Lo stile unico di Matias Perdomo, cuoco dell’anno di Barawards 2017

Matias Perdomo, al Contraste di Milano, ha ripensato cucina e sala attorno al cliente al quale propone menu ad hoc

Non è il caso di scomodare l’aggettivo “rivoluzionario” per definire la cucina di Matias Perdomo e la formula di Contraste, ma certo gli elementi di novità sono - e restano - molti.

Lo stile di Perdomo è, ormai, inconfondibile. «Mi diverto quando cucino - dice -. Amo il mio mestiere e amo la cucina italiana. La ricerca alla base del mio lavoro ha lo scopo di capire, approfondire e rispettare la tradizione, per poi trasformarla in maniera che crei sorpresa, divertimento e partecipazione da parte dell’ospite».

La sua è una cucina creativa, dinamica, basata sui contrasti, dove tecnica e, appunto, divertimento vanno a braccetto. Le radici sudamericane gli danno quella dose di libertà che gli permette di interpretare la tradizione italiana con rispetto, ma senza timori reverenziali. Ne sono nati nel tempo piatti ormai iconici, come il donuts alla bolognese, originale reimpiattamento della classica lasagna a base di pasta, ragù e besciamella. O il dessert Pulp fiction, dessert composto da spuma di cocco, salsa di barbabietola e proiettili di cioccolato fondente. Cibi che non sono quel che sembrano e che ben esemplificano il suo stile: sperimentare con forme e materia, giocare con le apparenze, spiazzare le aspettative del commensale. Divertire e provocare, senza deludere il palato. Anche l’idea di accoglienza alla base di Contraste è, in un certo senso, spiazzante. Il ristorante è costruito intorno al cliente, con cucina e sala al suo servizio così da fargli vivere un’esperienza di degustazione unica.

«Contraste è casa nostra, mia, di Simon e di Thomas, dove vogliamo che protagonista sia l’ospite. Vogliamo che si senta la persona più importante per le tre ore del servizio - afferma Perdomo -. È un dare e un ricevere. Vogliamo far star bene l’ospite. Da parte nostra, noi stiamo solo facendo quello che ci piace fare». 

«Abbiamo voluto fare un passo indietro rispetto alla cultura dell’alta gastronomia - aggiunge Piras -, lasciare che siano i clienti a decidere. Certo, vengono da noi sapendo che qui troveranno uno stile preciso, una cucina solida, pensata, collaudata. Ma non vogliamo imporre un nostro percorso di degustazione».

È nato così il menu Riflesso: un percorso di dieci portate alla cieca, che il personale di sale costruisce ad hoc per ogni tavolo ascoltando le preferenze, i gusti, le antipatie o le allergie dei commensali verso questo o quell’ingrediente e cottura. Undici portate pescate in un pool di una quarantina di piatti, che cambiano a ogni stagione. Nel corso dell’anno, vengono messi in linea fino a 120 piatti nuovi, un tour de force sotto il profilo di sperimentazione e gestione quotidiana.

La formula del menu Riflesso è piaciuta e oggi viene ordinato nel 90% dei casi. Il successo ha fatto sì che, già a pochi mesi dall’apertura, Perdomo e soci decidessero di eliminare del tutto la carta e di offrire solo il menu Riflesso e una degustazione dei classici della casa in sei passaggi. Una scelta che non ha penalizzato l’affluenza, anzi. Oggi per cenare da Contraste occorre prenotare in media con due mesi d’anticipo. «L’idea alla base di Contraste - spiega Piras - è quella di una comunicazione alla pari tra noi e gli ospiti. Il progetto non è solo nostro, ma l’ospite è all’interno del progetto. Il nostro obiettivo è sdrammatizzare l’esperienza dell’alta cucina. In fondo, abbiamo lo stesso obiettivo: noi vogliamo prenderci cura degli ospiti e farli star bene, loro vogliono star bene e che ci si prenda cura di loro».

Per far funzionare un modello come questo sono fondamentali, da una parte l’affiatamento tra sala e cucina, dall’altra la preparazione del personale di sala. Chi sta in sala deve saper ascoltare il cliente, capire che cosa vuole e tradurlo in un percorso di degustazione coerente. Per farlo, deve sapere esattamente come sono fatti i piatti e con che intensità devono essere serviti. «Facciamo un grande lavoro per allineare i palati di tutto il personale di sala, in modo che chiunque sia in grado di definire piatti di un menu in ordine crescente di sapore e decrescente di acidità» racconta Piras. Perché l’esperienza di Contraste venga vissuta appieno occorre la complicità dell’ospite, quindi, nel caso di due commensali si cerca di indirizzarli verso lo stesso percorso di degustazione. «Perché sappiamo che altrimenti la tentazione sarebbe quella di condividerli. Con il rischio che si perdano alcune note fondamentali. I nostri piatti sono pensati e calibrati per la degustazione. Cerchiamo di spiegare ai clienti che se se ne assaggia solo un boccone si rischia di perdere il senso della nostra ricerca», conclude Piras.

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