Il Sereno, una cucina senza confini sul lago di Como

Raffaele Lenzi, chef del Sereno al lago, ha riportato a Torno (Co) gourmet italiani e stranieri grazie a una cucina che guarda a tutta Italia e, per alcune materie prime, anche all’Asia

Tra Como e Bellagio, le coste scoscese del lago non concedono facili approdi al lungolago. Arrivati a Torno, la strada che scende verso l’acqua termina esattamente dove comincia il Sereno Hotel. Nel 2016, sotto l’impulso della famiglia Contreras, una storica darsena demaniale è stata trasformata in uno degli alberghi 5 stelle lusso più belli del mondo, grazie allo zampino dell’architetta e designer Patricia Urquiola, che è stata straordinaria nel creare un’architettura di personalità - leggera e definita, contemporanea e classica al tempo stesso - in dialogo con un contesto naturalistico da sogno. Un tutt’uno col lago, eppure del tutto evidente.

Al suo interno, 40 suite di ampia metratura, una SPA con piscina riscaldata a sfioro, un bar e soprattutto un ristorante gourmet a disposizione di ospiti interni ed esterni.

Lo chef

Raffaele Lenzi

A dirigerlo è lo chef partenopeo Raffaele Lenzi, capace di riportare lo scorso anno la stella Michelin nella struttura comasca. La sala da pranzo, a livello del lago, tutta in pietra e legno, lascia incantati. «La cucina di un albergo di lusso ha dinamiche peculiari - spiega lo chef -. Deve essere estremamente flessibile negli orari e mantenere standard sempre altissimi per esaudire le richieste degli ospiti interni. Al contempo, il ristorante stellato richiede tutte quelle cure che un cliente - interno o esterno - naturalmente si aspetta». 

La brigata

Questo si declina in un’ampia brigata, che comprende anche lo staff del Lobby Bar, guidato dal bar manager Don Vidura Nilaksha Colambage. E in un menu suddiviso in proposte variegate, per tutte le esigenze. Già ricca a pranzo (quattro insalate, quattro antipasti, sei primi, sei secondi e altrettanti dolci), a cena l’offerta si divide tra i piatti alla carta e tre percorsi degustazione. Il filo che lega tutto, ovviamente, è la personalità dello chef. 

«Essenziale, concreta e leggera - dice Lenzi -. Così definisco la mia cucina. Essenziale, come le cose cui non si deve aggiungere o togliere nulla. Concreta, come la mia storia. Leggera, affinché sia la materia prima a parlare». Una cucina di stampo italiano, ma che non rinnega echi di altre culture, «soprattutto asiatica, perché ritengo che in alcuni suoi aspetti abbia similitudini spiccate con la nostra». E che celebra il prodotto. «Il prodotto è almeno il 50% di un piatto. E non vorrei sembrare fuori dal coro, ma per me il chilometro zero è l’Italia intera. Dall’asparago di Bassano o di Cantello, alla zucca napoletana, ai friarielli, ai pomodori di Pachino, di Corbara o di San Marzano. Secondo stagione, perché abbiamo microclimi in Italia che sono qualcosa di straordinario e invidiato in tutto il mondo».

La sostenibilità diversa

Un orto interno? No, non è sostenibile, spiega Lenzi «soprattutto dal punto di vista imprenditoriale, ancor più in una struttura come la nostra che chiude in inverno per alcuni mesi. Non siamo un’azienda agricola, ma una struttura che può affidarsi a tantissimi produttori di alto livello in Italia». La sostenibilità, piuttosto, riguarda l’utilizzo degli ingredienti. «Da ogni materia prima devono uscire almeno due piatti. La sostenibilità alimentare significa anche sostenibilità imprenditoriale». 

Se il 50% del piatto è prodotto, il resto è tecnica, abbinamenti, gusti personali. La cucina di Raffaele rifugge meandri troppo cerebrali, per portare nel piatto sapori netti e leggeri, distinguibili. Una cucina che semplifica ma che cela un alto grado di complessità. «Il piatto deve essere leggibile, perché altrimenti l’esperienza si irrigidisce. E poi non amo raccontare i menu dando al cliente l’apparenza che sia più complicato di quello che è. Cerco anzi di fare il contrario, semplificandolo. Perché spaventare il cliente, per aumentare l’ego dello chef? Sarà semmai la sensibilità dell’ospite a catturare la complessità di un piatto». 

Cucina vegetale

Altra caratteristica evidente di Raffaele Lenzi è il suo amore per la cucina vegetale, che trova la massima espressione nel menu Vegetali, tuberi e radici un percorso di sette piatti senza proteine animali che dimostra come i vegetali possano essere i veri protagonisti a tavola. Gli altri due percorsi, invece, sono Omaggio alla tradizione, con cinque piatti della cucina italiana reinterpretati in chiave moderna: dal Carciofo alla romana ai Bigoli alla carbonara in due servizi, all’Asparago bianco di Bassano, salsa alla mugnaia e salmerino al babà bagnato allo Strega e polvere di gelato allo zafferano. E Contrasti e contraddizioni, un percorso di sette piatti basato sulle contrapposizioni di sapori e di culture gastronomiche, forse la rappresentazione più incisiva della visione gastronomica dello chef. Qualche piatto?

Il Ceviche di ricciola, spuma di finocchietto e polvere di alga codium anticipa tra i primi i Ravioli del plin ripieni di broccolo fiolaro con ristretto di miso di lenticchie, dove il raviolo diventa vegetale, la riduzione dona sapidità e freschezza mentre le lenticchie aggiungono croccantezza. Ottimi gli Spaghetti al burro di anacardi, fava tonka e aceto di perilla, comfort ma non troppo, perché la variazione acida tiene all’erta le papille. Curiosa la scelta di intervallare primi e secondi con un Marshmallow al wasabi con kombutcha alla mela e soprattutto con il pane di grano tumminia servito con burro ai semi di zucca.

«È un modo di dare valore al pane (tutti i lievitati sono di produzione interna, ndr), ponendolo al pari di una portata, mentre all’inizio è solo un’attesa, che per molti critici però diventa quasi una cartina di tornasole dell’intera esperienza, come se dal pane si potesse giudicare tutta una cucina». Tra i secondi, il Cavolo pak-choi, prosciutto d’anatra e il suo garum racconta ancora bene la mano felice di Lenzi. Particolare il dolce, rappresentato da una Créme brûlèe di asparagi di Cantello, gelato al bacon e pinoli. 

I menu sono accompagnati da una ampia cantina (800 le referenze), dove l’Italia spadroneggia. «Volontà della stessa famiglia Contreras, che noi abbiamo assecondato con piacere - racconta Eric Perego, assistant F&B manager -. A parte gli Champagne, di cui abbiamo una selezione importante, tutte le altre bottiglie sono nazionali. Ai grandi nomi della nostra enologia, affianchiamo piccoli produttori, anche locali, con un occhio alle etichette biologiche e biodinamiche». 

Profilo

Il Sereno Al Lago

Via Torrazza, 10 - Torno (Co)
www.serenohotels.com

Numero coperti 50
Superficie cucina 40 mq
Superficie sala 300 mq
Numero addetti 60 (tra cucina, sala e bar)
Scontrino medio 160 €
Fornitori Sambonet e Broggi accessori per la tavola, Cifa forniture alberghiere e ristorazione, Rosenthal porcellane, Spigelau e Caraiba calici e bicchieri

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