alle 6.800 unità da 3 anni.

«Se da un lato questi numeri sono normali assestamenti di un mercato fin troppo affollato – spiega Lorenzo Ferrari, presidente dell’Osservatorio Ristorazione - dall’altro sottolineano la differenza marcata di competenze e liquidità presente tra gli imprenditori del settore. Nel biennio caratterizzato dalla pandemia sono sopravvissute o hanno addirittura prosperato quelle realtà che hanno saputo riorganizzarsi tempestivamente, rimboccandosi le maniche tra nuovi modelli di business, produzione di sala e cucina ottimizzata e processi di fidelizzazione dei clienti. Sono invece spariti molti dei locali che vivevano di solo passaggio, soprattutto turistico, senza badare particolarmente alla qualità del servizio e di modelli anacronistici privi di qualsivoglia forma di digitalizzazione».

Conclusioni

Le conclusioni del Rapporto prendono le mosse dalla consapevolezza che lo stato di salute della ristorazione rispecchierà il potere di acquisto in Italia, dove è previsto un aumento progressivo delle disuguaglianze sociali ed economiche. Ciò comporta che una piccola ma crescente porzione di utenti avrà accesso alla fascia di lusso, un’ampia porzione ma in decrescita continuerà ad accedere alla fascia media, mentre un grande e sempre più crescente numero di persone alla fascia accessibile.
A partire dal 2022 e per il prossimo lustro, si conferma quindi il trend di aumento dei locali “accessible convenience”, ovvero accessibili a tutti e scelti prevalentemente per necessità, e degli “accessible cool”, accessibili ai più e dotati di una percezione positiva.

«La ristorazione – conclude Ferrari - è vissuta sempre più come un’esperienza e non come un bene di prima necessità. Chi saprà interpretare al meglio questo concetto, sarà protagonista della ripartenza del settore nel 2022 e negli anni a venire dopo un 2021 che ha evidentemente rappresentato l’anno zero della categoria. La ristorazione, oggi, non è per tutti. E’ un mestiere complesso, appannaggio di chi è strutturato e organizzato, di chi è in grado di acquisire e formare personale qualificato, di chi fidelizza i clienti, di chi sa strutturare e organizzare il locale come un’azienda, di chi è in grado di gestire accuratamente l’aspetto finanziario. E anche di chi si è dotato, dove necessario, di sistemi internalizzati di prenotazioni e delivery e di chi ha ridisegnato i ruoli del personale di sala e cucina per rendere i locali più performanti».

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