Il riso degli chef: dai risotti ai piatti che non ti aspetti

riso
Chips croccante di riso con spuma di Gorgonzola e sedano, piatto creato dallo chef Antonino Cannavacciuolo per il Consorzio Gorgonzola Dop
La varietà di riso sul mercato sono in crescita, così da soddisfare i più diversi stili di cucina. Ridotto in fogli o in chips, in stile orientale o fumè, ecco cosa bolle in pentola

La famiglia del riso è grande e continua ad allargarsi. Accanto alle innumerevoli varietà italiane per risotto, minestre e insalate di riso, negli ultimi decenni abbiamo imparato ad apprezzare varietà tipiche della cucina orientale, come basmati, riso da sushi o riso rosso. Con l’ibridazione, i coltivatori italiani hanno ottenuto, tra gli altri, Venere, Artemide ed Ermes. Sul mercato si sono di recente affacciati il riso arancione e il riso viola.
Sotto l’ombrello del riso ricadono anche graminacee che botanicamente riso non sono ma, per affinità, così li definiamo, come il riso selvatico, originario del Nord America.

Il riso di Pietro Leemann, un piatto tutto vegetale

Alla ricchezza varietale dobbiamo aggiungere la straordinaria versatilità di questo ingrediente. «Il riso è un grande ponte tra culture diverse perché, pur avendo iniziato a essere coltivato in Estremo Oriente, è un cereale che ha saputo spostarsi ed è la base di molte cucine - afferma Pietro Leemann, chef patron del Joia di Milano, il primo ristorante vegetariano in Europa a ricevere la stella Michelin -. È per questo che i miei risotti li chiamo sempre l’Ombelico del mondo. In Occidente si tende ad aggiungere gusto attraverso elementi che rendono il riso più goloso e rotondo oppure danno contrasto. In Oriente invece si punta sul non-gusto, sulla purezza, che è anche un valore: cotto senza sale, a lungo, il riso è quasi un elemento immateriale, sacro come da noi il pane». Il riso di Leemann da anni è vegetale: non usa burro né formaggio. «Ma le persone nemmeno se ne accorgono perché lavoro sulla cremosità e sui contrasti di gusto». Il suo punto di partenza è una riflessione sul risotto tradizionale, che è agrodolce: difatti viene sfumato con vino (acido), mantecato con formaggio (sapido) e burro (dolce). «Io accentuo la parte acida, per esempio con succo di limone o estratto di arancia, che poi bilancio con elementi dolci, come lo sciroppo d’agave. Insomma, enfatizzo sia la parte acida che quella dolce», spiega. Per la cremosità, usa creme vegetali (di asparagi, zucca, sedano rapa ecc.) che cambiano con la stagione. «Così il riso rimane sempre fluido e all’onda».
Il riso preferito di Leemann è il Carnaroli, cui è affezionato da quando lavorava nelle cucine di Marchesi e che oggi si procura da un piccolo produttore che coltiva con metodi “più che biologici”. Il risultato è un riso che costa 7,50€ al kg, ma, dice Leemann: «La tendenza è quella di puntare sulla qualità invece che sulla quantità: servendo porzioni di 40 g a cliente, il prezzo varia di 20 centesimi al piatto, ma si serve un riso di alta qualità». Leemann ama usare anche altri risi, come il Venere («Lo cuocio a pressione e lo uso per fare tortini», dice) o il basmati, che cuoce all’orientale e poi, per esempio, condisce con pistilli di zafferano e aneto, “come in Persia” e lo accompagna a pietanze cremose, per esempio una dadolata di porcini.

Le scelte di Claudio Sadler

Anche nelle cucine di Claudio Sadler, dell’omonimo ristorante milanese e della trattoria moderna Chic ‘n Quick, accanto alle classiche varietà italiane trovano spazio altre tipologie di riso. «Il Venere - racconta lo chef - è ottimo per piatti unici. Si può fare una base che ha una certa compattezza e condirla con verdure o una salsa di pesce. Lo si può utilizzare anche come se fosse un elemento di completamento oppure per fare crocchette di riso». Sadler usa anche il riso selvaggio, che rimane sempre sgranato ed è molto saporito. «Lo usiamo per esempio per un piatto con gamberi o astici, condito con un fondo di cottura tipo bisque», dice. Il basmati è molto usato da Sadler nella trattoria per i piatti unici del pranzo, conditi per esempio con gamberi, verdure, salsa al curry, banana e mandorla. «Il riso rosso - continua lo chef - ha una compattezza particolare, non sgrana e lo usiamo per una macedonia di verdure condita con salse diverse, come quella di peperoni o di finocchio». Il riso pilaf si presta a insalate di verdure o pesce, anche se, come confessa Sadler, a lui piace usarlo per la paella.

Cannavacciuolo, Marziale e gli altri

Lo stesso vale per Antonino Cannavacciuolo, che non si limita a proporre solo classici risotti, per quanto creativi. Per esempio, un piatto ideato dallo chef di Villa Crespi di Orta San Giulio (No) per il Consorzio del Gorgonzola Dop contempla chips croccanti di riso accompagnate da una spuma al gorgonzola e sedano (nella foto).

Continuando a scendere la penisola, troviamo Rosanna Marziale, de Le Colonne Marziale di Caserta. Per la chef campana, una delle caratteristiche interessanti del riso è la sua capacità di mescolarsi ad altri ingredienti arricchendosi di sapore nel processo. Il suo Rosso San Marzano, per esempio, è un risotto mantecato con latte di mozzarella di bufala, servito al piatto con al centro un pomodoro San Marzano intero e completato con una crema di basilico ed erbe aromatiche.

La chef non sempre ha risotti in carta. Nonostante questo, utilizza il riso abitualmente per preparazioni originali. Un esempio è Grigio Perla, una formella di ricotta ricomposta e farcita di risotto al nero di seppia. Oppure per il sartù di riso, ricetta tipica della tradizione napoletana, che in inverno propone farcito con mille cose, a seconda della stagione. Il riso è usato da Marziale come farcitura anche nella Palla Thai, ripiena di spaghetti di riso conditi con latte di cocco, funghi, curcuma e curry. Oppure nella palla di mozzarella ripiena di arancino, in cui il tradizionale arancino siciliano viene, per così dire, rivoltato.

Proprio l’arancino ci porta a Taormina, in Sicilia, dove Pietro D’Agostino, chef patron del ristorante La Capinera, fino a qualche mese fa aveva in carta un arancino di riso Artemide con ragù di mare. «Amo il riso e nei miei menu non manca mai - rivela lo chef -. Anticamente in Sicilia se ne produceva tantissimo. Ora, qualche piccolo produttore ha ricominciato a coltivarlo, soprattutto la varietà Roma, usata per arancini e timballi». In carta D’Agostino ha un riso Artemide con seppioline, polpa di granchio e crema di fiori di zucca. «Vuol essere un risotto - dice - ma non è mantecato in modo tradizionale, bensì con crema di patate cotte sotto la cenere, che danno una nota affumicata. Inoltre, i chicchi di Artemide rimangono sgranati. È un riso che dà al palato un’emozione diversa rispetto al classico risotto». Con l’Artemide D’Agostino ricava anche una cialdina per un dessert composto da mousse di cioccolato bianco e curcuma.

Vinod Sookar, che con la moglie Antonella Ricci è chef del ristorante Al Fornello da Ricci di Ceglie M. (Br), illustra un altro modo di usare l’ingrediente. Dei fogli di riso, tipici della cucina asiatica, che avvolgono le verdure che fanno parte del piatto Gusto Mediterraneo, presentato alla Bonaventura Maschio Pairing Challenge: triglia farcita di mandorle e racchiusa in alga nori, polpa di gamberi e bisque di crostacei. Di fatto, un ponte tra Oriente e Occidente.

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