Metti il pane al centro della tavola

Il Pan'cot di Davide Oldani (Foto Mario Crespi)
È l’unica portata senza prezzo del ristorante e tuttavia è fondamentale per l’immagine dell’intera offerta. Ecco come stanno evolvendo pagnotte e filoni. E come diventano protagonisti in diverse ricette

Finalmente, il pane al ristorante sta cominciando ad avere tutta l’attenzione che merita. La valorizzazione di questo umile e fondamentale alimento della dieta tradizionale italiana è iniziata già qualche anno fa, con la riscoperta della lievitazione naturale e la tendenza del “pane fatto in casa” o di quello firmato da prestigiosi artigiani della panificazione. 

Da qualche tempo a questa parte, però, la rivalutazione al ristorante poggia su una più approfondita ricerca sulle sue valenze organolettiche e sul ruolo che può ricoprire all’interno di un percorso di degustazione.

Una riflessione che si è accelerata durante la pausa forzata del lockdown, che ha dato modo a molti cuochi di ripensare la propria offerta.

1Pedron e la ricerca del giusto formato

Marco Pedron è il pastry chef di Cracco in Galleria, a Milano. Durante il lockdown della primavera 2020, il laboratorio lavorava per l’asporto, ma i locali erano chiusi al pubblico: «Abbiamo usato quel tempo per migliorarci e per imporci sul servizio del pane» rivela Pedron. La ricerca iniziale si è indirizzata su pagnotte di 120 g, ma ben presto Pedron si è reso conto che non era il taglio ottimale per il ristorante e ha deciso di passare a una pezzatura più grande, con pani da un chilogrammo, che garantiscono migliori standard di qualità e una conservabilità più lunga.

Anche perché, dice Pedron: «Ci siamo resi conto che dopo 4 giorni, con la maturazione post forno, il pane è più buono di quando è fresco». È cambiato anche il servizio: ora il pane è portato al tavolo su un carrello e affettato davanti agli ospiti. Questo ha due vantaggi: riduce gli sprechi e dà valore aggiunto al servizio, perché «Il sommelier ne racconta le caratteristiche come se fosse un vino».

Una vera e propria cerimonia

Insomma, anche per il pane viene introdotta una nota di cerimonialità e ritualità: «Le cose più semplici sono quelle di cui abbiamo scoperto la mancanza durante il lockdown - afferma Pedron -. Inoltre, il pane va valorizzato perché non ha un prezzo in carta, al contrario delle altre portate. Ma per fare un buon pane servono due giorni di lavoro. Questo è un modo per dargli quel momento di gloria che altrimenti non avrebbe». Da Cracco si fanno tre tipi di pane, che si differenziano in base alla lievitazione: con lievito madre con farro monococco; licoli, fatto con semi di lino cotto e orzo per fare profumo; fermentazione spontanea con starter vegetale (mela, carota, zucca) su farina Evolutiva Petra.

Le pagnotte hanno pezzature di 650 g nel ristorante gourmet, 1,1 kg nel bistrot. In quest’ultimo, inoltre, vengono portati in tavola anche grissini ricavati dal recupero dei ritagli dell’impasto sfogliato per le brioche prodotte per la caffetteria. Il pane avanzato, invece, è l’ingrediente principale del sorbetto al pane, una ricetta che Pedron ha ideato per esprimere il suo rispetto per quest’alimento: il pane riposa una notte in acqua; con l’acqua scolata viene ricavato il sorbetto, con la mollica la cialda.

2Oldani e vecchie ricette (recuperate e rivisitate)

La pandemia è stata la scintilla che ha portato Davide Oldani e gli chef della sua brigata a “sfornare” il progetto Pan’cot, ispirato al riutilizzo del pane raffermo – arrostito in padella - nella cultura contadina lombarda. Nato dal desiderio di lavorare su una nuova idea di lievitazione e panificazione, è «concepito come un foglio bianco su cui creare e che può essere pertanto abbinato a carne, pesce, verdura e frutta, aprendo alla trasversalità della cucina italiana, salata e dolce».

Preparato con farine integrali di grano duro e tenero e lievito madre, è stato presentato la scorsa primavera con un pop up restaurant ad esso dedicato nella piazza antistante il ristorante D’O di Cornaredo (Mi), all’epoca chiuso per le restrizioni anti-Covid. La ricerca di Oldani sul pane è però di lunga data, anche se nell’ultimo anno, rivela, ha continuato la ricerca sui grani e sulle forme. E se prima al D’O c’era un solo pane per tutte le portate, oggi la gamma comprende 4-5 tipologie diverse, studiate in abbinamento al tipo di portata, perché pane e derivati arrivano in tavola solo per accompagnare i piatti a base di proteine, come carne, pesce o formaggio, per un discorso di equilibrio nutrizionale all’interno dei pasto.

A ciascuno il suo

Così, per esempio, con il pesce vengono serviti grissini molto sottili. Al formaggio vengono abbinati grissini più piccoli con cacao e zucchero.

Il pane eventualmente avanzato viene regalato ai clienti che ne fanno richiesta. A breve, verrà introdotto un piccolo carrello per tagliare le pagnotte di fronte al cliente. «Facciamo un pane che ha un’umidità dell’80%, mi piace sia morbido all’interno e con una crosta croccante», racconta lo chef. Inoltre, nel 2022 è in progetto un laboratorio in cui lavorare tutti prodotti a base di farine e che sfornerà pane, grissini, frolle e sfoglie salate.

3Giubbani e il pane "ragionato"

Jorg Giubbani, chef del ristorante Orto by Jorg Giubbani, di Moneglia (Ge), prepara di persona il pane tutti i giorni: «Perché richiede tempo, dedizione, rispetto di schemi precisi», dice. Anche nel suo caso, la pausa forzata della primavera 2020 è stato il momento per riflettere su come dare un’attenzione maggiore alla preparazione e alla presentazione del pane. La sua ricerca è partita dalla sperimentazione del metodo di panificazione più adeguato ai suoi scopi, con farine di qualità e fermentazione naturale.

Oggi, Giubbani propone il pane come una portata che ha il suo posto nella successione degli elementi del pasto. La prima tipologia arriva in tavola subito dopo il benvenuto dello chef. Si tratta di una pagnotta fatta con farine di grani antichi della Lunigiana e farine biologiche del Basso Piemonte, lievitata per 20 ore, servita ancora tiepida («in modo che in bocca si abbia un’esplosione di sapori data dalla qualità della farina») e accompagnata da olio Evo ligure bio e burro di malga montato con sale Maldon. La pagnotta è tagliata a spicchi, ma il taglio non arriva fino in fondo, per dare modo ai commensali di spezzare il pane, un gesto quasi rituale «che piace ai nostri ospiti – sottolinea Giubbani -, perché nel frattempo spieghiamo com’è fatto, quali ingredienti sono stati usati. È giusto dare attenzione al pane e far capire quant’è la cura che dedichiamo anche a questo prodotto».

Fugassa e grissini

La seconda tipologia di lievitato ad arrivare in tavola è la fugassetta genovese, anche questa divisa in spicchi, aromatizzata in modo diverso ogni anno. Nel 2021, per esempio, era insaporita con acqua fermentata alle erbe liguri (timo, maggiorana, salvia, rosmarino). E poi grissini al burro di malga stirati a mano, molto friabili. Come rimpiazzo, vengono servite delle “ciappe” (tegole, in dialetto locale)  a base di farina di ceci, sorta di cracker sottili tipici della Liguria. «Cerchiamo di trasmettere il territorio anche attraverso il pane», dice Giubbani. Il pane avanzato è riutilizzato in cucina, in un’ottica di sostenibilità, per esempio, per preparare una gelatina agrodolce di pane raffermo che entra nel piatto Rebus di barbabietola; oppure per fare una panzanella o ancora per ricavare un pane croccante con cui finire gli spaghetti con acciughe e limone.

4I due pani di Canzian

Per Daniel Canzian, chef patron dell’omonimo ristorante milanese, il pane è un elemento basilare della nostra cultura gastronomica. Però oggi la sua presenza in tavola va “ragionata”. Si tratta di un carboidrato complesso, che va trattato non più come elemento complementare del pasto, ma come portata a tutti gli effetti, sia «per dargli la dignità che merita», sia per inserirlo in un percorso nutrizionale equilibrato.

Da Canzian si servono due tipi di pane: un pane sfogliato al burro con farina di mais, portato come benvenuto e non rimpiazzato; e la pagnotta di pan marchigiano, a lievitazione naturale, con farro e farine integrali, portato in tavola in un secondo momento e che accompagna il resto del pasto. Il pane viene fatto dal pasticciere del ristorante e la produzione giornaliera ammonta a 60-100 pani sfogliati e a una quindicina di pagnotte da mezzo chilo.

Anche per l'asporto

«Molti clienti ci chiedono di portarlo a casa o di comprarlo, anche perché si conserva bene per qualche giorno. Per questo abbiamo deciso di metterlo anche in vendita sul nostro sito e-commerce», dice Canzian. Il pane sfogliato, insieme a burro e pasta di arance arrosto, è proposto anche nel menu breakfast del mattino Standing Ovation. Quel poco di pane che avanza non viene buttato, ma serve per preparare il cappuccino di pane, ispirato alla panada veneta e accompagnato a cappesante e cannolicchi, che è il benvenuto inserito nel menu degustazione Alta cucina veneta.

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