Da Mastro Casaro il formaggio è davvero “di casa”

Formule –

Aperto un anno fa a Sesto San Giovanni, il locale ha riscosso un successo immediato. Driver? La produzione dei latticini a vista

Trattoria con gastronomia e caseificio con produzione propria o caseificio con vendita diretta e ristorante degustazione annesso? Quale definizione si adatta meglio a un luogo che produce da sé mozzarelle e burrate pugliesi che poi vende nell’adiacente gastronomia, ma che dal caseificio trae anche i prodotti offerti ai clienti del proprio ristorante?
Sia come sia, il Mastro Casaro è tutto questo, ovvero caseificio, gastronomia e ristorante. E la cosa strana, se così si può dire, è che il paesaggio circostante non è quello agreste della campagna meridionale, ma il trafficato centro urbano di Sesto San Giovanni, città ai confini di Milano che tutto ha tranne che un aspetto rurale.

Aperto nel maggio di un anno fa, il Mastro Casaro è stato concepito da Stefania Minerva e soci (la sorella Silvia e Andrea Mignarri) anche grazie a una chiacchiarata che Stefania ebbe qualche anno fa con Andrea Brandonisio che a Gioia del Colle (Ba) produce, e non è un caso, mozzarella e altre prelibatezze a marchio Gioiella.
«Da quella chiacchierata - spiega Stefania - è nata una collaborazione che prosegue ancora oggi sia per la consulenza che Brandonisio ha messo e mette nella parte casearia dell’attività sia perché Gioiella ci fornisce dai 25 ai 50 chili di cagliata al giorno che poi noi trasformiamo in mozzarella e altro. Circa il 50% dei formaggi che proponiamo infatti sono prodotti dirtettamente da noi».

Una "piazza" difficile
Il bacino di utenza
Sesto San Giovanni non è una piazza facile nel panorama ristorativo del grande hinterland milanese e Stefania Minerva ne è consapevole. Per anni, la città è stata un luogo di passaggio o di residenza e non molto di più.
Ora qualcosa sta cambiando e Mastro Casaro è uno dei, non molti per la verità, buoni indirizzi che si trovano in città. «Abbiamo scelto Sesto ponderando bene i motivi di tale decisione - dice Stefania -. Intanto non volevamo gravarci dei costi tipici di un centro città come Milano. Poi Sesto ha comunque un bacino di potenziali clienti molto ampio. La città conta 90mila abitanti e qui hanno sede molte piccole e grandi aziende. E poi volevamo partire con calma. Visto il tipo di attività un po’ particolare, la dimensione contenuta (solo una quarantina di coperti) ci permette di migliorare giorno per giorno e soprattutto tenere alta la qualità di tutto ciò che offriamo». E così il successo è arrivato in fretta.

Maestro casaro a vista
La curiosità è stata la prima arma sulla quale si è giocato per attrarre i clienti. L’attività del casaro, un vero e proprio casaro sia chiaro, è visibile dalla strada grazie un’ampia vetrina e probabilmente questo ha attratto i primi clienti entrati per assaggiare le mozzarelle Made in Sesto e poi “trasferitisi” ai tavoli del ristorante.
Altri motivi? Innanzitutto la gestione oculata, sia delle materie prime sia del personale. «Il vantaggio di offrire ai clienti del ristorante prodotti di nostra produzione - spiega Stefania - è evidente. E poi abbiamo cercato di contenere i costi del personale razionalizzando i tempi e il lavoro di ognuno. Siamo in sette e ognuno di noi, a seconda dei momenti della giornata, ha i suoi compiti».

Abbattere i tempi morti
Qui, in pratica, gli orari sono scanditi in modo preciso. Ovvero, il locale apre dalle 9 della mattina a mezzanotte. Si parte con delle colazioni dedicate, vista l’ora, a una fascia di clienti non certo oppressa dagli orari di entrata in ufficio, si prosegue con la vendita del negozio e si arriva a mezzogiorno quando i tavoli sono pronti per la pausa pranzo che dura fin verso le 15. Si ricomincia subito con mozzarelle e burrate per i clienti che si fermano per far provviste per casa e verso le 19,30 si parte con la cena. Tempi ben scanditi e senza momenti morti all’interno dei quali il personale passa dalla gastronomia alla sala o alla cucina del ristorante.
Insomma, ogni minuto della giornata è utilizzato al 100%. «Gli addetti - dice Stefania - sono gli stessi, nel senso che non c’è chi fa solo il cameriere o solo il banconista. Ognuno si sposta, a seconda degli orari, dal negozio al ristorante. Questo permette un notevole risparmio di personale, una voce molto importante sul bilancio di un locale».
Prossimi passi? «Stiamo pensando a Milano -. Dice Minerva - e poi chissà. Magari anche arrivare al franchising, perché no?».

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