La vera sostenibilità? Unisce economia, persone e ambiente

Al Bootcamp & Horeca Work Forum di Assisi abbiamo reclutato 17 talenti under 35 per tracciare il futuro della ristorazione sostenibile. In questo articolo le loro idee e le loro storie

Bisogna essere concreti, ma anche lungimiranti. Con i piedi per terra e la testa lucida e visionaria. Perché la sostenibilità non è più il sogno di pochi idealisti, ma un impegno che deve coinvolgere tutti. E che deve poggiarsi, saldamente, su tre pilastri: economico, sociale e ambientale. È quello che è emerso dalla seconda edizione del BootCamp & Horeca Work Forum, il pensatoio sul mondo della ristorazione organizzato ad Assisi da Bargiornale, Planet One e Ristoranti, quest’anno intitolato The Next Green Generation e dedicato alla sostenibilità. A discutere di futuro sono arrivati da tutta Italia 17 talenti della cucina under 35. Disposti a deporre per due giorni pentole e coltelli per ragionare insieme di scelte, di soluzioni e di percorsi sostenibili. Senza nascondersi dietro il dito dell’impossibilità ma facendo emergere con onestà e coraggio le difficoltà, i passi da compiere e la strada spesso accidentata che conduce a una ristorazione davvero sostenibile.

La prima cosa che è emersa con forza è che la sostenibilità non può essere ridotta al solo km 0 (peraltro un concetto sottolineato più volte), ma deve necessariamente allargare prospettive e orizzonti. Partendo da un presupposto: che la prima sostenibilità da ricercare è quella economica: un ristorante è un’azienda e come tutte le aziende deve stare in piedi, deve prima di tutto garantirsi l’esistenza producendo utili. Se manca questo presupposto, stiamo facendo solo della filosofia o dei sogni.

Il manifesto

Al contrario, la sostenibilità è fatta di scelte concrete. In primo luogo nei confronti del personale: inutile declamare che i polli che si servono ai clienti fanno una vita naturale se poi chi lavora in cucina vive come un pollo da batteria. Per fare buona accoglienza, bisogna creare un ambiente di lavoro dove le persone sono a proprio agio. E poi, naturalmente, c’è il tema degli ingredienti, la base di tutto. Eccellenza, stagionalità, territorio le parole chiave su cui fondare la cucina.

Nelle pagine seguenti i protagonisti del BootCamp & Horeca Work Forum raccontano le loro scelte e i loro progetti per una ristorazione (più) sostenibile.

Le testimonianze (scorri sulle freccine prev e next per leggere tutti gli interventi)

1Federico Belluco

Makorè

Ferrara

«La nostra offerta è prevalentemente di pesce - dice Belluco - e il nostro sforzo per una cucina sostenibile parte innanzitutto dall’utilizzo di pesce “locale”: abbiamo contatti con i porti di Chioggia e Porto Garibaldi per comprare materia prima che abbia viaggiato il meno possibile. Ma si può fare qualcosa di rispettoso per l’ambiente anche nelle preparazioni, usando bene la tecnologia. Il nostro sforzo per ridurre al massimo gli sprechi passa per l’attenzione al consumo di energia, regolando bene le lunghe cotture in forno ad esempio, e per la limitazione massima della plastica. Per le cottura a bassa temperatura non usiamo i sacchetti, ma cuociamo il pesce direttamente a contatto con il liquido - un pesce cotto a bassa temperatura cotto nel suo fumetto, per intenderci».

2Alessandro Billi

Osteria Billis 
Tortona (Al)

Billis è la creatura dei fratelli gemelli Filippo e Alessandro Billi. Quest’ultimo spiega: «È innanzitutto la passione per quello che fai che ti porta ad una sostenibilità di riflesso e un’etica di conseguenza. È una sfera completa che contempla anche i collaboratori. L’ottica di lungo periodo è fondamentale e forse l’unica sostenibilità possibile al momento è proprio quella delle piccole cose. È per questo che in Osteria apriamo le porte al vicinato ogni settimana, con quelle che noi chiamiamo battute d’amore per il quartiere: ci impegniamo per tenere pulite le strade e la piazza attorno al ristorante, e cerchiamo quanto più possibile di conoscere chi vive la zona, per poter così instaurare con loro un dialogo. La comunicazione mirata e trasparente di quello che fai è fondamentale».

3Alessandro Calabrese

Enoteca del Duca

Volterra (Pi)

«La mia visione di sostenibilità nasce in cucina - racconta lo chef Alessandro Calabrese, 30 anni con un’importante esperienza da Arnolfo, a Colle val d’Elsa -. Lavoriamo innanzitutto sulla disponibilità del momento delle materie prime. Ma sostenibilità e stagionalità a volte non vanno d’accordo. Non si possono trovare buoni pomodori per dar vita a un’eccellente salsa in certi periodi dell’anno. Ecco perché serve programmazione, ovvero lavorare sul fresco quand’è disponibile per poi servirlo nei mesi successivi. Il territorio, naturalmente, è importantissimo. Servire al cliente determinati prodotti diventa un valore aggiunto che da prestigio all’offerta e quindi all’intero ristorante. E infine gli scarti, o meglio quelle parti delle materie prime considerate come meno nobili o meno utili, che invece devono diventare ingredienti a tutti gli effetti di quanto si propone. Bisogna studiarli certo, capire meglio come lavorarli, ma lo scopo è giusto: evitare sprechi di alimenti che possono dare molto».

4Lorenzo Careggio

Eragoffi, Casa Goffi, Busca
Torino

«La tecnologia - dice lo chef - spesso viene vissuta come un costo, invece è un investimento. Certo, non tutte le tecnologie servono a tutti nella stessa maniera, ma quando individui quella corretta alzi la qualità della tua offerta e della tua vita lavorativa. Anche questo è uno sforzo per la sostenibilità del locale». Eragoffi ha una serra per la coltivazione aeroponica dei vegetali in foglia montata nel dehor. «Riusciamo ad “auto-produrci” tutto l’anno, le 25-30 specie diverse di vegetali che usiamo per insalate e guarnizioni». Un altro buon esempio: il piccolo investimento per introdurre una macchina del ghiaccio dietro il bancone dei bartender. «All’inizio ero diffidente,
ma effettivamente a regime consumiamo meno ghiaccio (e quindi meno acqua) e i cocktail sono migliori».

5Matteo Casasole

Fermento Bakery

Orvieto (Tr)

Fermento Bakery è una freschissima realtà di Orvieto. Qui Casasole gioca secondo i suoi canoni personali: «Sostenibilità è dedizione e desiderio di migliorare le nostre abitudini. Da Fermento facciamo prima di tutto attenzione ai consumi. Pianificare la giornata permette di contenere l’impatto ambientale, per esempio lavorando su tempi e orari si gestiscono meglio i consumi delle attrezzature. Evitiamo poi ingredienti che necessitino di lunghi trasporti: questo per valorizzare il territorio, ma anche per ridurre lo spreco energetico. E infine la divulgazione: un buon prodotto vive di più quando viene raccontato correttamente al consumatore. Spiegare come e cosa facciamo è davvero fondamentale per spingere la sostenibilità”.

6Caterina Ceraudo

Dattilo

Contrada Dattilo, Strongoli (Kr)

Dattilo è ormai un vero modello di sostenibilità. Ristorante e azienda agricola, cresce anno dopo anno proprio nei temi del biologico, della sostenibilità ambientale e dell’etica del fare. Ovviamente, per sua stessa storia, non è un modello replicabile dall’oggi al domani. «Ma la sostenibilità - dice Caterina Ceraudo - può nascere dalle piccole cose e crescere giorno dopo giorno. Anche solo servire acqua microfiltrata è un segnale che racconta dell’impegno di un locale verso certi temi. Ma al di là degli accorgimenti che si adottano ricordiamo sempre di, innanzitutto, trasmettere ai clienti le nostre scelte e i nostri valori, perché è li che si gioca l’aspetto culturale della questione. E poi non dimentichiamo l’aspetto economico. Che è un aspetto da tenere sempre ben presente quando si compiono scelte in un senso o in un altro. Anche qui si gioca la partita che deve portare un locale a diventare consapevole, etico, sostenibile. Insomma sano».

7Giulio Gigli

Ristorante Une

Capodacqua (Pg)

«La sostenibilità è un obiettivo possibile - dice con pochi peli sulla lingua Gigli - ma può diventare un carico ulteriore sulle spalle del ristoratore obbligandolo a sostenere nuovi costi. Un ristorante in attività che vuole diventare ecofriendly, per esempio, dovrà investire in tecnologie e attrezzature moderne. Inoltre, il personale va formato, e anche questo può diventare un costo. In questo BootCamp abbiamo parlato molto di acquisto diretto dai produttori della zona, ma anche questo può essere problematico perché obbliga a numerosi rapporti diretti tra ristorante e, per esempio, coltivatori e allevatori. La sostenibilità non va trattata come una moda e per questo motivo implica scelte precise e consapevolezza da parte dello chef e del patron del ristorante».

8Ariel Hagen

Arnolfo
Colle Val d’Elsa (Si)

La sostenibilità come aspetto “sociale” e l’impresa-ristorante come luogo che deve preservare il benessere di chi ci lavora. «La tecnologia ci aiuta in questo perché grazie ad essa riusciamo a risparmiare tempo. Un buon software gestionale, anche semplice, per la gestione del magazzino non è solo uno strumento, ma anche una miglioria che abbatte i tempi sbagliati. L’impostazione di un buon metodo e l’aiuto della tecnologia concorrono a lavorare meglio». Una filosofia che Ariel e Gaetano Trovato hanno applicato anche nella progettazione delle nuove cucine di Arnolfo The Frame, il ristorante che aprirà nel 2022. «Piccole accortezze per grandi risultati: dai banchi di lavoro più alti per migliorare il confort, ad aree studiate per minimizzare la fatica nelle operazioni di pulizia».

9Federico Malinverno

Caffè La Crepa

Isola Dovarese (Cr)

Famiglia e storia, tra le pareti di un palazzo del quindicesimo secolo. Caffè La Crepa è cucina, enoteca ed emporio. Le fila oggi sono tenute anche da Federico Malinverno: «La sostenibilità è una guida. Tutte le nostre azioni seguono un percorso che mira al buono, al pulito e al giusto, i tre cardini che ci guidano. Ma spaziamo anche su tutto il piano delle risorse, da quelle umane a quelle naturali. Più che puntare sulla filiera corta, ci concentriamo sulla filiera controllata, che significa quindi conoscere i vari passaggi dalla materia prima. E poi cerchiamo di servire gli ospiti in un ambiente sostenibile: chi viene a trovarci, per esempio, si accomoda su sedie e mangia su tavoli di recupero, realizzati con materiali con una lunga storia, che non sono  stati scartati, ma fatti rinascere».

10Christian Mandura

Unforgettable

Torino

Niente carta, nessuna possibilità di scegliere tra menu degustazione diversi, ma una proposta unica per i (solo) dieci coperti del ristorante. Carne e pesce sì, ma solo, e non sempre, come contorno a ingredienti vegetali. Gioca tra assenza di sprechi e uno sguardo al cruelty free la proposta, etica e sostenibile dell’Unforgettable di Torino. In cucina Christian Mandura, che dice: «Nella creazione del nostro ristorante abbiamo guardato al modello di certi locali del Nord Europa, dove è del tutto normale che il cliente accetti e si goda una cena pensata dallo chef sulla base della disponibilità del momento. I vantaggi per noi, dal punto di vista della sostenibilità ed economici, sono ovvi: nessuno spreco, costi più bassi e possibilità di offrire qualcosa in più al cliente: un menu fondato sui valori».

11Elisa Masoni

L’oste

Calenzano (Fi)

Dopo aver guidato la cucina del Ristorante Quercia di Castelletti, Elisa Masoni ha scelto la nuova avventura guardando prima di tutto alla sostenibilità dei carichi di lavoro: «All’Oste siamo in due chef: io e Gabriele Andreoni. Una soluzione che permette di distribuire meglio i carichi di lavoro e di lasciarci il tempo per noi. Un tempo fondamentale per riuscire a dare il meglio in cucina, anche in termini di creatività. Abbiamo scelto di lavorare con piccoli produttori locali, da cui andiamo di persona a fare gli acquisti. Vogliamo valorizzare le loro produzioni e di farle conoscere. Ma cerchiamo di avere un occhio di riguardo anche nella scelta di ciò che acquistiamo, privilegiando le eccedenze di prodotti freschi. Così risparmiamo ed evitiamo che vengano buttati».

12Alessandro Proietti Refrigeri e Giulia Seveso

Ristorante Villa Naj
Stradella (Pv)

«Nel nostro ristorante la sostenibilità parte dall’attenzione di ognuno di noi ai piccoli gesti quotidiani, dal non sprecare acqua allo spegnere le luci, alla cura nel fare la raccolta differenziata. In cucina, privilegiamo relazioni stabili con piccoli produttori locali d’eccellenza, cui garantiamo una continuità di acquisto dei prodotti per tutta la stagione». L’attenzione alle esigenze e alla crescita dei membri del team è parte integrante del lavoro. Un esempio? «Abbiamo concordato con la proprietà di aprire domenica a pranzo anziché lunedì a cena». Un classico esempio di situazione che funziona per tutti: «Il risultato finale è stato che tutto lo staff ha a disposizione due giorni interi liberi. E così facendo non sono cambiati i coperti».

13Eleonora “Nora” Tadolini

Posto Ristoro

Castenaso (Bo)

Fuori dagli schemi: Posto Ristoro riflette la personalità di Nora, che ha puntato - per il suo esordio da imprenditrice - su un luogo che sia insieme spiazzante e accogliente. Dove l’accoglienza in primo luogo riguarda tutto il suo team di lavoro. «Più stiamo bene nel ristorante meglio possiamo accogliere le persone». Decise le scelte in cucina: niente carni di manzo e maiale, spazio alla cacciagione e agli animali da cortile, solo pesce pescato in Adriatico, verdure selezionate da piccoli produttori, vini il più possibile naturali. Le sue parole chiave? Fuori dagli schemi e adesso: «La prima viene della mia storia, che il ristorante rispecchia. La seconda dalla necessità di agire ogni giorno, per realizzare una sostenibilità prima di tutto economica, poi ambientale nel senso più ampio».

14Andrea Tambelli

I’Ciocio
Suvereto (Li)

Andrea Tambelli è il sommelier e braccio destro dello chef Fabrizio Caponi, stella verde al’osteria I’Ciocio di Suvereto: «Sostenibilità è una rete di connessioni che parte dai professionisti, e dev’essere trasmessa ai consumatori - dice -. A I’Ciocio seguiamo una filosofia di rispetto per l’ambiente che ci ospita, e più in generale di abbattimento della filiera lunga: la sostenibilità inizia con l’approvvigionamento da fornitori di prossimità. È importante permettere a produttori piccoli, che sposino una linea naturale, di farsi apprezzare e di conseguenza di essere gratificati come meritano. Prima ancora di un ristorante, è l’intero sistema che dev’essere sostenibile specialmente da un punto di vista economico: se un fornitore non riceve quello che merita il resto della catena ne soffrirà».

15Lucia Tellone

Il giardino dello Sporting

Messina

Al giardino dello Sporting, a Messina, la cucina è “ancestrale”: solo cotture con il fuoco, con il forno a legna o a carbone. E attorno al fuoco la chef Lucia Tellone raccoglie - in senso metaforico - il suo team di giovani infondendo calore e visione. «Il contatto con la natura, con le stagioni, con la terra è la base del nostro lavoro. Il nostro compito è trasmetterne l’importanza e il valore ai ragazzi che oggi si affacciano a questa professione, spesso abbagliati dalla visione distorta che gli viene dalla televisione. Dobbiamo aver chiaro l’obiettivo della sostenibilità e il percorso da compiere per raggiungerlo. E saperlo trasmettere a tutta la squadra, che va coinvolta e fatta appassionare. Il leader, in primis, deve ragionare in termini di soluzioni: un problema esiste perché esiste una soluzione».

16Marco Tomberli

Osteria l’Artusino

Cerbaia (Fi)

«Recuperare il passato, lavorare con coscienza, calarsi nella comunità di cui fai parte, creare rapporti con i contadini e gli allevatori della zona». Esordisce così lo chef e patron Marco Tomberli, che non nasconde come la sua idea di sostenibilità sia quasi del tutto centrata sulla territorialità della cucina (e quindi delle materie prime, dalle verdure alla cantina, dove spiccano etichette toscane, per non dire della zona adiacente). «Se vogliamo perseguire la sostenibilità, cominciando in cucina - dice Tomberli – dobbiamo ribaltare l’idea del menu, ovvero non proporre quello che vorremmo, ma proporre quello che si trova al mercato, modificando la proposta in base a quello che offre il territorio e la stagione in quel dato momento». La filiera corta, insomma, è la base da cui partire per creare una sostenibilità non solo ambientale, ma anche territoriale. «Il rapporto con la comunità, soprattutto quando operi in piccoli paesi, è fondamentale - conclude Toberli».

 

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