Tutto il sapore baccalà. Cos’è e come si riconosce il merluzzo conservato sotto sale

Riso, barbabietola, birra e baccalà di Alberto Basso.
Riso, barbabietola, birra e baccalà di Alberto Basso.

Un po’ di chiarezza a scanso di equivoci linguistici. In Italia la parola “baccalà” viene utilizzata per indicare il merluzzo conservato sotto sale, mentre con la parola “stoccafisso” (con le varianti dialettali “Stocco” e “Pescestocco”) si indica il merluzzo conservato per essiccamento al vento. Nel Triveneto, però, con la parola “baccalà” si indica lo stoccafisso mentre il baccalà salato è chiamato “Bertagnin”. Quindi il celeberrimo Baccalà alla vicentina, in realtà, è stoccafisso. Ulteriore confusione linguistica può nascere in Lombardia dove con il termine “merluzzo” si indica sia il baccalà sia il pesce fresco. Sia come sia lo stoccafisso è prodotto da secoli nell’estremo Nord Europa, in particolare nelle isole Lofoten, ma furono i pescatori Baschi a ideare la conservazione sotto sale. Entrambi i prodotti erano una scorta ideale per le lunghe traversate perché alimenti durevoli, poco pesanti, ben stivabili, nutrienti e di ottimo sapore.

A colpo d'occhio

Tornando al giorno d’oggi, al momento di scegliere il baccalà sotto sale va tenuto conto che il pesce intero non deve essere più corto di 40 cm e avere uno spessore di almeno 3 cm nella parte centrale. La pelle deve essere chiara, la polpa morbida, elastica, traslucida di colore bianco, non giallastro. Il candore esagerato non è tuttavia un buon segno perché indica un trattamento sbiancante a base di calce. Il baccalà è anche venduto in filetti già diliscati. Sono un prodotto buono e di impiego più semplice.

Come si prepara
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Polpette di baccala con i cannellini. A fondo pagina la video ricetta con Roberto Carcangiu

Dopo l’acquisto e prima della cottura, il baccalà deve essere dissalato per 48 ore dentro una bacinella di materiale non aggredibile dal sale, colma di acqua. L’acqua va cambiata più volte, l’ideale sarebbe farla scorrere a filo per tutto il tempo, ma è un metodo non sempre facile da realizzare e soprattutto poco rispettoso dell’ambiente. Il consiglio è di cambiare l’acqua ogni 2 ore per le prime 24 ore e ogni 4 ore per il giorno successivo. Ogni 8 ore se ci fosse bisogno di un terzo giorno di ammollo.  L’indicazione di 48 ore, infatti, è orientativa perché il baccalà non è tutto uguale, tanto che è consigliabile assaggiarlo. Poiché la superficie è sempre più insipida della parte centrale, per testare l’avvenuta dissalatura conviene assaggiare un piccolo fiocco di polpa prelevato nella profondità della parte più spessa.

Leggere sempre l'etichetta

Chi compra il baccalà salato avrà fose notato che sull’etichetta di alcune confezioni è riportata la dicitura “Brosme” oppure “Molva”. In realtà, quando si trovano queste diciture, non si tratta di vero baccalà, ma di un prodotto simile e di minore pregio gastronomico. La denominazione “Baccalà” è riservata alle specie Gadus morhua e Gadus macrocephalus (nel nostro caso salati e stagionati).

Per l’utilizzatore non esperto è difficile distinguere a occhio un tipo di filetto dall’altro. Quindi, per non avere  problemi è meglio acquistare prodotti confezionati ed etichettati. Oltre agli ingredienti, alla data di confezionamento e di scadenza, una buona etichetta deve riportare il nome scientifico del pesce (in questo caso il Gadhus morhua) e la zona di cattura Fao (es: n°27, corrispondente all’Atlantico nord-orientale).

Se invece il baccalà viene comprato sfuso al mercato o dal pescivendolo ci si dovrà fidare del rivenditore.

 

Qualche ricetta con il baccalà? Clicca qui per vedere un'idea di Roberto Carcangiu

 

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