Un grande futuro per gli “altri” cereali

Tornano sulle tavole orzo, farro, segale, avena, miglio e i cosiddetti grani antichi, varietà spesso abbandonate perché poco produttive, ma ottime in tavola. Alcuni chef ci raccontano come

Da qualche anno si assiste alla  riscoperta dei cosiddetti cereali “minori” come orzo, farro, segale, avena, miglio, sorgo. Sono tornati sulle nostre tavole anche i “grani antichi”, varietà arcaiche di frumento passate in secondo piano nel secolo scorso a favore di cultivar selezionate per essere sempre più produttive e redditizie. La ricerca di alternative gluten-free ha inoltre portato a rivalutare il grano saraceno  delle nostre montagne e a conoscere e apprezzare “falsi cereali” che arrivano da lontano come, per esempio, quinoa, chia, acacia o amaranto.

Per chi lavora in cucina, il recupero di antichi prodotti locali e la possibilità  di sperimentare consistenze e sapori inediti è altrettanto importante delle proprietà organolettiche che fanno dei cereali alternativi, ingredienti molto gettonati dalla contemporanea cucina del benessere.

 

1Alessandro Gilmozzi, del ristorante El Molin di Cavalese (Tn)

«Usiamo orzo, farro, segale e grano saraceno perché sono tipici della nostra zona - afferma Alessandro Gilmozzi, del ristorante El Molin di Cavalese (Tn)».

Per il piatto Riso, segale e betulla, che contiene riso e segale in parti uguali, lo chef fa germinare i chicchi di segale bio per ammorbidirli e renderli più teneri, quindi li cuoce come un risotto e li aggiunge al riso, che apporta la componente amidosa, mentre la mantecatura con gelato al lievito madre di segale ricorda il caratteristico sapore del pane di segale. Completano il tutto uova di trota marmorata, che sostituiscono il sale, e polvere e germogli di betulla per la parte vegetale.

Orzo, farro e grano saraceno entrano anche in diverse preparazioni di pasticceria, per esempio nel rumtopf di pasta di farro “cotta” in alcol (uno sciroppo di sambuco e rum) per 15 ore, servito con gelato di mele e patate ed Evo emulsionato con essenza di orchidee e frutti rossi. Con segale e grano saraceno, oltre a fare il pane, Gilmozzi produce birre (insieme al fratello).

2Alfio Ghezzi del Senso di Rovereto (Tn)

Sempre in Trentino, Alfio Ghezzi del Senso di Rovereto utilizza l’orzo in sua versione alleggerita dell’orzotto (o orzetto), la minestra tipica tradizionalmente preparata con cotiche e/o zampetti di maiale, latte, formaggio per mantecare.

«Per ridurre l’apporto grasso senza compromettere il sapore usiamo la pancetta al posto della cotenna», spiega lo chef. Ma nei piatti di Ghezzi non ci sono solo ispirazioni nate dalla tradizione locale. Per esempio, la polvere di orzo tostato (quello usato come surrogato del caffè) viene usata in piatti a base di trota o salmerino marinati «per attenuare la sensazione di crudo del pesce».

La scorsa Pasqua, Ghezzi ha anche “trentinizzato” la pastiera napoletana sostituendo il grano con l’orzo e l’acqua di fiori d’arancio con una crema inglese aromatizzata al tè Earl Grey, dove è il bergamotto a dare la nota agrumata.

Con il grano saraceno di Terragnolo, infine, Ghezzi prepara dei grissini a partire da una polentina stesa, tagliata a strisce ed essiccata a bassa temperatura per una notte, poi fritta (passaggio che fa gonfiare il grano saraceno) e infine servita come benvenuto con una salsa leggera al rafano.

3Stefano Masanti del Cantinone di Madesimo (So)

Cereali come orzo, segale, grano saraceno e panico sono presenti nelle ricette del Cantinone di Madesimo (So) dello chef Stefano Masanti e del suo socio e co-chef Stefano Ciabarri, che addirittura li coltiva direttamente.

«Abbiamo cominciato a usarli perché fanno parte della cultura locale», racconta Masanti. All’inizio erano impiegati in ricette tradizionali, come sciatt e pane di segale. Poi, hanno cominciato a sperimentare modalità d’uso più creative. Col grano saraceno, per esempio, preparano una sorta di popcorn. Con la pastella per gli sciatt friggono ostriche e gamberi rossi, con la polvere di segale insaporiscono un filetto di gallinella. I chicchi di cereali bolliti, poi tostati e macinati costituiscono una panatura interessante per pesci in crosta o panati.

Orzo, segale e grano saraceno talvolta sostituiscono il riso, come nel risotto di grano saraceno e puntarelle, in cui l’assenza di amido è compensata facendo stracuocere e frullare una parte di grano saraceno decorticato: la crema così ottenuta serve per mantecare.

4Paolo Trippini dell’omonimo ristorante di Civitella del Lago (Tr)

«Il farro lo usiamo da sempre, è un cereale tipico della cucina umbra e che ci rappresenta molto», racconta Paolo Trippini dell’omonimo ristorante di Civitella del Lago (Tr). Un pasto da Trippini si apre con la pagnotta di farro portato al tavolo, mentre uno dei piatti storici della casa è il farro perlato alla Doc di Corbara con salsiccia.

«Il nostro lavoro come ristoratori è quello di andare alla ricerca di ingredienti meno conosciuti dell’Umbria, per poterne raccontare la storia», dice. Questo non gli impedisce di guardare oltre i confini e le tradizioni regionali. Per questo, negli ultimi anni ha cominciato a usare farine di grani antichi e anche il grano arso, di cui apprezza «la sensazione di affumicato» e con cui prepara gli umbrichelli (una pasta fresca) conditi con tartufo, crema di pecorino e miele di sulla. Ogni tanto usa anche la quinoa, per esempio in un piatto a base di coniglio e bieta. Nell’ultimo anno, Trippini ha studiato una linea di panini gourmet per il delivery, tra cui il panino di segale per l’hamburger di maiale e quello a base di farina di miglio per il burger vegetariano.

5Riccardo Escalante, chef del Flora di Busto Arsizio (Mi)

Riccardo Escalante, chef del Flora di Busto Arsizio (Mi), confessa di usare da poco i cereali alternativi e che la sua è stata una scoperta casuale: «Ci siamo imposti di utilizzare solo prodotti locali e, esplorando quel che il nostro territorio offre, abbiamo trovato a 5-6 Km da noi un’azienda agricola che coltiva orzo mondo, avena nuda, quinoa bianca, miglio, grano Khorasan, due tipi di mais. È stata una scoperta fortunata. Li uso tutti, perché hanno un ottimo gusto, sono molto nutrienti e versatili, si prestano a preparazioni sia dolci che salate. Inoltre, hanno un costo contenuto».

L’orzo mondo, risottato, è uno degli elementi principali del piatto Uovo d’anatra confit, orzo mondo e funghi selvatici. Con lo sciroppo d’orzo maltato Escalante prepara un gelato, servito come dessert con un biscotto all’avena. La farina di quinoa e di Khorasan entrano nel blend per la preparazione del pane. «Non ho ancora ben capito come utilizzare il miglio - conclude -. Finora abbiamo fatto solo un porridge salato servito come antipasto con erbe selvatiche».

6Paolo Gramaglia, del President di  Pompei

Paolo Gramaglia, del ristorante President di Pompei, da anni esplora, rivisitandolo, il ricco passato gastronomico della sua città. I cereali sono un ingrediente fondamentale in questo viaggio nel tempo. Gli antichi romani, racconta, aprivano il pasto con la “satura”, una zuppa fredda con farro, orzo, crostacei e frutta. Era un piatto di benvenuto offerto agli ospiti, beneagurante perché i suoi ingredienti erano simboli di fertilità, ricchezza e gioia, servito all’inizio perché saziava subito e permetteva di cominciare a bere, che era lo scopo principale del banchetto.

Spiega lo chef: «Anche noi accogliamo i nostri ospiti con la Satura, una delle nostre entrée, ma la prepariamo in una versione più leggera, con farro, orzo, bacche di goji e gamberi crudi». Gli scavi archeologici di Pompei hanno portato alla luce numerosi forni e Gramaglia prepara una mezza dozzina di pani ispirati alle ricette degli antichi fornai e destinate, un tempo, alle diverse classi sociali.

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