Oste e cuoco autodidatta, non chef. Ci tiene a dirlo Filippo La Mantia che, chiusa l’esperienza al Majestic di Roma, insieme a un socio ha rilevato quello che fino a qualche mese fa era il ristorante Gold, a cui ora ha dato il suo cognome e ha trasformato nel tempio milanese della “palermitanitudine”. Una cucina regionale di grandi sapori, ma senza aglio, porro e cipolle, come è nello stile di Filippo che dice: «Anche in questo aspetto io ho fatto sempre la mia strada e la risposta di Milano mi dà ragione: ho già prenotazioni per un paio di mesi e la media del ristorante à la carte, a cena, è di 80 coperti. E al brunch domenicale abbiamo una media di 200 coperti: un buffet dove propongo cinquantina di ricette “di casa” palermitane, con ingredienti siciliani almeno per l’80%».
La parola d’ordine del locale è: flessibilità. Qui il cliente è accolto fin dalle 7,30 di mattina per la colazione e si va avanti fino a notte fonda, fra lunch e aperitivi, con una cucina sempre pronta, perché da La Mantia si può mangiare a tutte le ore e in ogni spazio del locale.
Una libertà consentita da un’organizzazione attenta, dalla costante presenza di La Mantia fra sala e cucina, nonché dagli spazi ampi, del tutto ripensati dall’architetto e amico Piero Lissoni e improntati alla sicilianità anche negli arredi.
La Mantia, una stella palermitana si è accesa in città
Filippo La Mantia sbarca a Milano e in tre mesi dall’apertura dichiara un over-booking invidiabile. Il suo motto? Flessibilità e cucina aperta a ogni ora