Rivalutiamo il burro

A lungo demonizzato, anche ingiustamente, il burro sta oggi vivendo una seconda giovinezza. Con un utilizzo equilibrato e ragionato degli chef. Merito anche di nuove linee guida che ammettono un consumo fino a 10 grammi al giorno

Il burro non è mai troppo. Parola di Julia Child, cuoca e autrice di libri. Una massima che forse ha senso in pasticceria e in Paesi come la Francia, ma che in Italia tende a scricchiolare.

Nella patria dell’olio extravergine, il burro è stato a lungo quasi bandito dalla cucina. Troppo grasso, troppo colesterolo. Ma come in tutto, la virtù sta nel mezzo: scelto, usato e consumato con intelligenza, è un ingrediente che sa dare una marcia in più alle ricette. Al punto che c’è chi lo considera, di per sé, un piatto.

Gli spaghetti al burro (e livito)

Spaghetti al burro, un classico della cucina nazionale. Che Riccardo Camanini del Lido 84 migliora con l’aggiunta di lievito fresco disidratato e ridotto in polvere: un’aggiunta di profumi che lo chef definisce «incredibili»

Accade soprattutto (ma non solo) agli chef che arrivano da zone in cui il burro si è sempre consumato.

«Sono nato vicino al lago di Iseo. In famiglia l’approccio naturale era all’uso del burro, piuttosto che all’extravergine», racconta Riccardo Camanini, 49 anni, chef dello stellato Lido 84 a Gardone Riviera (Bs). Oggi lavora sul lago di Garda, votato alla coltivazioni di ulivi, ma spiega che quando era bambino per lui non era scontato trovare l’olio in cucina.

Oggi pero, anche l’ex bambino cresciuto a pane e burro, preferisce gli ingredienti di origine vegetale, ma non disdegna in cucina un buon burro di centrifuga leggero e delicato, con sentori di fiori ed erba. Protagonista di un piatto cult del Lido 84: lo «Spaghettone, Burro, Lievito di Birra». In carta dal 2014, anno di apertura del locale, è stato addirittura esposto al Moma Museum of Modern Art di San Francisco.

«Io e mio fratello siamo partiti dall’idea di un piatto che potesse piacere tanto agli italiani quanto agli stranieri, visti i tanti turisti sul Garda», racconta Camanini. «Abbiamo così pensato a uno spaghetto con burro e Grana, piatto della memoria che si mangia fin da bambini. La pasta è mantecata per un minuto in padella con il burro che non deve scaldarsi troppo per mantenere una freschezza pannosa e acida».

A chiudere il tutto, il lievito di birra, che, una volta disidratato a 80 °C e reso sabbioso, sprigiona note di nocciola, panna e fermentati. Il consiglio dello chef è di utilizzare il burro principalmente a crudo: «Quando capita di usarlo in cottura mi rifaccio agli insegnamenti di Marchesi e Ducasse, che erano soliti nappare carne e pesce per dare carattere al piatto. L’importante è non superare mai i 130 °C».

Nella cucina lombarda

I Tortelli di zucca, Lodigiano, burro cotto e acciughe di Cesare Battisti del Ratanà di Milano. Qui il burro fatto ammorbidire viene unito alle acciughe e montato, ottenendo una salsa morbida e saporita

Il punto di fumo del burro, più basso di quello dell’olio, è un paletto che ogni chef deve tenere a mente. Per la cottura usiamo il burro chiarificato che ha un punto di fumo più alto e quindi è adatto allo scopo», dice Cesare Battisti, patron del Ratanà di Milano.

In un ristorante che esplora la cucina lombarda come il suo il burro non può mancare, tra risotti e cotolette. «Per la cotoletta, per esempio, il burro viene scaldato in padella a 165°C e ogni lato della carne impanata viene rosolato per quattro minuti. Il burro chiarificato (quello del Ratanà è stato definito «oro» da Stanley Tucci nello show «Searching for Italy») è usato anche per i Tortelli di zucca, Lodigiano, burro cotto e acciughe, dove viene unito alle acciughe e montato, ottenendo un risultato marroncino e spumoso. E alla fine il piatto è spolverato con il Lodigiano.

«Il burro è un alimento che cambia a seconda di quello che mangiano gli animali - conclude -. E saperlo usare di conseguenza fa parte della maestria e del divertimento del cuoco».

Servito semplicemente con il pane

Al Sanbrite di Cortina d’Ampezzo (Bl) il burro viene proposto semplicemente con il pane. Il burro vive però una piccola trasformazione che lo “alleggerisce”. Viene infatti leggermente salato e poi montato così da renderlo cremoso e facilmente spalmabile

Al Sanbrite di Cortina d’Ampezzo (Bl), una Stella Michelin, con il burro hanno un «rapporto viscerale», spiega lo chef Riccardo Gaspari. Non solo perché la loro azienda agricola lo produce, insieme ad altri latticini, per la vendita, ma perché il burro «è considerato un piatto, come gli spaghetti», racconta lo chef.

«Il nostro piatto più fotografato è il burro montato e salato servito con il pane. Abbiamo anche una proposta di abbinamento con uno Champagne metodo classico, i cui lieviti ricordano il pane. È una cosa che i clienti non si aspettano».

Il burro arriva dalla montagna e cambia durante l’anno: d’estate è più giallo e grasso, sa di pascolo e di malga, mentre d’inverno profuma di fieno. «Per prepararlo lo lasciamo 30 minuti fuori dal frigorifero tagliato a cubetti, poi lo montiamo in planetaria per 10-15 minuti con l’aggiunta dell’1% di sale sul peso totale», confida lo chef, originario di Cortona. Ultimo segreto: montare una quantità abbastanza grossa di burro, almeno mezzo chilo per volta.

15 chili a settimana

La Pescatrice, crema di tarassaco, beurre blanc e cipollotto al Bbq di Francesco Vitale del Remulass di Milano. Il pesce viene rosolato in olio e poi nappato con burro e timo e, nel piatto, accompagnato da crema di tarassaco, cipollotto arrostito e beurre blanc, salsa a base di vino bianco, aceto, scalogno, timo e panna

Francesco Vitale, pugliese di origine, è invece cresciuto con l’olio. L’uso del burro l’ha dovuto imparare a Londra e a Milano, dove oggi guida la cucina del Remulass. «Ne consumiamo circa 15 chili a settimana», racconta.

«Abbiamo scelto un burro di malga che utilizziamo per tutto: costa, ma ha un sapore e un profumo incredibili» spiega lo chef. Lo si usa per mantecare il risotto ma anche, nel menu invernale, per la Pescatrice, crema di tarassaco, beurre blanc, cipollotto al Bbq. Il pesce sfilettato e spellato viene rosolato con olio e poi nappato con burro e timo.

«Si tratta di una cottura dolce, una sorta di confit», dice Vitale. Ad accompagnare la pescatrice nel piatto ci sono crema di tarassaco, cipollotto di Tropea arrostito al barbecue e beurre blanc. Vale a dire una salsa a base di riduzione di vino bianco, aceto, scalogno timo e panna, che si monta come un cappuccino ottenendo un effetto spuma nel piatto.

«È una preparazione di origine francese ripresa da Marchesi per mantecare i risotti - spiega lo chef - che permette di evitare il soffritto di cipolla e la sfumatura con il vino».

Con le linguine (al garum di agone)

Davide Caranchini non dimentica le sue radici, anche oggi che sceglie di ridurre la quantità di materia grassa. Da Materia a Cernobbio, sul lago di Como, il burro salato e montato viene servito insieme al pane caldo, come companatico.

Ed è protagonista di una delle proposte storiche del ristorante (una Stella Michelin): le Linguine, burro, garum di agone e amchoor, nate dalla volontà di creare una versione nordica degli spaghetti con colatura di alici. Al posto del pesce azzurro di mare viene usato l’agone, un pesce di lago che viene pescato tra giugno e settembre.

«Ogni anno ne lavoriamo 40-50 chili: lo facciamo fermentare a temperatura controllata per cinque o sei mesi con sale e koji di orzo, lo filtriamo e lo pastorizziamo per ottenere il garum di agone. Poi lo usiamo per mantecare la pasta insieme al burro, leggermente scaldato», racconta Caranchini.

Una volta nel piatto, le linguine vengono spolverate con l’amchoor, una spezia a base di buccia acerba del mango, che serve a spezzare con l’acidità la rotondità del piatto data, in primis, da Sua Maestà il burro.

 

Un prodottoalla riscossa

La riscossa del burro non sembra fermarsi. Nel 2021, secondo i dati Clal (specializzato nell'analisi del mercato lattiero caseario), ogni italiano ha consumato 2,5 chili di burro all'anno, contro i 2,3 chili del 2020. Anche la produzione è cresciuta (98.470 tonnellate nel 2021 contro la 94.010 dell'anno precedente, fonte Clal) e i primi nove mesi del 2022 registrano un +2,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021.

Certo, siamo ben lontani dalla produzione di Francia e Germania, che superano le 400mila tonnellate annue. Ma i dati, per un Paese che punta principalmente sull'olio di oliva (al Sud per tradizione, al Nord a causa della «cattiva fama» del burro in termini di salute), sono interessanti.

E non dovrebbero destare preoccupazioni nei nutrizionisti: secondo le ultime linee guida dell'alimentazione firmate dal Crea, ogni giorno sono ammesse due porzioni di burro da 10 grammi. Facendo due calcoli, gli italiani ne consumano poco meno di 7 grammi al dì.

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