Fine stagione, il personale prende il volo. C’è chi prova a trattenerlo

Reclutare e fidelizzare il personale è il problema principale dei ristoranti stagionali, e spesso non bastano bonus o benefit e corsi d'aggiornamento. Le strategie di quattro navigati imprenditori della ristorazione

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Reclutare e fidelizzare il personale è il problema principale dei ristoranti stagionali, e spesso non bastano bonus o benefit e corsi d'aggiornamento. Le strategie di quattro navigati imprenditori della ristorazione

Non ci sono dubbi. Il coro dei ristoratori che gestiscono locali aperti solo per alcuni mesi l’anno è pressoché unanime: le risorse umane rimangono l’ostacolo da superare a ogni riapertura. Anzi, bisogna cominciare a pensarci fino dalla stagione precedente, fidelizzando le figure chiave e cercando di individuare i rimpiazzi che andranno a coprire gli inevitabili buchi. Inevitabili per una serie di motivi: c’è chi va all’estero, chi vuol fare nuove esperienze, chi trova un contratto più lungo o un lavoro fisso, lo studente che si laurea e cambia carriera...

Se reclutare personale qualificato è difficile, trattenerlo lo è ancor di più. Raramente un aumento di stipendio è un incentivo sufficiente. «Non è questione di bonus o benefit - afferma Fabio Targhetta, del rifugio Col Alt di Corvara in Badia - i soldi non contano. Stiamo parlando di persone che guadagnano già molto di base, non è qualche euro in più che li convince a restare. In generale, ci affidiamo al passaparola e alle conoscenze per reperire il personale. Ho provato a mettere un annuncio per la ricerca di un cameriere sul sito della provincia di Bolzano, ma mi hanno risposto dieci magazzinieri! La gente crede che tutti siano capaci di fare il cameriere, ma non è così. Inoltre, lavorare in un rifugio non è semplice. Abbiamo alloggi per il personale nel rifugio, chi dorme qui deve accettare il fatto che quando l’impianto di risalita chiude, alle 17, non c’è modo di scendere in paese».

«Se uno decide di fare lo chef in Australia o di andare a imparare inglese o spagnolo non lo puoi trattenere - rimarca Claudio Fantini, titolare del Club Fantini di Cervia - ma per noi la continuità è importante soprattutto per il Calamare, il nostro ristorante alla carta, che ha un’organizzazione più complicata. La mia idea sarebbe di trovare un ragazzo giovane con cui condividere lo sviluppo del locale, ma ancora non l’ho individuato. Vista la difficoltà, ho provato a rivolgermi a società interinali, ma anche per loro non è facile trovare candidati adatti».

Per dare continuità, c’è chi decide di investire sulla formazione del personale stagionale, sfruttando proprio i periodi di chiusura. Come il ristorante Don Alfonso 1890, che sembra aver trovato l’equilibrio ottimale tra apertura stagionale e personale fisso. O come il bagno Alpemare di Forte dei Marmi, di cui il titolare Fabio Giannotti dice: «Si investe anche fuori dalla stagione sul personale pagando corsi di specializzazione e professionalizzanti e parte del personale è impiegato anche durante tutto l’anno per garantire continuità alla struttura e per valorizzare il lavoro in certi ambiti, quali la cucina e la gestione». Strategie e soluzioni sono varie quanti i ristoranti stagionali. Le esperienze delle seguenti quattro diverse attività imprenditoriali possono dare spunti utili.

Fabio Targhetta gestore rifugio Col Alt, Corvara in Badia (Bz)
Dal 1998 Targhetta gestisce il rifugio, situato a 2000 m slm e raggiungibile in cabinovia o, in inverno, col gatto delle nevi. L’apertura va dal 1 dicembre a metà aprile e da metà giugno al 20 settembre. Il rifugio ha un bar caffetteria e un ristorante gastronomico.
«Reperire il personale è sempre più complicato - racconta Targhetta -. In inverno, riusciamo a garantire quattro mesi di attività e trovare personale preparato è più facile. Per il nostro ristorante alla carta, attraverso nostri capi servizio che in estate lavorano in un gruppo alberghiero in Sardegna, riusciamo abbastanza agevolmente a trovare una decina di professionisti che in inverno - quando gli hotel di mare sono chiusi - accettano di lavorare in montagna. Stesso discorso per la cucina: il nostro chef, con noi da molti anni, ha contatti con alberghi di Gardone Riviera, che in inverno sono chiusi. L’estate, invece, è più difficile trovare personale qualificato, la concorrenza delle località di mare, che hanno una stagione più lunga della nostra, si fa sentire. Abbiamo 2-3 persone chiave che fanno la scelta di lavorare in montagna anche d’estate, ma dobbiamo garantire loro 100 giorni di lavoro, altrimenti è difficile trattenerli. Per il resto, dobbiamo impiegare stagisti e studenti delle scuole alberghiere».

Claudio Fantini proprietario Fantini Club, Cervia (Ra)
Definire il Fantini Club uno stabilimento balneare è riduttivo. È un villaggio sulla spiaggia che comprende, tra l’altro, sport club, spa, albergo, e diverse strutture f&b: ristorante gourmet Calamare, self-service, pizzeria piadineria, chiosco dei fritti e diversi punti bar. In totale, ci sono tre cucine. L’apertura è di circa sette mesi.Trattenere il personale è il problema numero uno, racconta Claudio Fantini: «Mediamente, abbiamo un turnover dal 20 al 40% tra sala e cucina. Quest’anno abbiamo cambiato lo chef, in media riusciamo a tenerli con noi 3-4 anni, poi vogliono fare nuove esperienze, andare all’estero. La continuità è importante soprattutto per il Calamare, il ristorante alla carta che ha un’organizzazione più complicata. Per fortuna, mi aiuta un executive chef che fa da filtro e mi supporta per la ricerca del personale e la soluzione di problemi. In agosto, il periodo più caldo, questa figura di fatto fa lo psicologo. L’altro grande problema è la sala, che è strategica. Se in cucina, grazie alla tv e a programmi come Masterchef, è più facile trovare personale, non si trovano più ragazzi italiani che vogliono intraprendere la carriera della sala. Abbiamo un paio di cinquantenni che rappresentano la base, più alcuni bravi laureandi che ci supportano nel weekend».

Ernesto Iaccarino Don Alfonso 1890, Sant'Agata sui Due Golfi (Na)
Da una decina di anni, il prestigioso ristorante due stelle Michelin ha allungato il periodo di chiusura invernale, che oggi va da inizio novembre a fine marzo. Cinque mesi che permettono a tutta la squadra di dedicarsi ad altro. «Abbiamo fatto questa scelta perché abbiamo deciso di essere sempre presenti a Sant’Agata e di dedicarci alle consulenze solo durante il periodo di chiusura - conferma Ernesto Iaccarino, che con il fratello Mario ha rilevato il testimone del gruppo di famiglia dai genitori Livia e Alfonso -. Abbiamo aperto ristoranti in Cina, Nuova Zelanda e Canada. Fra l’altro, l’alta stagione sia in Cina che in Nuova Zelanda è durante il nostro inverno. Questa alternanza ci permette di coinvolgere nei progetti all’estero i nostri collaboratori più bravi, su cui vogliamo puntare. Anche il resto del personale è contento, tutti riescono a gestire la pausa in modo soddisfacente. C’è chi ne approfitta per fare stage o esperienze stagionali, altri per andare in vacanza. Il sommelier, per esempio, da qualche anno durante l’inverno si trasferisce a Miami, dove lavora solo la sera e di giorno si gode la vacanza. Tutti tornano più motivati. L’80-90% dei nostri collaboratori è fisso e il turnover è molto basso».

Fabio Giannotti direttore Alpemare, Forte dei Marmi (Lu)
Alpemare è uno degli stabilimenti balneari storici della Versilia, da un paio d’anni gestito dalla famiglia di Andrea Bocelli. L’apertura in genere va dalla domenica prima di Pasqua alla prima domenica di novembre. La struttura offre, tra l’altro, un ristorante e un bar.
«Chi decide di trascorrere la stagione presso Alpemare sa che grazie alla nostra offerta può, in qualsiasi momento, trovare la stessa accoglienza e gli stessi servizi che sia agosto o aprile - afferma Giannotti -. Il personale, si sa, è il volto di un’attività, il nucleo fondamentale di un’offerta che giorno dopo giorno viene vissuta dalla clientela. Il carattere di stagionalità dell’attività balneare non aiuta nella selezione del personale e nella stabilità dello staff. Detto questo, la difficoltà maggiore è quella di amalgamare di anno in anno lo staff da un punto di vista lavorativo e umano: una buona squadra è composta da persone consce del proprio ruolo e della gerarchia, che sappiano sacrificarsi per il gruppo e vogliano raggiungere degli obiettivi, un meccanismo che “gira bene” se tutti i componenti fanno il loro lavoro. La continuità del lavoro stagionale si deve guadagnare sul campo: chi fa il suo dovere, chi ha dimostrato di mettere passione in quello che fa, da Alpemare avrà sempre le porte aperte». 

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