L’Agenzia delle entrate si avvale di specifiche analisi di rischio per individuare i comportamenti di maggiore pericolosità che portano a una diminuzione del gettito erariale e a forme di distorsione della concorrenza. Sulle imprese di minori dimensioni, che sono in generale soggette agli studi di settore e sono le più numerose (oltre 5 milioni), viene effettuata un’analisi mirata per l’individuazione dei principali rischi di evasione e di elusione in base alle risultanze degli studi, al ricorso allo strumento delle indagini finanziarie e al redditometro.
Le risultanze degli studi di settore sono un fondamentale strumento di orientamento per la non congruità e l’eventuale non coerenza. Anche soggetti congrui, tuttavia, possono essere sottoposti a controllo, in presenza di alcuni indicatori di rischio o di altri elementi acquisiti. Per i soggetti non congrui, dapprima vengono selezionate le posizioni di chi non si è adeguato in dichiarazione e che presenta livelli medi di scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli di riferimento. I controlli sono incentrati anche sull’analisi della complessiva situazione del contribuente, acquisendo i dati dell’anagrafe tributaria ed effettuando ricerche locali che reperiscano ulteriori elementi. Qualora gli ulteriori elementi depongano per l’esistenza di ricavi di gran lunga superiori a quelli determinabili con gli studi di settore, viene valutata l’opportunità di utilizzare attività istruttorie, sia interne (richieste di esibizione di documenti, indagini finanziarie) che esterne (accessi mirati, verifiche).
Le principali metodologie di evasione sono in gran parte attuate mediante l’occultamento dei corrispettivi dovuti al rapporto con il consumatore finale. Esistono quattro tipologie frequenti. La prima è relativa alla riduzione dei ricavi. Tutti gli acquisti sono contabilizzati, ma una parte dei ricavi non viene dichiarata attraverso il mancato rilascio del documento fiscale o la sua emissione per importi inferiori. Questo occultamento produce una sproporzione fra il fatturato teorico e quello dichiarato. I verificatori, quindi, potranno rilevare una percentuale di ricarico inferiore a quella reale o una sopravvalutazione delle rimanenze finali (l’impresa potrebbe rimediare agli squilibri “gonfiando” il magazzino).
La seconda modalità di evasione è la mancata registrazione di documenti fiscali emessi. Simile alla precedente ma facilmente riscontrabile con un confronto tra i corrispettivi registrati e i progressivi del registratore di cassa o, per le ricevute fiscali, la somma delle stesse o la mancanza di alcuni bollettari. C’è poi la riduzione dei ricavi e di correlati acquisti (cessione in “nero” di acquisti non contabilizzati e acquistati pure in nero). Qui siamo in presenza di evasione dell’Iva e delle imposte sui redditi; la percentuale di ricarico risultante dall’analisi delle voci di conto economico corrisponde, in genere, a quella effettiva. Questa evasione si basa sulla possibilità di effettuare acquisti non fatturati presso fornitori o acquisti presso supermercati senza richiedere la fattura o utilizzando illegittimamente in pagamento i buoni pasto ricevuti e non contabilizzati. Infine, esiste la registrazione nella contabilità d’impresa di spese non inerenti l’attività aziendale. Caso simile, ma più grave in quanto reato penale, è la presenza di fatture per operazioni fittizie e non realmente effettuate.
Il metodo principale per il controllo dei ricavi è dato dal riscontro delle merci consumate suddivise per tipologia (bevande, alimenti, ecc.) attraverso le fatture di acquisto, tenendo conto delle rimanenze iniziali, degli acquisti non fatturati e delle differenze inventariali. Il metodo più utilizzato nelle aziende medio-piccole è quello del controllo a campione, scegliendo le categorie di merci più rappresentative. Sulla base dei consumi vengono determinati le quantità e il tipo di somministrazioni erogate, considerando i dosaggi delle varie preparazioni, in contraddittorio con il contribuente. Determinato il volume delle somministrazioni, esso è valorizzato moltiplicandolo per i prezzi rilevati e/o verbalizzati in contraddittorio con il contribuente. Un secondo metodo è quello della ricostruzione del volume d’affari applicando al costo di ogni tipologia di merci consumate il relativo ricarico, calcolato con riferimento a un campione significativo di prodotti individuati.
Il redditometro svela le spese per consumi e investimenti
Uno strumento attivabile se sussistono gravi indizi di evasione non provabili è il redditometro. Esso si applica a tutti
i contribuenti persone fisiche, indipendentemente dal fatto che siano imprenditori o professionisti. Può essere utilizzato anche a seguito di una verifica analitica infruttuosa ma con elementi sicuri, non provabili, di evasione. Il redditometro
è legato al concetto che, se una persona spende per consumi o investimenti, deve necessariamente: avere avuto un reddito; aver consumato un patrimonio precedente; aver acquisito dei finanziamenti. Le spese possono essere sia correnti sia per investimenti patrimoniali (viene rilevata l’uscita finanziaria e non la natura della spesa sostenuta). Il redditometro rileva anche la componente risparmio e, quindi, l’incremento delle disponibilità finanziarie e del patrimonio.