Pepenero (Prato): una questione di famiglia

Negli ultimi due anni il Pepe Nero di Prato ha cambiato veste e oggi si propone come uno dei più interessanti indirizzi gastronomici cittadini. Con il patriarca Marino Giannoni, in sala, il figlio Mirko in cucina e sua moglie Sara che cura la cantina

Che Prato si stia affermando come una tra le mete più intriganti della ristorazione toscana è ormai assodato: tra bar e ristoranti la città appare sempre più orientata a una nuova rinascita.

Tra le perle di questa resurrezione incontriamo Pepe Nero, ristorante storico della città, attivo dal 2002, che di recente si è rinnovato offrendo belle novità, come l’assunzione, nel 2019, di un executive chef, Alberto Sparacino, chiamato per lavorare in sinergia con Mirko Giannoni titolare, insieme al padre Marino, del locale. 

Evoluzioni

Gli ultimi due anni, non sicuramente facili a causa della pandemia, sono stati per Pepe Nero un momento prima di riflessione e poi di innovazione, dettati dalla volontà di crescere e di essere tra i firmatari di una ristorazione di livello, mai banale, mai scontata, con i piedi ben piantati in terra e memore delle proprie origini.

Tre le carte vincenti di questo ristorante c’è il poter far leva su di una squadra più che affiatata. In sala c’è Marino Giannoni, che in fatto di servizio può vantare oltre mezzo secolo di esperienza. Classe 1931, ha iniziato nel ‘48 a prestare servizio nei grandi alberghi di Montecatini per poi stabilirsi a Prato dove per 46 anni ha accompagnato l’illustre storia del ristorante Baghino, frequentato da clienti d’eccezione come Gassman, Zeffirelli, Sordi e molti altri.

Marino, nonostante non sia più un ragazzino, lavora ogni giorno, instancabilmente, al ristorante ed è ancora lui, ad esempio, ad occuparsi della preparazione al tavolo della tartare, piatto icona di Pepe Nero, fatta con uovo, salsa worchester e brandy. 

Una cucina a quattro mani

La Perla nera di fegatino di pollo, fiore di sfoglia e lardo di rombo

In cucina il lavoro a quattro mani condotto dai due chef, che hanno percorsi tanto differenti quanto complementari, plasma piatti in cui si tramanda la tradizione in maniera fresca e creativa, con un occhio anche oltre i confini, trasportando i commensali, grazie ai profumi ed ai sapori, in terre anche molto lontane.

Il dividersi i compiti e il saper trasmettere ognuno nella cucina le proprie esperienze e conoscenze forgia menu solari, che sanno di vita e di vissuto. A selezionare i fornitori, preferibilmente locali, è Mirko, grande conoscitore della sua terra. La parte “straniera” dei piatti arriva invece dalle esperienze all’estero di Sparacino, come quella tailandese, in ricordo di un suo lungo viaggio, o giapponese, imparata grazie ad alcuni stagisti con cui ha lavorato al ristorante Cum Quibus a San Gimignano.

La Toscana riveste un ruolo importante, ma qui viene fatta vivere attraverso dei filtri. «Guardo alla mia regione con le lenti di altri Paesi - spiega Alberto -. Due esempi significativi sono la Terrina di pollo con fichi di Carmignano, nocciole e salsa albufera a base di foie gras aromatizzata con Porto, Madeira e vino bianco e legata con il foie gras cotto e la Lingua di vitello tagliata spessa, piastrata, laccata con salsa tare, utilizzata in Giappone per laccare le anguille, ed arricchita con una tartare di ostrica. La lingua è uno dei mie piatti più storici insieme allo Spaghetto burro affumicato, dashi e cedro candito».

Menu degustazione

Le pappardelle ripiene di patate con caviale di aringa e funghi

I menu degustazione sono due, uno a 5 portate a 69 euro ed uno a 7 a 85 euro. Particolarità di questi menu è che vengono costruiti ad hoc per ogni singolo cliente, assecondando i gusti di ognuno. È Sara Sanesi, moglie di Mirko, restaurant manager e sommelier di Pepe Nero, ad accogliere gli ospiti e comprendere al meglio le esigenze e le preferenze della clientela, così da farle vivere un’esperienza unica e personale.

Dal suo arrivo, ormai avvenuto diversi anni fa, la sala ha indossato nuovi colori – importanti e di effetto i lavori di restyling da poco conclusi che hanno visto un bel rinnovamento degli spazi – e la cantina è divenuta un’alcova di ricerca continua, costituita da 500 etichette di produttori per la maggior parte naturali, ancora poco conosciuti e di piccole dimensioni. In carta l’amore di Sara per la Francia è lampante tanto da destinarle il podio, seguita dall’Italia, dalla Spagna, dalla Germania, dall’Austria, dalla Slovenia ed anche dalla Georgia. 

Pairing

Anche il pairing, al pari del menu degustazione, si cuce su misura del cliente, grazie anche al Coravin con cui è possibile assaggiare tutte le etichette presenti in carta. L’abbinamento al calice, composto da 5 o 7 proposte, proposto a 35 e 55 euro, vede non solo vino, ma anche birre artigianali e cocktail (notevole la selezione di gin).

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