A volte ci sono posti che funzionano per un’idea fuori dagli schemi e ci sono luoghi in cui l’essere vincenti deriva da un altro fattore, semplice a dirsi, quanto difficile da mettere in pratica: l’armonia. Da Gurdulù, a Firenze, è così: equilibrio perfetto tra le due proposte - ovvero cocktail bar e ristorante - che scorrono parallele e sono uno la forza dell’altra.
L’idea è di 5 giovani imprenditori, alcuni dei quali da anni nel mondo della ristorazione e del vino. «Volevamo dar vita a un posto sempre in movimento, per questo abbiamo pensato di creare un locale che fosse un mix tra un american bar e un bistrot parigino». A raccontarci questa impresa, iniziata pochi mesi fa, è Michele Di Cataldo, uno dei soci che da anni lavora come responsabile commerciale per una grande azienda vinicola toscana.
Gurdulù è vicino a una delle piazze più movimentate di Firenze, piazza Santo Spirito. È aperto solo la sera e in pochi mesi è riuscito a ritagliarsi una clientela abituale importante, verso la quale sono rivolte alcune attenzioni, come il cambio del menu ogni due mesi e una carta dei vini camaleontica.
Il bar, in mano alla giovane barman Sabrina Galloni, propone cocktail sia tradizionali, sia rivisitati (come ad esempio il Bloody Mary con olio extravergine pugliese e gin toscano), sia innovativi. Solo spirit premium e una selezione di gin notevole per numero e qualità: sono una trentina e cambiano spesso, specie quelli meno noti. «Mi piace proporre ai miei clienti cose nuove - spiega Michele - e per questo sono sempre alla ricerca di gin, che al momento, restano ancora i più richiesti. Cerco, in particolar modo, piccole produzioni, di nicchia e con stili diversi. La metà dei cocktail che proponiamo sono proprio a base di gin».
Da Gurdulù non esiste l’aperitivo a buffet, né tanto meno noccioline o patatine. Ad accompagnare i drink ci sono le tapas che nascono dalla collaborazione tra Sabrina e la chef Entiana Osmenzeza, che insieme creano abbinamenti accattivanti. Le tapas (all'italiana, però) sono uno sguardo a un passato che non si può scordare, solidi evergreen come il vitel tonné, la panzanella e l’insalata russa. «Non proponiamo il classico aperitivo perché l’intento è di selezionare la clientela e cercare di avere nel locale persone che vogliono bere bene e sanno godersi un drink, anche da solo. Inoltre vogliamo che il food, nel caso, provenga solo dalla cucina. Così invogliamo le persone che hanno apprezzato le tapas a restare a cena».
Altro punto di forza del locale, oltre alla qualità dei cocktail, è la carta dei vini: sono circa 300 le referenze, metà delle quali francesi, mentre l’altro 50% parla italiano. La selezione delle etichette è opera di Michele, grande appassionato di vini francesi. «Abbiamo cercato di creare una carta diversa da quelle che si trovano in città e alternare aziende più conosciute ad aziende meno note. Queste ultime variano spesso, mentre i blasonati restano quasi in pianta stabile». La lista degli Champagne è la gioia degli amanti delle bollicine francesi, che possono orientarsi tra diverse fasce di prezzo che accontentano proprio tutti. La scelta al bicchiere è minima, ma ben calibrata, con 3 bollicine, 3 bianchi e 4 rossi.
Se in sala sono i soci ad avere voce in capitolo su tutto, in cucina lo scettro è nelle mani della chef Entiana Osmenzeza, che di esperienza ne ha da vendere. Il menu non vede antipasti, primi e secondi, ma è diviso in menu degustazione, cui si affiancano quelli “Stato puro, tradizione e territorio” - in cui Entiana si fa ispirare dalle tradizioni nazionali e non - e “Oggi al mercato”, in cui dà più spazio ai prodotti migliori dei suoi fornitori abituali, prediligendo la stagionalità e il buon rapporto qualità/prezzo.
La sua è una cucina schietta, immediata, senza fronzoli, sia per ciò che riguarda le preparazioni, in cui tende a utilizzare pochi ingredienti, sia nelle presentazioni, lineari, curate ma senza esagerare con manierismi estetici.
Il pane merita un discorso a parte: il lievito madre è quello scelto da Entiana, per il suo saper dar vita a prodotti che meglio si conservano, dalla crosta più croccante e dalla mollica estremamente soffice. Le farine sono del mulino Parri macinate a pietra, grazie alle quali sforna, ogni giorno, due tipologie di panini: bianchi e con avena oppure orzo, a seconda della disponibilità. Anche la pasticceria è opera di Entiana, che ci tiene a sottolineare quanto i suoi dessert siano realmente dei dolci, a base di zucchero, uova, farina, panna, che firmano un finale di sostanza e non di semplice apparenza. Dei dolci, se vogliamo, alla vecchia maniera, in cui la componente zuccherina siede sul trono.