Un’osteria sempre più green, impegnata in una proposta sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Da Suvereto (Livorno), territorio toscano già alla ribalta con grandi vini, la storia de I’Ciocio - un soprannome dato loro dai compaesani, poi diventato insegna di buona ristorazione - aggiunge prestigio a un piccolo borgo di provincia, da qualche tempo molto frequentato dagli enoturisti, per la presenza di cantine importanti e per una cucina che comincia a far parlare. Il merito è di Fabrizio Caponi, chef originario di Montevarchi, e della moglie Deanna Bazzini, responsabile di sala, che dall’edizione 2021 della guida Michelin si fregiano della stella verde.
Stella verde
«Con la stella verde - racconta Caponi - è aumentata la notorietà, soprattutto mediatica. Per quanto riguarda la clientela sinceramente non abbiamo notato grande differenza nei numeri».
Facciamo un salto a ritroso. Dopo esperienze in comune Fabrizio e Deanna nel 2001 arrivano a Suvereto, il paese natale di lei, dove quasi in aperta campagna aprono l’Osteria I’Ciocio. La cucina lentamente conquista i buongustai, l’esperienza si affina, la critica fa il suo corso e dieci anni dopo, nel 2011, la coppia si sposta nel cuore del borgo negli spazi di un vecchio frantoio. Qui la coppia realizza un’osteria dall’aspetto rustico elegante, con l’immancabile pietra a vista, il legno, il ferro e oggetti d’arredo; un buon gusto personale che chiama alle armi artigiani locali, dal falegname al fabbro, amici dei bei tempi della scuola, a Montevarchi (Arezzo). Troviamo inoltre una terrazza ombreggiata in bella stagione e, scendendo di un livello, una saletta più nascosta connessa a una bottega dei sapori, che vende anche specialità fatte in casa, a partire dalle conserve di ortaggi e salse.
Cucina di qualità e impegno agricolo
La green star per I’Ciocio arriva proprio come riconoscimento a questo connubio tra cucina di qualità e impegno agricolo. Caponi punta il più possibile all’eco-sostenibilità, che si traduce in ingredienti del territorio, di filiera corta, da agricoltura biologica se non biodinamica. «Negli anni abbiamo avuto la fortuna di conoscere molti produttori bio così riusciamo a trovare tutti i prodotti nella filiera Toscana», sottolinea lo chef. Ecco dunque le verdure dell’azienda agricola Pasquini, i formaggi delle colline di Suvereto dal caseificio con allevamento Deiola e dall’azienda Paterno. L’olio evo di Le Piane del Milia e di Pietrasca. E ancora: la carne della filiera Toscana sul manzo a marchio 5R, il logo del consorzio che valorizza le 5 razze italiane per eccellenza: Chianina e Maremmana, ma anche Marchigiana, Romagnola e Podolica. «Mentre sul maiale - aggiunge Caponi - stiamo ricreando una filiera nella Val di Cornia con piccoli allevatori bio e sul pesce lavoriamo solo pescato fresco del Mediterraneo».
Grani antichi
Un altro fronte che vede protagonista I’Ciocio è quello dei grani antichi, tramite una partecipazione societaria, con tanto di mulino, che dal 2010 ha permesso di ricreare la filiera dei grani della Val di Cornia, in collaborazione con alcuni agricoltori. Progetto poi consolidato avviando una società agricola con attività molitoria per chiudere la filiera; questa dal 2020. Vengono così macinati solo grani bio da cui ottengono farine che anche altri colleghi e professionisti stanno utilizzando per panificare e produrre pasta fresca e secca. L’attività di recupero e valorizzazione è collegata infine al progetto Sterpaia, guidato dall’Università degli Studi di Firenze, che ha l’obiettivo di diffondere pratiche agricole che migliorino la qualità del suolo, producendo e trasformando alimenti di alta qualità nutrizionale.
Venendo al sodo il tutto si traduce in una cucina di forte ispirazione territoriale; anche di mare visto che la costa toscana è a pochi km. Dunque una cucina toscana e mediterranea tradizionale, alleggerita e rivisitata da Fabrizio, chef che non disdegna le moderne tecniche di cottura, a partire dalla bassa temperatura, “proprio per salvaguardare e valorizzare la materia prima”.
La proposta di cucina
Nascono così ricette come la “Reale Familiare”, marinata al mosto di vino, un taglio di chianina tenace, reso tenero con la bassa temperatura, un vero piatto della memoria di famiglia tanto che Caponi l’ha trasformato in un’originale foto-ricetta, distribuita ai tavoli del ristorante (vedi box). E che lo chef ama far abbinare con il cabernet franc Filare 18 della Tenuta Casadei, di Suvereto (bottiglia 45€, calice 7€). La tecnica diventa ancora più protagonista nel “maiale in sette tagli”, servito con verdure acidule autoprodotte (es. buccia di cocomero marinata e cotta, conserve, etc). In questo piatto riassuntivo ed emblematico entrano in gioco cotture diverse: CBT, confit, vapore, sottovuoto, arrosto e assemblaggio in abbinamento a verdure e salse in conserva autoprodotte. Ad esempio la buccia di cocomero cotta a bassa temperatura per 24 con un liquido di aceto e miele; oppure il cavolo cappuccio in agro dolce, la salsa Ketchup piccante, e via di questo passo.
Chiudono il cerchio gli abbinamenti con il vino, che coerentemente prediligono la Val di Cornia, a seguire la Toscana e qualcosa di nazionale e straniero. Con ricarichi dell’80% e un’offerta al calice non dichiarata, ma flessibile e sempre aperta alle richieste. Così la cantina, forte di 300 etichette, gira e non si ferma mai.
Il profilo del ristorante
I’Ciocio
Piazza dei giudici, Suvereto (Li)
www.osteriadisuvereto.it
Numero coperti 70 interni + 55 esterni
Superficie cucina 45 mq
Superficie sala 90 mq + 70 mq all’esterno
Numero addetti 7 in sala e in 7 cucina
Scontrino Medio € 45/50 (Menu piatti storici: di carne 5 portate 45€; di pesce azzurro 6 portate 45€)
Fornitori Forni Unox, Pacojet, Cucina Gico, pentole Agnelli