La sostenibilità onesta di Chris Oberhammer

Con il progetto Mons, Chris Oberhammer del Tilia di Dobbiaco (Bz), ha cambiato modo di lavorare mettendo uomini e fattorie della zona al centro della sua proposta gastronomica

Sostenibilità è un concetto dalle varie sfaccettature, quando inteso nel mondo della ristorazione. Quella più immediata porta a immaginare il lavoro sulle materie prime: l’utilizzo di materiali biologici, la spinta per il riuso, l’approvvigionamento a chilometro zero, l’abbattimento degli sprechi. Più a fondo e più nascosta resta la sostenibilità forse più importante: quella umana.

  Lo chef Chris Oberhammer, alla guida del Tilia Restaurant di Dobbiaco (Bz), fa del capitale umano il tramite tra territorio e cucina. Dopo aver collezionato pratica in giro per il mondo con esperienze europee di alto profilo (Maison du Bouef di Bruxelles, con Alain Ducasse al Louis XV), dal 2007 si fregia di una stella Michelin, e nei suoi menu travasa l’importanza di una solida rete di fornitori locali.

«Dipendiamo dalla quotidianità»

«È la sostenibilità onesta - dice -. Non si può predicare l’etica, senza valorizzare il lavoro che c’è dietro un ristorante». La proposta di Tilia è infatti una vetrina di ingredienti alpini (siamo in Val Pusterla), che Oberhammer reperisce spesso personalmente, o con il supporto di produttori vicinissimi, e riporta poi nei suoi piatti storici o nuovi.

È la differenza forse più lampante tra uno stellato “cittadino” e un altro che vive in realtà meno frenetiche: «La qualità è ovviamente la chiave, ovunque. Per tenerla alta, un ristorante in città deve affidarsi a un distributore. Qui invece dipendiamo dalla stagionalità, dalla quotidianità anzi: ogni mattina verifichiamo il prodotto dell’orto, o quello che il contadino locale può farci avere, e un’ora dopo è già nel piatto».

Niente brigata

Oberhammer non ha brigata, e si avvale del solo, prezioso sostegno della sommelier Anita Mancini, per raccontare una filosofia genuina, ma tutt’altro che priva di difficoltà: «Ci sono contadini che hanno puntato sulla monocultura o la monoproduzione (latte, grano, vino, mela, ecc. ). Queste decisioni incidono anche sulla biodiversità di cui noi al ristorante avremmo bisogno; per non parlare del costo quasi sempre più incisivo, quando si tratta di agricoltura “eroica” come quella che abbiamo qui».

Chi produce, in ogni caso, meriterebbe ben più rispetto di quanto gli viene riconosciuto: «È forse il gradino principale che il sistema ristorazione deve scalare, per evolversi in chiave di sostenibilità: noi ci rendiamo conto di quando l’annata è positiva, ma non immaginiamo il carico di rischio che un contadino va accollandosi.

Ed è per questo che bisognerebbe sostenere un mercato di prossimità, con il più basso chilometraggio possibile. Poi restano i discorsi per fortuna ormai divenuti comuni: qui, per esempio, abbiamo solo un paio di mesi in cui raccogliere verdure stagionali. Non possiamo permetterci il minimo spreco, ma il “no waste” dovrebbe essere tematica attuale ovunque, l’utilizzo totale degli ingredienti, l’assenza di scarti».

Il progetto Mons

Per trasmettere la crucialità del quotidiano e del rapporto con le persone che sostengono il suo ristorante, Oberhammer ha inoltre fondato il progetto Mons, con cui appunto adatta il menu in base al raccolto nell’orto, utilizza gli ingredienti arrivati direttamente dalle fattorie nelle immediate vicinanze e utilizza il quotidiano della natura.

Il progetto coinvolge inoltre direttamente i clienti e gli appassionati, con una serie di iniziative gastronomiche volte a sensibilizzare il pubblico: il Picknick, con cui le persone ricevono uno zaino o un cesto di prodotti regionali e stagionali in contenitori di vetro riutilizzabili, o il Monslive, una serie di eventi che celebrano la connessione tra natura, cibo e uomini.

Il Tour di Monslive ha visto lo chef correre più di 300 chilometri in nove giorni, facendo tappa presso piccoli produttori e ristoranti sulla strada da Dobbiaco a Gardone Riviera, per valorizzare gli ingredienti reperiti lungo il percorso e proporli agli ospiti. 

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