Valore e perché: sono le due parole chiave su cui ragionare per porre le basi della ripartenza. Chi ha sfruttato questo tempo di forzata chiusura per rivedere i processi, risolvere le magagne, colmare le lacune e rafforzare la relazione con i propri clienti (oltre che per smazzarsi tutte le complicate questioni legate alla gestione dell’attività, della liquidità eccetera) parte avvantaggiato.
Ma, reso efficiente quel che si poteva rendere, ora è il momento della visione e del coraggio. Di delineare con chiarezza chi voglio diventare, cosa voglio che il mio ristorante sia nel prossimo futuro e di buttare il cuore oltre l’ostacolo. Vanno sfoderate le proprie doti migliori: capacità imprenditoriali, lungimiranza, intuito, capacità di osservazione, empatia, generosità. Doti che sono già nel Dna del bravo ristoratore, doti che questi giorni difficili hanno riportato prepotentemente alla ribalta. Doti che saranno un bagaglio fondamentale. Per tutti.
Abbiamo consultato un gruppo di esperti del fuori casa per raccogliere indicazioni e indizi utili su come far ripartire l’attività dopo il lockdown. Nessuno ci ha saputo predire il futuro (per fortuna: diffidiamo dagli indovini). Ma con il loro aiuto abbiamo messo insieme sette parole chiave da tenere in mente, sette riferimenti attorno ai quali costruire, ognuno, la propria strategia. Le abbiamo riassunte in sette esse: sicurezza, setting, servizio, squadra, social(izzazione), sperimentazione e sconfinamento.
Mettere a fuoco il proprio valore
Prima di guardale una a una, ritorniamo all’inizio: ai concetti chiave di valore e di perché. Il consiglio, per tutti, è mettere a fuoco il proprio valore. È il punto di partenza da cui costruire tutto. “Qual è il mio valore, il valore del mio ristorante?”. So fare da mangiare, so ospitare, so comunicarlo? Occorrerà far bene tutte e tre le cose. Insieme a una quarta: saper fare impresa. Che significa: conti in ordine, cioè sotto controllo, e conti che tornano (a tendere, produrrò utili).
Mettere a fuoco il proprio valore aiuta a chiarire il perché, cioè a dare risposta alla domanda: per quale motivo i miei clienti mi scelgono? E perché altri clienti dovrebbero venire da me? Cosa voglio che trovino nel mio ristorante? (cioé: qual è il mio valore?).
Le nostre antenne e l’alleanza che abbiamo saputo stabilire con i nostri clienti chiave sono gli aghi con cui dovremo costruire la nostra bussola.
Nei ragionamenti da fare, occorre partire da due condizioni che molto probabilmente ci troveremo a dover affrontare. Il primo è legato alle regole: è ipotizzabile, che, almeno all’inizio, ci possano essere una serie di limitazioni all’attività: all’orario, al numero di clienti, alla distanza di sicurezza, all’obbligo di uso di protezioni (mascherine, guanti ecc.) da parte di personale e/o clienti.
Il secondo alla nostra clientela: «Occorrerà, almeno inizialmente ripartire dagli italiani - riflette Federico Ramponi, consulente nel campo dell’innovazione - perché di stranieri, per un certo periodo, ne vedremo presumibilmente pochi».
Analizziamo più nel dettaglio le sette esse su cui ragionare per comporre la propria strategia futura.
1. Sicurezza
Ci saranno da gestire le regole e le sensazioni e i timori delle persone. «Il modo di lavorare, per esempio di preparare i prodotti, e di gestire gli spazi e le relazioni dovrà trasmettere sicurezza in termini di pulizia e igiene - spiega il coach Maurizio Papa -. E su questi aspetti le persone avranno le antenne dritte, consapevolmente o meno. Sarà bravo chi saprà farle sentire al sicuro. Gli standard di sicurezza eccellenti potranno diventare oggetto di comunicazione. Si potrebbe anche pensare a un “certificato di eccellenza” in partnership con qualche azienda di sanificazione, sull’esempio di TripAdvisor».
«La miglior propaganda - aggiunge Giacomo Pini, titolare di Gp.Studios - ce la farà il cliente che dirà: “Io vado lì perché mi sento sicuro”. Comunicare come preparo gli alimenti, far vedere la cucina e i processi, potranno diventare elementi chiave della ia strategia di marketing e di comunicazione»
2. Setting
L’ambiente del locale sarà importante. «Pensate come se doveste fare non una riapertura, ma una nuova apertura» suggerisce Lorenzo Ferrari di Ristoratore Top. Quindi aria di novità, ambienti che trasmettano sicurezza dal punto di vista degli standard igienici. «Bisognerà ampliare gli spazi tra i tavoli, evitare situazioni che implicano troppa vicinanza fisica - spiega Massimo Feruzzi di Jfc - garantire più spazio a ogni cliente e ridurre rumore e confusione. L’aspetto del relax mentale sarà essenziale per trasmettere serenità. Gli spazi all’aperto saranno cruciali».
«Andranno ripensati una serie di elementi che già prima, dal punto di vista dell’igiene, lasciavano a desiderare - prosegue Giacomo Pini di Gp.Studios - come i buffet, le posate sul tavolo, i tavoli grezzi senza tovaglia, i menu. Meglio lavagnette, menuboard o menu digitali».
3. Servizio
Avendo più spazio, si potranno sperimentare nuove modalità di servizio: «Chi ha la cucina a vista, per esempio - continua Pini - potrebbe studiare una modalità nuova, che prevede la preparazione in cucina e la chiamata del cliente che andrà da solo a ritirare il proprio piatto. In altri contesti, più formali, i maggiori spazi a disposizione potrebbero far riscoprire il servizio al carrello, più scenografico e anche più funzionale a mantenere una certa distanza tra chi serve e il cliente. Vengo al tavolo con il gueridon, ti preparo il piatto davanti agli occhi e te lo lascio di fianco, così hai visto come l’ho preparato e puoi servirti in tranquillità e sicurezza. Dal punto di vista del ristoratore, un ulteriore vantaggio è dato dal fatto che il carrello in sala è un moltiplicatore delle vendite. Si potrebbe pensarlo, per esempio, anche per il servizio del caffè, accompagnandolo con una serie di dolci mignon da abbinare».
4. Squadra
Il coronavirus ci ha insegnato, a caro prezzo, come i comportamenti singoli abbiamo riflessi su tutti. In una parola, di come siamo tutti interconnessi. Una lezione che ora bisogna volgere in positivo. Imparando a fare squadra. In primis con i propri dipendenti, rafforzando il senso di appartenenza che questi tempi hanno portato alla luce e valorizzandone la capacità di fornire contributi anche in termini di idee e soluzioni.
Poi con i propri clienti, con i quali la relazione si è rafforzata grazie a interazioni social, richieste di consigli e manifestazioni di affetto. Magari con altri locali, per condividere risorse preziose ma costose (un social media manager?). Infine, con i propri fornitori: si è tutti nella stessa barca. Giocare pulito aiuterà a risollevarsi più in fretta e a porre le basi per il futuro.
5. Social(izzazione)
Il lockdown ha enfatizzato l’importanza della comunicazione, in particolare sui social. «Sfruttate tutti i mezzi per comunicare e amplificare il vostro messaggio: email, sms, Whatsapp - spiega Lorenzo Ferrari -. Mettete giù un piano che vi permetta raccontare tutte le novità che avete preparato». L’occasione della riapertura potrà essere il momento di ringraziare con un evento speciale chi vi è stato più vicino o le persone importanti per voi e il vostro locale: «Inventate qualcosa che vi permetta di farlo - dice Ferrari - creando eventi dedicati per le persone più importanti per voi: clienti chiave, partner, influencer, giornalisti eccetera».
6. Sperimentazione
Una delle molle che il lockdown ha fatto scattare è stata l’avventurarsi in percorsi nuovi, imparare abilità, abbattendo molte resistenze al cambiamento: «È un’attitudine che tornerà utile – spiega Andrea Langhi, architetto e designer -. Abbiamo imparato a creare idee, a inventarci cose nuove sulla base delle esigenze che abbiamo colto. Nessuno sa come cambieranno le cose. Perciò è importante continuare a tenere le antenne dritte, per cercare di capire come le persone vorranno soddisfare il loro bisogno di mangiare, bere, divertirsi e inventare risposte capaci di generare valore per noi e per i clienti. Concentratevi sul generare nuove idee, perché è da lì che nasceranno nuovi business».
7. Sconfinamento
Il delivery è stato il grande protagonista del lockdown. Ma non è stato il solo modo in cui si è entrati in relazione con i clienti. Lo si è fatto con degustazioni, videoricette eccetera. «La barriera che separava on line e off line si è molto abbassata – spiega Giorgio Triani, sociologo e docente universitario - così come quella tra consumi in casa e fuori casa. Il ristorante non sarà più chiuso tra le proprie mura, ma potrà andare a casa delle persone. Penso ad esempio a prodotti speciali da comprare e degustare a casa, all’home cooking o a servizi di mini catering, a giochini on line che permettono ai clienti di vincere pranzi o cene».
*Con il contributo di:
- Lorenzo Ferrari di Ristoratore Top
- Massimo Feruzzi di Jfc
- Andrea Langhi di Andrea Langhi Design
- Maurizio Papa di Time to lead
- Giacomo Pini di Gp.Studios
- Federico Ramponi
- Giorgio Triani, Università di Parma