Venti professionisti e professioniste della sala. Patron, sommelier, nomi affermati e conosciuti o emergenti di grande valore e di sicuro futuro. Tutti interpreti e testimoni di anni in cui il Covid è stato “socio” malevolo della ristorazione, ma che, nonostante tutto, ha portato a varie svolte, e non tutte negative. Sono loro a raccontarci di com’è cambiato questo mondo. Parallelo alla cucina, e in passato fin troppo sottovalutato, ma che ora sta riguadagnando la giusta considerazione.
Le svolte dunque. Quelle negative sono note. Una generazione di camerieri si è persa, preferendo seguire altre strade. Ricostruire quelle professionalità perdute non sarà facile. C’è chi si affida alla crescita interna, preferendo puntare su addetti del luogo, e c’è chi lavora con le scuole alberghiere per andare a cogliere direttamente nel cesto le mele migliori. E c’è poi chi si fa in casa la propria Academy per formare e fidelizzare il personale. In ogni caso è chiaro. La formazione sarà uno degli aspetti su cui si giocherà il futuro della sala.
Di positivo questi anni hanno però anche portato tanto. Dal modo nuovo di approcciarsi alla clientela a una visione diversa della gestione stessa dell’intero ristorante. Parliamo di servizio in senso stretto? Addio allora a camerieri affettati e sbrigativi. Addio soprattutto a chi non si forma e chi non sa dare le giuste risposte a un cliente sempre più informato, consapevole e curioso. Parliamo di gestione? Qualcuno ci racconta di come, dopo aver diminuito il numero di coperti per volontà ministeriale, abbia mantenuto quel numero ridotto perché si è accorto che il servizio migliorava e che con un servizio migliore l’incasso medio giornaliero non variava rispetto a prima. In pratica meno clienti, scontrino più alto. Tanti poi hanno rinunciato alle carte “di carta”. Il qr (che si può leggere anche grazie a dispositivi messi a disposizione dallo stesso ristorante) e il menu on line, garantiscono flessibilità, profondità di informazione e danno, al cliente, la possibilità di leggere a casa l’offerta del locale e arrivare già preparato e con le idee chiare su cosa scegliere, e, al ristoratore, la possibilità di aggiornare l’offerta giorno per giorno.
Insomma, il futuro è già qui. Qualcuno l’ha capito e lo sta affrontando nel modo migliore. Tra le interviste che seguono i suggerimenti non mancano.
Nella rassegna qui sotto venti grandi esponenti della "sala italiana" raccontano il loro punto di vista sul futuro
1Gabriele Bianchi
Hospitality Management - Cecina (Li)
www.instagram.com/gabrielebianchi.official
Il cameriere? Una figura glamour ed attrattiva
«Se è vero che ogni crisi cela un’opportunità, credo che il nostro comparto sia alle soglie di una nuova stagione di rinascita». Parola di Giovanni Bianchi, consulente e noto professionista che sta apportando un modo nuovo di vedere e vivere la sala. «Sempre più giovani - continua Bianchi - stanno capendo che esistono più modi di fare sala, che va oltre un atteggiamento alla mano, meno formale. La professionalità non cambia, ma il ruolo ora si porta appresso parole chiave come motivazione e creatività». Non solo ciò è alla base del progetto “Rivoluzione Sala” con cui Bianchi porta negli istituti alberghieri italiani un modello di sala alternativo, ma questa convinzione è al centro della sua attività di formazione e scouting di giovani talenti.
«Veniamo da decenni caratterizzati da un’impostazione di sala molto classica, quasi ingessata - spiega -. E scontiamo il pregiudizio che relega i camerieri al ruolo di portapiatti. Oggi però la loro figura può essere glamour ed attrattiva. E poi c’è il tema di una retribuzione non sempre adeguata, mentre sono sempre convinto che con le dovute motivazioni (anche economiche) quella del cameriere possa configurarsi come una professione di grande appeal per i giovani». Insomma la sala è centrale. «Oggi il cameriere gioca il ruolo, insieme a chef e sommelier, di coprotagonista nella riuscita di una cena - conclude Bianchi -, e di conseguenza determina il successo di un locale. L’aspetto psicologico nel servizio è fondamentale: è nei momenti di relazione col commensale che una cena può diventare un’esperienza inattesa ed indimenticabile». R.P.
2Filippo Billi
Billis Osteria - Tortona (Al)
osteriabillis.it
L’aspetto umano è sempre più importante
La creatura dei gemelli Billi è stata aperta dal 2018 da Alessandro, in cucina (nella foto sotto a sinistra), e Filippo, in sala (a destra nella foto). E la magia di Billis Osteria scaturisce in primo luogo dal loro affiatamento. «Le persone sono cambiate - dice Filippo -: sia gli ospiti sia i giovani camerieri. Oggi abbiamo stimoli che prima non c’erano, argomenti da conoscere che prima sottovalutavamo. E questo richiede molto più sacrificio. Ma credo che il lavoro di sala stia cambiando in meglio: abbiamo più responsabilità, ma anche più opportunità».
Le difficoltà degli ultimi tempi sono sotto gli occhi di tutti, e un buon servizio di sala oggi deve tenere d’occhio, e sempre più approfonditamente, l’aspetto umano: «Strategia, approccio, relazioni. Inizio e fine del servizio sono fondamentali: l’ospite deve aver chiara l’esperienza che andrà a fare fin dal suo arrivo. L’ospite chiede benessere: sta a noi offrirlo, sia come organizzazione del lavoro sia come professionalità di chi lavora a strettissimo contatto con la clientela».
Va inoltre sottolineato il valore del lavoro di sala, che va decisamente oltre il semplice destreggiarsi tra i tavoli. E troppo spesso non viene considerato: «La sala - conclude Filippo Billi - si inserisce in maniera prepotente nella realtà ristorativa: si occupa di risorse umane, contabilità, buste paga, pulizia, creazione del menu, assorimento della cantina. E oggi assume una rilevanza tale che solo una sinergia perfetta con la cucina garantisce la possibilità di raggiungere obbiettivi importanti». C.C.
3Cinzia Boggian Portinari
La Peca, Lonigo
lapeca.it
Menu e carte digitali per lavorare meglio
Addio alle carte, affiatamento, competenza. Queste le parole d’ordine dello storico bistellato vicentino.
Signora Portinari, quali sono i cambiamenti più evidenti lasciati da questo periodo eccezionale?
«La principale è stata senz’altro l’eliminazione del cartaceo di menu e carta dei vini, in favore del qr code (con a disposizione, se serve, un iPad del ristorante). Una novità che è stata ben recepita dai clienti che, in molti casi, arrivano già con le idee chiare. La scelta di non riprendere più il cartaceo ci permette di aggiornare in tempo reale il menu, sostituendo un piatto anche all’ultimo momento. Ma ovviamente la presenza di camerieri e sommelier resta centrale nel percorso di scelta: i loro consigli e delucidazioni sono essenziali».
Quali i punti critici più stringenti?
«La mancanza di personale è la criticità maggiore, ma fortunatamente siamo riusciti a mantenere i nostri collaboratori lungo tutti i lockdown, e quindi non abbiamo vissuto questa problematica».
Qual è la filosofia di servizio della Peca?
«Il nostro servizio è molto affiatato, grazie alla presenza in sala di tre componenti della famiglia e collaboratori storici. L’impronta è chiara: essere molti attenti, ma al contempo fare sentire il cliente a proprio agio, anche coloro che magari non frequentano spesso gli stellati. E prestiamo particolare attenzione alla conoscenza dei piatti da parte di chi li deve presentare, così che l’ospite sia informato al meglio al momento della scelta». A.R.
4Rossella Cerea
Da Vittorio - Brusaporto (Bg)
www.davittorio.com
Un’Academy interna per i dipendenti
Nel ristorante tristellato della famiglia Cerea la ricerca della perfezione è un impegno costante, un lavoro che si traduce in briefing giornalieri: «In un mondo globalizzato - sottolinea Rossella Cerea, responsabile accoglienza - la sala negli anni si è dovuta misurare con nuove materie prime e poiché bisogna relazionarsi con un pubblico a volte molto preparato, o spesso interessato a conoscere, il personale deve essere capace di dare le giuste risposte a ogni domanda».
Sulla formazione i Cerea stanno studiando un nuovo progetto che partirà a gennaio, un’Accademy interna per i loro dipendenti, gratuita, bisettimanale, per 18 mesi e multi-tematica: comunicazione, servizio, alimentazione, vino, bar, e via dicendo.
La conoscenza va però sempre abbinata alla capacità di accogliere, per alcuni una dote innata, per altri affinabile con l’esperienza. «Accogliere bene è fondamentale perché da subito il cliente deve sentirsi a proprio agio e, per il cameriere, non è facile né scontato capire velocemente chi si ha davanti e cosa vuole».
Il sorriso e l’attenzione aiutano, ma bisogna distinguere le situazioni: una cena d’affari chiede un certo tipo di servizio, mentre una coppia o un gruppo d’amici si attendono “coccole” fatte di cure e attenzioni diverse.
Non mancano ovviamente le criticità del servizio, a partire dalle tempistiche di uscita dei piatti, che non possono essere né troppo brevi né troppo lunghe, ma restano comunque modulabili alle esigenze del tavolo. «Ma se ti prepari bene e fai formazione - conclude la Cerea - riesci a gestire bene ogni situazione». M.R.
5Sandra Ciciriello
142 Restaurant - Milano
142.restaurant
Vince il servizio meno impostato
Già protagonista con la chef Viviana Varese in Alice, Sandra Ciciriello si è messa in proprio nel settembre 2019, con il suo 142 Restaurant a Milano. Aperto tutto il giorno, il regno di Sandra è un inno alla sala, che lei stessa vive da decenni: «Non credo la sala sia mai cambiata, in realtà. Piuttosto, è stata trascurata, insieme ad accoglienza e ospitalità. I camerieri sono stati relegati al ruolo di portapiatti, mentre negli anni ’80 la figura del maître, a contatto con gli ospiti era fondamentale. Oggi si sta tornando a un servizio più amichevole e meno impostato, anche alla luce dei rigori che abbiamo dovuto vivere ultimamente. Il punto di partenza, però, rimane sempre l’educazione del personale».
E il rapporto diretto tra professionisti e ospiti non deve essere intaccato: «Oggi assistiamo a un turnover eccessivo. I ragazzi in sala cercano in continuazione nuovi stimoli, per cui il personale cambia spesso, ed è un problema. L’ospite si affeziona ai volti che trova quando viene a trovarci, instaura una sorta di relazione amichevole, e anche per il sistema economico del ristorante, è uno sforzo: sta a noi trovare il modo di spronare lo staff di sala, farlo crescere, formarlo». Anche perché è la sala, in fondo, che gestisce sia l’ospite sia il dietro le quinte: «Dal cliente, che spessissimo torna perché soddisfatto dal servizio, al magazzino, fino alle proposte da promuovere: la sala ha in mano le fila di un ristorante di qualità, ed è importante che si amalgami al meglio con la cucina collaborando con questo quanto più possibile». C.C.
6Sergio Circella
La Brinca - Ne (Ge)
www.labrinca.it
Puntiamo sul personale del territorio
È “semplicemente” una delle osterie più amate d’Italia. Un modello per i colleghi, una gioia per i clienti.
Con il Covid-19, quali sono state le misure attuate in sala che sono diventate prassi?
«Intanto abbiamo cambiato l’impostazione dei tavoli, oggi rotondi, per offrire più distanza e spazio agli ospiti e rendere più elegante la sala. Questo ha comportato una riduzione dei coperti del 30%, ma avendo il locale pieno anche in settimana, possiamo permettercelo. Una scelta vincente, perché così la gente è più rilassata. Oggi siamo tornati al menu cartaceo, mentre la carta dei vini è rimasta digitale, e disponibile anche online. Una scelta intelligente che permette alle persone di arrivare preparate, visto che in carta abbiamo 1.500 etichette».
La carenza di personale si fa sentire in molte realtà...
«Noi preferiamo formare i ragazzi, possibilmente della nostra zona, facendoli crescere con noi. Certo, ci vuole più tempo e impegno, ma si raggiunge una fidelizzazione maggiore. Importante è motivarli, pagarli il giusto e garantire loro le giuste responsabilità».
Qual è la filosofia di servizio della Brinca?
«Con l’arrivo della seconda generazione (Simone e Matteo) abbiamo modificato vari aspetti. Abbiamo inserito il grande menu degustazione, calibrato gli altri menu, lavorando sui vini a calice, eliminando quasi le mezze bottiglie. A parità di etichette oggi la cantina gira più di prima ed è meno statica. Ma per farlo siamo in tre oggi a lavorare sui vini, mentre prima ero da solo». A.R.
7Lucio D’Orsi
Don Geppi Restaurant
Sant’Agnello di Sorrento (Na)
www.dongeppi.com
Formazione interna sempre più importante
Il Don Geppi Restaurant è il ristorante gourmet del Majestic Palace di Sorrento, dal 2016 stella Michelin. In cucina lo chef Mario Affinita, mentre in sala come patron, maître e sommelier si trova Lucio D’Orsi, testimone dell’evoluzione della sua figura nel passato recente. «Lo sviluppo principale ha riguardato la conoscenza merceologica. Prima era frequente proporre piatti di cui la sala conosceva soltanto il nome, senza avere idea di come venissero realizzati tecnicamente. Al Don Geppi organizziamo briefing settimanali per gli operatori di sala, per farli assistere alle preparazioni e alla lavorazione delle materie prime. Gli chef hanno implementato la tecnologia, e le conoscenze vanno trasmesse alla sala, che non è più un semplice elemento di contorno». È per la sala, infatti, che passa il potenziale successo di un ristorante: «I primi istanti, l’ingresso del cliente al ristorante, sono fondamentali. Il contatto visivo e l’approccio dev’essere composto, ma non affettato. Noi, per esempio, cerchiamo di chiamare per nome ogni nostro ospite, così da abbattere ogni barriera e ogni imbarazzo. E poi la preparazione del personale: i clienti sono curiosi come mai prima, e un professionista deve saper rispondere a qualsiasi richiesta». La sala conta molto più di quanto non possa apparire, secondo D’Orsi: «Vale il sessanta per cento. Un ristorante viene scelto per location e stile di cucina, ma sono le persone in sala a determinare il risultato. Siamo guide degli ospiti che si affidano a noi per vivere al meglio la loro esperienza ai nostri tavoli». C.C.
8Chantal Feletto
Casa Perbellini - Verona
www.casaperbellini.com
Fare squadra è fondamentale
Empatia e sorrisi sono di grande aiuto per un servizio il più possibile sartoriale. Ne è convinta Chantal Feletto, giovane e appassionata neodirettrice di sala di Casa Perbellini, il ristorante bistellato dello chef Giancarlo Perbellini, nel cuore di Verona.
«Per soddisfare il cliente bisogna innanzitutto capire chi abbiamo davanti aiutandoci con l’ascolto, il sorriso e la comprensione - sottolinea Feletto -. Può apprezzare la cucina, il locale, gli ingredienti e la qualità del cibo, ma se la persona che serve non lascia qualcosa di sé è difficile che il cliente sia completamente soddisfatto. Certo, in tempi di Covid è stato difficile trasmettere il sorriso e le emozioni, ma finalmente la situazione va normalizzandosi». Il servizio di sala è una componente essenziale, un lavoro che richiede tempo e passione, soprattutto nell’alta ristorazione, dove gli orari possono essere lunghi e l’impegno aggiuntivo è sempre in agguato.
«Ma è anche importante avere una buona sintonia con i colleghi, fare gruppo, sviluppare l’armonia e lavorare in squadra per raggiungere l’obiettivo», aggiunge Chantal Feletto, che prima d’entrare a Casa Perbellini, nel 2020, ha lavorato in un’enoteca con cucina a Jesolo, sua città natale, dopo un diploma in ambito turistico. Un giovane bagaglio d’esperienze che a breve si arricchirà di un titolo da sommelier. «La nostra proposta di menu cambia periodicamente, ma se ti piace il lavoro che fai - conclude Feletto - diventa un automatismo e una scoperta continua anche per te stesso». M.R.
9Roberto Franceschini
Da Romano - Viareggio (Lu)
www.romanoristorante.it
Dobbiamo investire nella formazione
«Non vedo grandi stravolgimenti nella sala - afferma Franceschini, patron dello storico ristorante viareggino - anche se, certo, gli ultimi anni qualche cambiamento l’hanno portato. Nella clientela però si avverte in questo periodo una preoccupazione di fondo per il futuro che dà vita ad un atteggiamento meno rilassato, meno leggero e propenso al divertimento».
Due, invece, le problematiche emerse negli ultimi mesi: la mancanza di personale in generale e la mancanza di personale con voglia mettersi in gioco. «Dobbiamo sicuramente investire nella formazione - continua Franceschini - e far capire ai giovani che questo è un vero e proprio mestiere e non un qualche cosa che si fa per arrotondare, quando magari si è studenti. Per svolgere al meglio questo lavoro sono necessari abnegazione e tanto impegno, proprio come in ogni altro ambito lavorativo».
Quanto pesa la sala nell’insieme dell’offerta ristorativa? «La sala gioca un buon 50% sulla riuscita di una bella esperienza in un ristorante - dice Franceschini -, perché spetta proprio a noi accogliere le persone, capire quali pietanze siano quelle giuste da suggerire; intervenire se vediamo che un piatto viene lasciato a tavola e capirne il motivo, sostituendolo magari con qualcosa che possa piacere di più. Personalmente cerco di gestire la sala e la cantina con disinvoltura, naturalezza ed entusiasmo».
E l’aspetto umano? «È fondamentale - dice Franceschini -. Basilare è il sapersi relazionare bene con le persone, offrendo loro un servizio rigoroso, puntuale e attento; mai formale ma discreto e professionale». R.P.
10Federico Malinverno
Caffè La Crepa, Isola Dovarese (Cr)
caffelacrepa.net
Un servizio più attento alza lo scontrino
Com’è cambiato il vostro lavoro in questi anni?
«Durante il Covid abbiamo ridotto il numero dei coperti - dice Malinverno, patron e responsabile di sala - e in seguito abbiamo mantenuto tale riduzione perché ci siamo accorti che 10 sedute in meno ci permettono di lavorare meglio, offrire un servizio migliore e di fatto mantenere lo stesso fatturato. Sembra un paradosso, ma un servizio più curato innalza lo scontrino medio».
Quali sono i punti critici della sala oggi?
«Davvero tanti - e in maniera trasversale, un po’ tutte le età e gradi di professionalità - hanno deciso di cambiare settore e prendere nuove strade lavorative. Credo che la principale causa sia l’incertezza che ha vissuto il settore in questo periodo. Noi non abbiamo avuto particolari problemi di personale: da tempo investiamo sulle persone, nella loro formazione e nel dar loro spazi di autonomia che responsabilizzano i nostri collaboratori. Elementi che abbiamo rafforzato durante questi ultimi tre anni. Naturalmente la ricerca di personale c’è sempre. Perché le emergenze sono sempre dietro l’angolo».
Quali sono le peculiarità del vostro servizio?
«Abbiamo due regole fisse. La prima sembra banale, ma non lo è: lavorare nel migliore dei modi possibili. La seconda è dare all’ospite quello che si vorrebbe ricevere. Per questo la prima prova che “subiscono” i nuovi è quella di sedersi ai nostri tavoli, per osservare come funziona la sala, il servizio, l’interazione con la cucina». A.R.
11Riccardo Nocera
Glass Hostaria - Roma
glasshostaria.it
Valorizzare il personale anche economicamente
Il Covid ha modificato il lavoro di sala cambiando il rapporto tra cameriere e cliente. Come?
«Per esempio - dice Nocera, responsabile di sala - l’eliminazione di alcuni strumenti basilari per il nostro mestiere, come il menu, ha creato distanza tra clienti e personale. Piano piano si sta tornando alla normalità, o semi normalità, ma la pandemia ha lasciato un segno importante. Oltre a questo, ciò che ha ferito e sta continuando a ferire la sala, è la carenza di personale o di personale capace ed entusiasta. Mancano purtroppo camerieri determinati, che vogliano fare questo mestiere e farlo al meglio. Un problema che non è di facile ed immediata risoluzione. Bisogna iniziare a credere in questo mestiere ed investire sulla formazione. Negli ultimi anni hanno chiuso tante scuole e quelle oggi ancora attive non bastano a rispondere a tutta la richiesta da parte dei ristoranti che hanno bisogno non di improvvisati ma di chi desidera trasformarsi in un professionista. Credo inoltre che sia necessaria una riflessione sugli stipendi, spesso non consoni rispetto all’impegno ed alle responsabilità richieste».
Quanto pesa la sala nell’offerta ristorativa?
«È alla base della riuscita di un pranzo o di una cena. Sala e cucina devono scorrere sugli stessi binari: la sala è ciò che costruisce l’esperienza gastronomica facendo vivere al massimo il viaggio nei profumi e nei sapori proposti dallo chef». R.P.
12Alessandro Pipero
Pipero - Roma
www.piperoroma.it
Puntare all’identità, all’idea e al carisma
«Solo un obiettivo, far ridere il cliente». Pipero è Pipero e questa dichiarazione d’intenti si trova sul menu del ristorante che porta il suo nome. È un case study a sé stante: uno stellato in cui il patron è un “cameriere” che ha scalato tutti i gradini della scala sociale della ristorazione. È il «metodo Pipero - come dice lo stesso Pipero - che dà precedenza all’identità, all’idea, al carisma».
Pipero ha fatto scuola dicendo, primo fra tutti, che quello del cameriere è il mestiere più bello del mondo: c’è il contatto con il pubblico, i vestiti sempre puliti, la possibilità di mettersi in gioco in prima persona. «Sono molte le nozioni che si possono studiare oggi, grazie alle migliori scuole di sala, ma le cose più importanti nel nostro settore non si possono insegnare: la sala è un’attitudine».
Grande tifoso della Roma, non manca mai di inserire la metafora calcistica per descrivere la sua squadra di 6 elementi per 30 coperti: «C’è chi attacca e chi difende, ma l’importante è portare a casa la partita», dice. Pipero ha fama di selezionatore di talenti: sono in molti ad essere stati scoperti e valorizzati da lui. Nelle sue cucine sono passati Roy Caceres, Luciano Monosilio e oggi Ciro Scamardella. In sala, con Pipero il fido Achille Sardiello. Pipero cita la massima di Gualtiero Marchesi, «L’esempio è la più grande forma di insegnamento”, ma lui che esempio che vuole trasmettere? «Che è più accettabile l’errore dal vivo, affrontato con naturalezza, che il non errore recitato». In altre parole, Pipero crede nella sincerità, più che nella perfezione artificiale. A.T.
13Alberto Piras
Il Luogo - Milano
www.illuogoaimoenadia.com
Leggere il tavolo per creare armonia
Il luogo di Aimo e Nadia compie nel 2022 sessant’anni di attività. Due stelle Michelin dal 1990 (dieci anni prima l’esordio in guida), fu aperto nella zona Ovest di Milano dai genitori di Stefania Moroni, che oggi ha affidato le chiavi della cucina agli chef Alessandro Negrini e Fabio Pisani. La punta di diamante della sala è il sommelier Alberto Piras, classe ’86 e una carriera già costellata di premi e riconoscimenti. Parola d’ordine, per Piras: adattamento. «La sala è in continua evoluzione. È molto importante per un bravo uomo di sala informarsi e aggiornarsi. Il servizio oggi è sempre più sartoriale perché sono cambiate le esigenze del cliente, soprattutto post pandemia. Complice la grande comunicazione che ruota attorno al nostro settore. Chi ci sceglie è spesso molto preparato e sta alla nostra professionalità farlo sentire a suo agio». Maniere ed esperienza sono altri aspetti fondamentali per un professionista di sala: «Sorridere, far trasparire tranquillità e savoir faire: il cliente non deve mai percepire stress o esitazioni da parte dello staff.
La lettura del tavolo è fondamentale: bisogna saper dialogare con tutti i commensali, da quelli più esigenti a quelli che invece preferiscono una serata meno formale; il multitasking è essenziale, spesso si parlano tre o quattro lingue diverse in pochi metri quadri».
E finalmente è giusto riconoscere alla sala il valore che merita, troppo spesso offuscato dalla mediaticità della cucina: «Sarò di parte, ma siamo figure imprescindibili. Completiamo il lavoro degli chef, ed è il nostro modo di porci che può regalare al cliente un momento unico». C.C.
14Thomas Piras
Contraste Milano
www.contrastemilano.it
Empatia e programmazione per menu sartoriali
Dopo esperienze in Usa, Australia, Norvegia e Gran Bretagna, nel 2015 Thomas Piras decide di lanciarsi nell’avventura del Contraste con lo chef Matias Perdomo, creando un ristorante dove il menu a sorpresa rende più complessi la gestione della sala e l’accoglienza. «Dando per scontato che tecnicamente il servizio sia fatto bene gli aspetti che fanno la differenza sono l’ascolto e l’empatia - dice Piras, responsabile di sala - due qualità umane e professionali nel nostro caso determinanti. Al Contraste non c’è un menu e la cena si costruisce sul posto». C’è un alone di mistero, il cliente (al netto d’intolleranze e ingredienti non graditi) non sa cosa mangia finché il piatto non arriva a tavola, dunque, bisogna aguzzare la sensibilità per capire chi si ha davanti e indirizzare il servizio nel miglior modo. Cena tra amici? Di lavoro? In famiglia? Queste e altre informazioni sono raccolte telefonicamente in fase di prenotazione e con un recall due giorni prima della cena. Il cliente viene infine profilato per registrarne gusti e preferenze in una banca dati a uso interno, di grande aiuto per la fidelizzazione di chi torna. Non mancano però i punti critici sulle tempistiche, la mise en place e gli incastri di abbinamenti con la complessità di un menu composto da 25 assaggi. C’è sempre l’imprevisto: per esempio il cliente che si alza per andare in bagno o per fumare durante la cottura di un piatto. Come risolvere? «Con la programmazione: lavoriamo tutto il giorno per prepararci alla cena e questo ci aiuta a gestire l’eccezione», conclude Piras. M.R.
15Christian Rainer
Peter Brunel - Arco (Tn)
www.peterbrunel.com
Manteniamo il cliente al centro dell’attenzione
La sala sta vivendo un momento di cambiamento. È così anche per voi?
«Alla base di tutto il nostro lavoro - e ciò resta invariato crisi o non crisi - c’è l’unico e basilare scopo del nostro mestiere: il cliente - dice Rainer, responsabile di sala -. Il ristorante del futuro deve puntare sulla formazione dei camerieri per ottenere un servizio attento, veloce, professionale e corretto, in armonia con la cucina. Per il cliente non ci sono solo tavolo e cibo ma il desiderio, che deve essere assecondato, di vivere un’esperienza completa che lasci il segno e per far questo sono necessari, da parte nostra, entusiasmo, impegno, professionalità e tanta umiltà».
Com’è cambiato il ruolo dei professionisti di sala?
«Ciò che deve essere a mio avviso cambiata è la convinzione di tanti, ma per fortuna non di tutti, che chi lavora in sala sia un semplice “portatore di piatti”. L’artefice della riuscita di una bella serata non è soltanto lo chef, ma anche chi accoglie e serve ai tavoli. Il cameriere, soprattutto in ristoranti di buon livello, sa parlare diverse lingue, conosce il mondo del vino, sa consigliare, gestisce i problemi di intolleranze e allergie. Questa sua preparazione a 360° rende il suo ruolo e quello della sala basilare per la buona riuscita dell’esperienza. La prima impressione che il cliente riceverà all’ingresso del locale sarà quella che lo predisporrà più o meno favorevolmente al consumo e all’eventuale ritorno nel tempo ed è per questo che il nostro lavoro è indispensabile». R.P.
16Marco Reitano
La Pergola - Roma
romecavalieri.com
Coinvolgere il personale ripaga sempre
«Essere su una delle terrazze più belle del mondo di sicuro aiuta», parola di Marco Reitano è responsabile di sala ed head sommelier dell’unico tre stelle della Capitale, la Pergola del Rome Cavalieri, il regno dello chef Heinz Beck. Classe 1972, la fedeltà è una caratteristica di Reitano, che dal 1994 è sulla terrazza di Monte Mario. Un microcosmo di lusso, dove per una cinquantina di coperti ci sono ben 18 addetti per la sola sala e 20 in cucina. Il servizio coordinato da Reitano è una danza con l’obiettivo di mettere a proprio agio in un contesto peculiare qualsiasi tipo di cliente. L’attenzione alle esigenze del cliente è il fulcro del lavoro svolto dalla sala della Pergola: «Siamo tutti coinvolti nella scelta di qualsiasi elemento che passi per la sala, dalle sedie alle stoviglie». Tutto si prova, nulla si sceglie da un catalogo e chiunque può dire la sua, perché “Anche l’ultimo arrivato può notare un dettaglio che agli altri era sfuggito».
Inoltre si cambia spessissimo, perché molti sono i clienti che alla Pergola tornano più volte in un anno: «Per noi è importante che i clienti affezionati trovino ogni volta qualcosa di nuovo». Molta la componente di show affidata alla sala, dal carrello dei formaggi ai piatti che vengono porzionati in sala. Questo, ammette Reitano, è un esercizio di stile, ma anche la garanzia di un ritorno di immagine, perché immancabilmente c’è qualche smartphone che immortala la scena e la posta sui social. Ma c’è l’altra faccia della medaglia: «I telefonini sono sempre più protagonisti sulle tavole e arrivano talvolta a creare qualche imbarazzo per il servizio», ammette. A.T.
17Orietta Schiaffino
Orto by Jorg Giubbani - Moneglia (Ge)
www.villaedera.com
Ruoli più precisi per migliorare il servizio
Quali segni hanno lasciato gli anni del Covid nel lavoro del vostro ristorante?
«La nostra evoluzione in sala e cucina è iniziata già prima. Volevamo andare verso un servizio di sala diverso e una cucina di grande personalità - spiega Schiaffino, maître maison della struttura -. Il Covid ha solo accelerato questa evoluzione. Abbiamo puntato tutto sul ristorante gourmet, mentre quest’anno siamo tornati a sviluppare due linee: quella del ristorante di Jorg Giubbani, e il bistrot Edi’s Table che segue mia sorella Edi. Il servizio del gourmet è stato migliorato in ogni suo aspetto: dal comfort della sala, alla cura e spiegazioni per ogni cliente, sempre più personalizzate
e capaci di raccontare la complessità dei nostri menù».
Riscontrate particolari punti critici?
«Viviamo le difficoltà dell’impresa stagionale che, chiudendo 3 o 4 mesi, rischia ogni anno di dover rifare la squadra. Per evitarlo cerchiamo di allargare all’esterno l’attività nei mesi di chiusura, oppure proponendo dei prodotti stagionali, come i panettoni, che realizziamo in periodo di chiusura».
Qual è la filosofia di servizio di Orto?
Lo definirei informale e divertente, ma molto dipende dal cliente e da quello che ognuno desidera. Come suddivisione dei compiti, invece, abbiamo scelto di avere un paio di runner che si occupano di apparecchiare e sparecchiare, mentre a camerieri e sommelier spetta il compito di interagire con i clienti. A.R.
18Alessandro Tomberli
Enoteca Pinchiorri – Firenze
enotecapinchiorri.it
Bisogna guardare alle scuole alberghiere
«Superati i lockdown è stato bello ritrovare una clientela con tanta voglia di divertirsi - dice Tomberli, sommelier del ristorante -. Anche il nostro ricominciare è stato segnato da tanto entusiasmo. Abbiamo continuato a lavorare come sempre, senza cambiare il nostro stile, assecondando però al meglio questo spirito di libertà e voglia di svago dei nostri clienti. L’affiatamento in sala è basilare ed è ciò su cui lavoriamo ogni giorno al massimo. Se tra lo staff c’è buona sintonia, questa energia si trasmette ai clienti che a loro volta si sentono rilassati e sono portati a vivere in maniera migliore l’esperienza.
Tra i punti critici della ripartenza c’è stato sicuramente la mancanza di personale che continua ancora oggi. «Sì vero. Dopo il lockdown tanti hanno deciso di cambiare mestiere. Per riportare in sala collaboratori di valore stiamo lavorando con le scuole alberghiere e con i giovani per fare in modo che si innamorino di questo mestiere e che si crei una nuova generazione di bravi camerieri. La sala per un ristorante ha un valore immenso: spetta al cameriere il saper vendere e il saper far innamorare del locale. Per far ciò però c’è bisogno di fare molta formazione. Con il Covid abbiamo quasi perso una generazione di professionisti ma ce n’è un’altra che sta incalzando. Sono molto fiducioso e credo che presto torneremo a non aver più problemi di personale. Il nostro è un lavoro meraviglioso, che permette di divertirsi, di viaggiare e di avere un buono stipendio e presto nuovi giovani cominceranno ad amarlo come lo abbiamo amato noi». R.P.
19Rudy Travagli
Enoteca La Torre - Roma
enotecalatorre.group
La sala deve acquistare consapevolezza di sé
“Essere Rudy Travagli” potrebbe essere il titolo di un film a tema ristorazione e sala in generale. Presentissimo a Villa Laetizia, Travagli è anche l’uomo ombra di altri sei indirizzi del gruppo Enoteca La Torre, compreso l’ultimo che si è aggiudicato l’esclusiva della food hall della Rinascente di Piazza Fiume. Lo stellato Villa Laetitia - in cucina lo chef Domenico Stile - è la punta di diamante. «Oggi stiamo lavorando per fidelizzare la squadra - ci racconta Travagli -. Vogliamo creare un team stabile, che conosca l’azienda, il posto e la sincronia». Professionisti dell’accoglienza che sappiano essere protagonisti, «perché - è convinto Travagli - il cliente ha bisogno di vedere come lavoriamo e cosa facciamo».
La routine è fatta non solo di grandi attenzioni, ma anche di manualità, con un evidente ritorno alle origini. «Nella nostra sala sono molte le azioni che compiamo, dal terminare i piatti a tavola alle cotture effettuate con un fornellino davanti ai commensali». L’aspetto vino, di cui Travagli è uno dei massimi esperti, è un altro punto di grande importanza, anche per differenziare l’offerta di Villa Laetitia dalle insegne “cugine”: investimenti importanti, referenze che crescono in qualità e quantità e più del 50% dei ragazzi in sala che sono sommelier. «Scaraffiamo, decantiamo, effettuiamo il servizio al tavolo con la candela quando serve. Stappare una bottiglia lo sanno far tutti, vedere un sommelier decantare un vino è molto più affascinante», conclude Travagli. A.T.
20Matteo Zappile
Il Pagliaccio - Roma
www.ristoranteilpagliaccio.com
Servizio e attenzioni a misura di cliente
Un personaggio pirandelliano. Così Matteo Zappile descrive il ruolo del cameriere oggi: «Siamo uno nessuno centomila, assumiamo una maschera diversa a seconda del tavolo che abbiamo davanti». Uno dei migliori maître in circolazione, Zappile ha collezionato premi su premi, ultimo il miglior servizio di sala per la guida Michelin nel 2022 per Il Pagliaccio, unico bistellato romano. «Già nel 2018 con lo chef Anthony Genovese - racconta - avevamo deciso di eliminare la carta», ai commensali solo l’onere di scegliere da quante portate debba essere il loro percorso. «In questo modo costruiamo per ogni tavolo un servizio tailor made ed escono dalla cucina a ogni servizio dieci menu completamente differenti, tanti quanti sono i tavoli», spiega.
Lo studio dei caratteri inizia fin dal momento della prenotazione: «Sono elementi fondamentali la nazionalità, la religione, se si tratta di uomini, donne, coppie, se segnalano allergie o intolleranze e così via». Ecco che il lavoro parte già dalla collocazione dei tavoli: «Mai due tavoli della stessa nazionalità vicini, così come stiamo attenti a evitare di accostare ospiti di nazioni geograficamente o politicamente in contrasto fra loro». Quindi qualche scambio all’arrivo e il quadro si completa, per coordinare il percorso con lo chef.
A questo si aggiunge il percorso vino, qualora i commensali si affidino al servizio. Esperto sommelier, Zappile si distingue anche per il coraggio nel proporre spesso accostamenti originali e intriganti. A.T.