Due sono le grandi e preziose attività che si svolgono presso L’Appodiato di Dudda, sede originaria della storica azienda del Carpineto, nel Chianti Classico (500 ettari totali, suddivisi in cinque tenute): in una cella al di sotto del livello stradale si svolge l’affinamento delle etichette prodotte, a temperatura controllata, con spazio sufficiente ad ospitare fino a un milione di bottiglie.
In superficie, invece, si accede allo sterminato Archivio Enoico: un’idea dei fondatori, Giovanni Carlo Sacchet e Antonio Mario Zaccheo, che nel 1967 avevano dato vita alla cantina, punto di riferimento per il Chianti Classico. Da subito volta a tecniche di avanguardia (fermentazione malolattica controllata, utilizzo di lieviti indigeni, macerazioni a freddo), Carpineto ha fin dai primi anni custodito le produzioni di ciascuna annata, a fini di studio, ricerca e, non meno importante, sana passione.
Quasi per scherzo, ma finito bene
Fin dagli anni Sessanta quindi, l’archivio venne su «potremmo dire quasi per scherzo», racconta Antonio Michael Zaccheo. L’azienda disponeva già di bottiglie di estremo pregio, che vendevano anche piuttosto bene, ma i padri fondatori volevano tenerne da parte alcuni esemplari, per assaggiarli dopo qualche anno e comprenderne le evoluzioni. Nel tempo sono andate susseguendosi le annate a cinque stelle in Toscana, e quelle specificamente più riconosciute venivano quindi conservate.
Cinquant'anni di storia
«La Toscana è terra vocata per vini longevi - prosegue Zaccheo - tanto che paradossalmente, molto spesso i nostri vini si bevono troppo giovani. Abbiamo etichette che arrivano ad avere cinquant’anni anni e sono meravigliose». Con forse un’unica pecca: all’epoca si usava un tappo molto corto, quasi la metà della lunghezza di quello attuale, e mancava la cultura di affinare bottiglie per lungo tempo. Carpineto ha quindi dovuto liberarsi di alcune bottiglie non più in perfette condizioni. «Dagli anni Ottanta sono cambiate le cose. Ma se avessimo usato i tappi attuali all’epoca, oggi avremmo esemplari incredibili».
Un vero patrimonio
Al netto di quelle eliminate, però, l’Archivio Enoico di Carpineto consta al momento di circa centomila bottiglie. Non è l’unico esistente in materia, ovviamente, eppure ben si distingue dagli altri: se in altri archivi possono ritrovarsi bottiglie forse anche più longeve, ma di una sola tipologia, è raro incontrarne uno di tale varietà e profondità. Carpineto spazia dal Chianti Classico Riserva, al Brunello, ai super Tuscan (il 95% della produzione dell’azienda è di vini rossi, per un totale annuale che arriva a tre milioni di bottiglie), e non esaurisce la sua funziona in quella di mera raccolta.
Comunicazione e testimonianza storica
È infatti anche uno strumento di comunicazione, di inchiesta storica e di divulgazione della qualità: «Noi siamo amanti del vino, non abbiamo mai speculato, anche su bottiglie di pregio; per cui un un Nobile Riserva 2010, top 100 secondo Wine Spectator, va al pubblico a meno di quaranta euro. Una bottiglia che ha fatto la storia della Toscana. Ed è il segreto del successo del nostro archivio: noi non vogliamo un museo, vogliamo che il vino venga bevuto e quindi compreso».