Le abitudini dei clienti mutano. La concorrenza si fa più serrata, soprattutto quella dei bar.
Nuovi competitor si fanno strada, si veda il fenomeno degli home restaurant e compagnia bella. E i ristoratori ne fanno le spese: stando al recente rapporto di Movimprese, nell’ultimo anno hanno chiuso oltre 13.600 locali, con un saldo negativo tra nuovi iscritti e attività cessate ormai cronico (-5.029 unità).
Numeri che, fatte le debite eccezioni, ci parlano di un mondo della ristorazione che soffre di un calo costante di coperti, dove abbondano modelli un tempo trionfanti ma oggi, forse, un po’ troppo ingessati e troppo costosi. Un settore costretto a sottostare ad affitti metropolitani impossibili, a provvedimenti di limitazioni del traffico “che hanno desolatamente desertificato i centri delle nostre città”, citando una lettera aperta al Corriere della Sera di Lino Stoppani, presidente Fipe.
Come fare cassa, dunque? Stando ai cachet degli chef mediatici e alle vendite dei libri di ricette, c’è chi si è già ingegnato con successo. Tuttavia, talent show e libri hanno trasformato l’Italia in un Paese di cuochi di fatto (un tema sviluppato nella nostra inchiesta sul social eating).
Noi di Ristoranti crediamo che la chiave del successo sia nell’innovazione, sia nei nuovi format che ibridano l’offerta e ammiccano a nuove occasioni di consumo come l’aperitivo, che tengono conto di un cliente sempre meno disposto a spendere, ma attento alla qualità. Questa la partita che bisogna giocare. Chi dà il calcio di inizio?