Pizze gioiello da degustare

Formule –

La Fucina di Roma ribalta le regole della pizzeria. Niente ritmi da fast food, qui si viene per godere di un’autentica esperienza sensoriale. Grazie alle scelte di Edoardo Papa

Le pizze sono guarnite come fossero piatti, con varietà e qualità della materia prima: dall’impasto di lievito madre e farine bio macinate a pietra fino alle alici di Cetara a crudo, alla mozzarella di bufala appena scottata, alle mostarde di pere e mele o alla groppa di Cinta Senese. Tutto sulla pizza, in versioni creative o in classici rivisitati nello stile molto personale di Edoardo Papa, 53 anni, romano di origini ciociare, fino a pochi anni fa imprenditore delle telecomunicazioni, ma dal 2009 chef-pizzaiolo a La Fucina. Il coronamento di un sogno e di una passione a lungo coltivata da autodidatta. Oggi il suo locale di Roma, gestito con la moglie Emanuela, può permettersi, fatto incredibile per una pizzeria, di rimanere chiuso il sabato sera. «Abbiamo deciso così - spiega Papa - per dedicare l’intero sabato alla famiglia e ai nostri figli. Questa scelta non ci ha penalizzati».

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In effetti il lunedì e il martedì, i giorni più tranquilli, fanno almeno 40 coperti; il resto della settimana, invece, il tutto esaurito di prenotazioni. Il segreto di questo successo è semplicemente la pizza, un alimento che resiste meglio alla crisi permettendo al consumatore di cenare fuori senza svenarsi. Ma a La Fucina non è la convenienza ad attirare le persone - qui si paga in media il 30-40% in più - ma la qualità delle pizze.
Interessato alla sperimentazione, Papa interpreta la pizza in chiave gastronomica. Più che un pizzaiolo è uno chef che la usa come base delle sue preparazioni, idee, gusti e intuizioni. Creatività e tradizione in 25-30 ricette, una decina fisse: pizze di mare, pizze di terra e classici alla “nostra maniera”. In quelle di mare, per esempio, il pesce è sempre accompagnato da un prosciutto, un lardo o un formaggio. Come nella Gamberi rosa sgusciati crudi con fiori di zucca, un po’ di mozzarella di bufala e lardo di cinta Senese.
L’impasto e la scelta di ingredienti di qualità accomunano tutte le proposte. Il lievito madre discende dall’impasto che utilizzava la nonna ciociara per fare il pane in casa, recuperato attraverso alcune famiglie di Viticuso, nel frusinate, dove ancora oggi si continua a fare. È un lievito madre rigenerato e impastato con farine biologiche Pan di Sempre del Mulino Marino (grano tenero, farro, Enkir) macinate a pietra naturale, senza glutine e miglioratori; e lavorato senza abbattitori di temperatura né celle di lievitazione. Il “reparto” impasti e forno a legna è gestito dal figlio Federico e dal pizzaiolo egiziano Mamoud.

Cucina in prima linea
Normalmente in pizzeria l’ordine arriva dal tavolo al forno. A La Fucina, invece, la comanda è trasmessa dal cameriere alla cucina: qui Papa prepara la guarnizione, decidendo gli abbinamenti e solo quando è pronta manda l’ordine in pizzeria. Dove avviene la cottura a legna, ma in modo mirato per mantenere distinto ogni sapore.
Le pizze non sono mai cotte insieme agli ingredienti. La base è sempre infornata da sola nei minuti iniziali, con tempi variabili da pizza a pizza. Per esempio nella Funghi, pistacchi e mortadella, la base è cotta da sola per 4 minuti, poi esce dal forno e viene guarnita per tornare in cottura per altri 4 minuti. La Margherita viene cotta al 70% del tempo senza guarnizione fino a farla diventare leggermente croccante e impermeabile in superficie. Uscita dal forno a legna viene guarnita con polpa di pomodoro e infornata ancora fino al 90% della cottura. A questo punto esce di nuovo per l’aggiunta di mozzarella e poi reinfornata per una manciata di secondi, quanto basta alla mozzarella per scaldarsi appena. Per la Napoli sono aggiunte a crudo le alici di Cetara.
I tempi di servizio (20-25 minuti) variano a seconda del tipo di pizza e dell’affollamento del locale. Normalmente i clienti trascorrono nel locale due ore per una vera degustazione di pizze, che non sono mai servite insieme, ma una dopo l’altra e già tagliate in 4-8 fette, per permettere di condividere scelte e sapori. «Volutamente non spingiamo sulla rotazione dei tavoli bensì sull’esperienza di degustazione - sottolinea Papa -. Quando il locale è tutto prenotato è finita e basta».

Meglio il vino della birra

Sul versante del beverage troviamo birre artigianali di 6 diversi produttori, come la Zago o la Prata, ma anche 25-30 vini italiani, alcuni al calice. Mediamente ogni 100 clienti 20 optano per il vino. A La Fucina stanno per introdurre una lista di Champagne, Riesling e qualche chicca nazionale, convinti che il vino superi di gran lunga la birra. «Almeno con una pizza come questa», garantisce il patron.

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