Tra gli chef più famosi del mondo, Heston Blumenthal è uno dei più discussi. La sua cucina estrema, che lo porta a destrutturare gli alimenti in un tripudio di spume e creme, divide i giudizi e, in più di un caso, ha anche provocato spiacevoli inconvenienti ai suoi ospiti, tanto che il suo ristorante storico, The Fat Duck a Bray, è perfino stato chiuso due volte. Circostanze che non hanno impressionato la Guida Michelin, la quale continua imperterrita ad assegnargli tre stelle. Su una cosa però non si discute: il gusto di Blumenthal nel creare una speciale atmosfera nei suoi ristoranti. La recente apertura a Melbourne di Dinner by Heston, il suo primo locale fuori dal Regno Unito, lo conferma. Un ambiente di lusso in cui le luci sono probabilmente la parte più importante. Tanto che lo stesso chef ha definito l’illuminazione «la più bella che abbia mai visto in un ristorante». Gli effetti di chiaroscuro cercati nella sala, con luci basse ma una perfetta illuminazione sui tavoli, giocano con il contrasto della cucina vividamente illuminata, che spicca come un quadro vivente in cui la brigata si muove con mosse calcolate.
La difficoltà è stata evidenziare l’ambiente facendone spiccare la luce ma, al tempo stesso, non eccedere con l’illuminazione interna per dare agli chef l’esatta percezione dei colori, evitare abbagliamenti che possono disturbare e stancare moltissimo e creare, in definitiva, un ambiente di lavoro confortevole. Un perfetto equilibrio, insomma, tra esigenze scenografiche e tecniche.
L’esempio di Dinner by Heston è emblematico di come dovrebbe essere studiato il progetto di illuminazione di un ristorante, che deve tenere conto sostanzialmente di 4 aspetti: la luce in cucina, calibrata per non affaticare chi ci lavora e per restituire con precisione i colori del cibo in pentola e nel piatto; la luce sul pass, che deve essere la più realistica possibile, per consentire un controllo della qualità finale non viziato da ombre o tonalità strane; la luce in sala, che deve essere di atmosfera e coordinata con l’arredo e l’impostazione del locale e, infine, la luce sul tavolo o meglio sui piatti, che deve ricreare per l’avventore le stesse condizioni con cui lo chef ha visto per l’ultima volta la sua creazione e ha dato l’ok per il servizio.
La vera rivoluzione nel settore dell’illuminotecnica che ha reso possibile ottenere risultati ottimali in tutte le funzioni che la luce deve svolgere in un locale sono i Led, diodi a emissione di luce. Fino a qualche anno fa la loro tecnologia non consentiva di realizzare corpi illuminanti. «Oggi - dice Gianni Forcolini, architetto e designer, docente di Progettazione illuminotecnica al dipartimento di Design del Politecnico di Milano - hanno raggiunto un rendimento elevato, fino a 160 lumen/Watt, oltre 10 volte quello di una lampada a incandescenza. Di pari passo si sono ridimensionati molto i loro prezzi, che si sono ridotti del 30% negli ultimi due anni e sono scesi al di sotto dell’euro per una sorgente luminosa Led che produce 1.000 lumen. La loro vita stimata è tra le 40.000 e le 50.000 ore». Forcolini ha fornito questi dati lo scorso ottobre alla fiera Bi.Mu di Milano, occasione nella quale ha presentato il suo libro “Led e Oled - Le nuove tecnologie al servizio del lighting design” (Ed. Delfino, 180 pp., 22 euro). «La diffusione dei Led è in continua crescita - osserva Forcolini - e in Europa è arrivata a coprire il 40% del mercato nel settore professionale».
I Led sono sorgenti luminose che consentono una grande varietà di soluzioni. Possono essere utilizzate per dar vita a lampade con attacchi a vite del tutto simili a quelle tradizionali, ma anche per realizzare soluzioni in grado di rompere totalmente con la tradizione, come quella da poco introdotta da iGuzzini, la Laser Blade xs, una sorgente Led talmente piccola, appena 28 mm di lunghezza, da poter essere incassata nei muri o nei soffitti e dare l’idea che la luce scaturisca direttamente dalla materia solida, dall’intonaco, come attraverso una fenditura. Soluzioni di questo tipo consentono ai lighting designer di utilizzare anche decine di queste sorgenti per creare gli effetti voluti, mentre il Led permette un controllo così preciso della tonalità e della qualità della luce da simulare in tutto e per tutto il “colore” delle radiazioni solari.
I Led sembrano dunque la soluzione definitiva ai problemi di illuminazione dei luoghi tecnici dei ristoranti, che per decenni le lampade tradizionali (es. neon, alogene ecc.) non sono mai riuscite a risolvere. I neon, per esempio, sono soggetti a un effetto di “sfarfallamento” che può stancare gli addetti senza che se ne rendano conto e forniscono un’illuminazione innaturale, soprattutto nei luoghi senza apporto di luce naturale. Le alogene scaldano molto, al contrario dei Led, e tendono a incidere sul comfort termico di ambienti già di per sé soggetti all’apporto di varie fonti di calore.
L’installazione di un gran numero di sorgenti luminose, consentito dai Led, genera però altri problemi, fra cui quello del controllo di un grande numero di lampade, in luogo delle poche delle fonti luminose tradizionali.
Questo comporta un’attenta progettazione dell’impianto e dell’elettronica di controllo, con l’impiego di dimmer che consentono di regolare le intensità luminose e perfino di memorizzare le varie impostazioni nell’arco della giornata. Dunque, se i Led da un lato semplificano la soluzione dei problemi di illuminazione delle varie zone, per contro introducono una complessità nel progetto che non ammette il ricorso a soluzioni “fai-da-te”, ma chiede l’apporto di professionisti dell’illuminotecnica.