L’acqua è più buona quand’è spiegata bene

A fronte della crescita dei consumi, le minerali nei ristoranti vanno trattate come si deve. E il sommelier deve spiegare al cliente i possibili abbinamenti. Ecco alcune linee guida

Il consumo di acqua minerale, negli ultimi anni, ha registrato una crescita significativa, sia a livello globale sia in Italia.

Secondo le stime, il mercato europeo dell’acqua in bottiglia raggiungerà nel 2025 un valore di 69,18 miliardi di euro, con una previsione di crescita fino a 83,38 miliardi di euro entro il 2030 e un tasso di crescita annuale composto (Cagr) del 3,73% nel periodo 2025-2030.

In Italia il consumo pro capite di acqua minerale è tra i più alti al mondo. Nel 2022 la produzione nazionale ha superato i 16 miliardi di litri, consolidando il primato europeo del nostro Paese nel consumo annuo di acqua in bottiglia.

Nuove figure professionali

Questa crescente attenzione verso l’acqua minerale ha portato alla nascita di figure professionali specializzate come l’idrosommelier. Tra queste spicca Stefania Santini Simoncelli, pioniera nel settore e promotrice di una cultura del bere consapevole che racconta: «Sono astemia e mi sono sempre chiesta perché nei ristoranti, o anche a cerimonie come matrimoni, si prestasse tanta attenzione alla selezione dei vini e nessuna cura al servizio dell’acqua.

Nel 2017, partecipando da spettatrice a un evento per sommelier dove veniva servita acqua calda in bottiglie di plastica, decisi di approfondire il mondo dell’acqua minerale e mi iscrissi  all’Associazione Degustatori Acque Minerali (Adam) di Rimini, dove ho frequentato e superato tutti e tre i livelli.

Quattro gusti

Simoncelli ci spiega la differenza tra le varie acque che possono essere distinte in base ai quattro gusti fondamentali: dolce, acido, sapido e amaro. «Un’acqua dolce ha un pH superiore a 7 e un elevato contenuto di calcio, mentre se il pH è inferiore a 7 l’acqua è più acida, soprattutto se contiene anidride carbonica. Il sapore sapido è determinato invece dalla presenza di bicarbonato e solfati, mentre un’acqua amara è ricca di magnesio. La combinazione di questi minerali costituisce il residuo fisso, elemento che conferisce ad ognuna il suo caratteristico gusto».

Idrosommelier

Gli idrosommelier, come ci spiega, utilizzano tre tecniche per abbinare l’acqua ai piatti. La prima si basa sul principio della analogia, o concordanza: l’acqua viene abbinata alla portata o al cibo in base alla somiglianza di caratteristiche, andando così a rafforzare i sapori, senza creare contrasti eccessivi. Seguendo questo criterio, con piatti strutturati e ricchi di sapore, come arrosti, lasagne o zampone, si scelgono acque minerali ad alto residuo fisso, che esaltano la complessità. Insalate e verdure, invece, richiedono acque povere di minerali e poco strutturate, per non sovrastarne la delicatezza.

C’è poi il principio della contrapposizione che ha come obbiettivo quello di bilanciare i sapori andando a contrastare le caratteristiche dominanti del cibo con quelle dell’acqua. Un risotto alla zucca sarà così accompagnato da un’acqua con una spiccata acidità e sapidità, per bilanciarne la dolcezza. Un risotto al radicchio, invece, si abbinerà meglio a un’acqua dolce, per smorzare il tipico sapore amaro di questo ortaggio.

Acqua e cibo

Infine c’è il principio razionale o tecnico che si basa su valutazioni chimiche e scientifiche al fine di ottimizzare la percezione gustativa. Si rifà spesso al principio dell’analogia, ma con un’attenzione particolare alla reazione tra acqua e cibo a livello sensoriale e digestivo. Ad esempio un piatto molto grasso sarà meglio bilanciato da un prodotto ricco di minerali ed effervescente, capace di regalare freschezza e di ripulire il palato.

E nell’abbinamento con vino e distillati come ci si comporta? «In questo caso si preferiscono acque leggere e neutre, con basso residuo fisso e pH equilibrato, per non alterare la percezione della bevanda», dice Simoncelli.

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