Molluschi: sei chef raccontano il loro modo di interpretarli

La sperimentazione su calamari, capesante, polpi o vongole è continua. Si cercano nuove consistenze, si sperimentano ricette innovative e si va alla scoperta di texture particolari. Ecco come si muovono sei chef italiani

I molluschi comprendono oltre 85mila specie note. Quindi, quelle che più di frequente finiscono sulle nostre tavole sono solo una piccola parte: calamari, totani, seppie e polpi, ostriche e capesante, vongole, cozze e lupini, cannolicchi, fasolari, telline, canestrelli, cuori e tartufi di mare, murici e lumachine di mare…

Li mangiamo, si può dire, da sempre: i nostri antenati cacciatori e raccoglitori hanno imparato a conoscerli e gustarli fin dai tempi più remoti. Fanno parte del patrimonio gastronomico mediterraneo, spesso accomunati ai crostacei sotto il grande cappello dei “frutti di mare”.  E continuano a ispirare i cuochi, che ne esplorano le potenzialità in costante equilibrio tra innovazione e tradizione.  

1Pietro D’Agostino:«Parto dai ricordi d’infanzia»

Pietro D’Agostino, del ristorante La Capinera di Taormina, da buon siciliano usa molluschi e crostacei nella sua cucina, soprattutto calamari, capesante, polpi e mitili. «Parto dai ricordi d’infanzia - racconta -, dalle ricette delle nonne e della mamma, per poi rielaborarle in chiave contemporanea, studiando nuovi abbinamenti».

Così, la memoria della seppia ripiena della nonna (farcita con un battuto di maiale, finocchietto e spezie, cotta nel sugo di pomodoro) nella carta della primavera 2022 sfocia per esempio nei calamaretti ripieni con pane, mortadella e pomodoro, accompagnati da melanzane, pomodorino semisecco e nero di seppia.

Un piatto «nato per gioco» e che rappresenta un’opzione gluten-free. All’inizio dell’estate, racconta lo chef, i calamari sono sostituiti dalle seppie, così come altre verdure integrano il piatto lungo il filo dei mesi: nei suoi piatti, la stagionalità del pescato corrisponde a quella dell’orto. 

2Pino Cuttaia: «Tradizione, memoria e stagionalità»

Anche per Pino Cuttaia, del ristorante La Madia di Licata (Ag) e del bistrot Uovodiseppia a Milano, tradizione, memoria e stagionalità sono i punti di partenza per una reinterpretazione personale e innovativa dei sapori di Sicilia.

I diversi molluschi trovano posto in menu soprattutto in estate e nel momento in cui ciascuno è al massimo della propria espressione. Un piatto firma de La Madia sono i ravioli di calamaro ripieni di tinniruma di cucuzza (foglie di zucchina, che si trovano nello stesso periodo dei calamari), con salsa di acciughe; il mollusco viene «destrutturato e ricomposto», spiega Cuttaia, per dargli la consistenza di un velo trasparente: la sacca del calamaro viene frullata per ottenere una crema da cui viene ricavata una sfoglia sottilissima, poi cotta in acqua.

Il raviolo viene assemblato al momento del servizio «evidenziando la trasparenza dell’involucro»: sulla sfoglia di calamaro viene messo un cucchiaio di ripieno, si chiude con un’altra sfoglia, si condisce con salsa alle acciughe e si decora con una scampo scottato. I menu di Uovodiseppia sono invece l’espressione di una cucina «rassicurante, domestica, della tradizione e delle radici, ma pensata da un cuoco contemporaneo», afferma Cuttaia. Così, in carta troviamo piatti lo spaghetto al nero di seppia, ma anche il macco di fave con gnocchetti di seppia.  

3Maicol Izzo: «Mi affascinano per la loro consistenza e sapore»

Maicol Izzo, chef di Piazzetta Milù, a Castellammare di Stabia (Na), è nato e vive vicino al mare: «Respiro costantemente la sua aria, tutti i giorni sono a stretto contatto con i prodotti che mi offre. Quelli che più mi affascinano per la loro consistenza e sapore sono i molluschi - dice -. Il loro uso nella mia cucina è molto frequente, hanno un sapore spiccato di mare, sono versatili e si prestano a ogni genere di preparazione».

Il suo polpo e patate è la rivisitazione in chiave moderna di una ricetta classica della zona. Izzo seleziona i polpi per provenienza (solo quelli veraci locali) e peso (dai 2,5 ai 3 kg).

«Il peso è fondamentale per la buona riuscita del piatto e per far sì che la cottura sia uniforme», afferma. Il polpo viene cotto in modo tradizionale in acqua e sale per un tempo prestabilito, poi viene tagliato e inserito in una marinatura fatta con cavolo fermentato piccante. Viene accompagnato da una maionese di prezzemolo preparata sostituendo l’olio di semi con dell’olio di prezzemolo e da una patata ratta, dal particolare sapore di nocciola e dalla consistenza burrosa, cotta in oliocottura e al cui interno viene inserita una salsa fatta con il brodo rimanente del polpo e infine polvere di prezzemolo.

«Questo è un po’ l’esempio di come un piatto così tradizionale possa essere cucinato in maniera innovativa, esaltandone gusto e consistenza», afferma Izzo. Altri molluschi da lui molto amati sono le ostriche, che abbina spesso ad acque ricavate dalla frutta: «Penso che con alcuni tipi di frutta si sposino benissimo. Per esempio, i kiwi che sono dolci e acidi e con l’ostrica, che è l’essenza del mare, si abbinano alla perfezione».

Un’altra tipica pietanza partenopea è il sauté di vongole, piatto semplice ma molto saporito: «La mia sfida - spiega Izzo - è stata trasformarlo con tecniche e cotture innovative in una portata gastronomica dal nome dashi di vongole, dal gusto intenso». Le vongole vengono immerse in un soffritto classico da sauté ma sfumate con il dashi invece che con il tradizionale vino bianco. «Lo serviamo nella conchiglia e provandolo il commensale ha la sensazione di aver incontrato due mondi, con l’umami del dashi unito al sapore intenso delle vongole. Il risultato è un’esplosione di sapori», conclude Izzo. 

4Fabio Trabocchi: «Fanno parte della mia cultura gastronomica»

Fabio Trabocchi è lo chef del Fiola at Dopolavoro Venezia e di alcuni ristoranti negli Stati Uniti. Nel locale veneziano, lo chef reinterpreta un classico della cucina veneta, polenta e seppie, in vari modi, tra cui quello in cui la seppia è servita con il suo nero al tartufo, polenta bianca morbida, zucchine grigliate al levistico. In menu ci sono anche i ravioli di astice, zenzero ed erba cipollina, un signature dish del Fiola di Washington, negli Stati Uniti.

Altro classico sono le pevarasse (vongole) con spaghetti Mancini peperoncino fresco e coulis di prezzemolo. «Sono cresciuto in riva all’Adriatico, nelle Marche. Scampi, aragoste, branzini, scorfani, triglie, vongole, cozze e seppie fanno parte della mia cultura gastronomica. I primi piatti ai frutti di mare arricchiscono i menu di tutte le nostre sedi, da Washington D.C. a Miami, a Venezia. Uno tra i miei primi preferiti è mafalde con polpo spagnolo brasato, ragù di melanzane, aglio nero e pinoli tostati di Fiola Mare».

Per quanto riguarda gli approvvigionamenti, «è importante per me e per i miei chef prestare costante attenzione alla freschezza e alla sostenibilità nell’acquisto dei prodotti ittici per tutti i nostri ristoranti. Nel caso di Fiola at Dopolavoro Venezia ci riforniamo anche dal mercato di Rialto e siamo in contatto diretto con i pescatori del porto di Chioggia», rivela Trabocchi.

«Possiamo ritenerci fortunati dal momento che le nostre sedi a Washington, DC, Miami e Venezia hanno tutte accesso a frutti di mare locali incredibilmente freschi. La cosa meravigliosa del lavorare con i frutti di mare è che, procurandoti il prodotto più fresco e locale, tutto quello che devi fare è prepararlo con un numero limitato di ingredienti basilari e di altrettanta ottima qualità, per ottenere i piatti più sofisticati, basandosi sulla semplicità delle materie prime», conclude Trabocchi.

5Davide Marzullo: alla ricerca di nuove consistenze

Davide Marzullo, chef della Trattoria contemporanea di Lomazzo (Co), ha in carta la seppia, n’duja e beurre blanc. «Mi piace la tipologia di pesce - afferma -. Ha un sapore delicato che si può abbinare facilmente a ingredienti più decisi, come la n’duja». Inoltre, lavorata in modo adeguato, in bocca riesce ad avere una consistenza che non risulta fastidiosa o gommosa e non intacca il godimento dei sapori. Per ottenere questo risultato, in questo piatto Marzullo marina la seppia cruda in una crema di olio, sale, pepe e miele: il gusto della seppia rimane neutro ma alla masticazione conserva una sua struttura. «I clienti non si rendono conto che la seppia è cruda», rivela lo chef. 

6Marco Visciola e il suo pesciugatore

Marco Visciola, chef del Il Marin di Genova, si definisce «cuoco che racconta la Liguria in maniera contemporanea», con un occhio attento alla biodiversità e alla sostenibilità, attraverso per esempio l’utilizzo di tutte le parti degli ingredienti. 

Nel menu di cucina creativa del ristorante gourmet questo approccio si esplicita per esempio nei tubetti Luppola Flora e totanetti, in cui la pasta è saltata in padella con listarelle di totanetti e birra, scorza di limone e colatura di alici, quindi mantecata con burro e servita nel piatto con un’emulsione di quinto quarto di totanetti e polvere di erbe aromatiche. 

Un progetto nato durante la pandemia è invece quello dei salumi di mare. Visciola ha installato nel ristorante il “pesciugatore®”, una sorta di grotta tecnologica che monitora lo stato chimico e fisico dei pesci (tonni alletterati e ombrine, tra gli altri) che vi vengono messi a frollare. Qui maturano anche i salumi preparati con i molluschi. Come il lardo di seppia: la seppia cruda viene stagionata per 15 giorni con una concia di sale ed erbe aromatiche; il risultato ha una scioglievolezza in bocca simile a quella del lardo e viene usato, per esempio, nell’insalata di seppia e finocchi, conditi con un’emulsione al nero di seppia. 

Per inciso, le zampette di seppia tenute da parte dalla lavorazione del lardo vengono usate per il ripieno dei bottoni di pasta della Minestra degli abissi, serviti con lische dei pesci, alghe, cozze, vongole e brodo di pesce. 

Altri salumi a base di molluschi sono la mortadella di tonno (70%) e totani (30%), conciata con spezie, insaccata, affinata per una settimana e quindi cotta a vapore; e la salsiccia di capasanta leggermente piccante, in cui la capasanta viene tritata, salata,  unita a una salsa piccante coreana, insaccata e fatta riposare per una settimana. 

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome