Un giorno erano automobili di alto profilo e progetti di tecnologia. Oggi è invece vino, Toscana, progetto. Ci si è messa di mezzo la passione per l’Italia che Wolfgang Reitzle, ingegnere ai massimi livelli per case come Mini Cooper e Bmw, visitava fin da ragazzo.
Tedesco innamorato della pace e della qualità, Reitzle e la moglie Nina Ruge rileva nel 2001 Villa Bertolli, di proprietà della famiglia colosso dell’olio, e la rinomina per renderla il proprio feudo di produzione vinicola (rimane una percentuale di terreno dedicata agli ulivi, per 1.500 litri l’anno) e di ospitalità.
In Lucchesia
Nella Lucchesia più autentica, Villa Santo Stefano vive a dodici chilometri in linea d’aria dal mare, riparata in una tasca tra Appennino e Alpi Apuane. Dal singolo ettaro di vigneti che Reitzle trovò all’acquisto, si è passati ai diciotto attuali, divisi tra i sette intorno alla cantina (a circa 270 msl) e gli undici appena ottenuti in affitto a lungo termine a Manciano (Gr), in Maremma: quest’ultima acquisizione, che darà vita alla linea separata Villa Santo Stefano in Maremma, racconta perfettamente la filosofia dell’azienda, legatissima al passato di Reitzle.
Nuovi vigneti
Dato che «lavorare sul dettaglio permette di migliorare il generale», come racconta la marketing manager Petra Pforr, i nuovi vigneti saranno votati a un Cabernet Franc in purezza, sogno storico del proprietario che uscirà in tiratura limitata e il cui nome non è ancora stato svelato, e una parte invece si concentrerà sulle uve necessarie per l’etichetta di punta di Villa Santo Stefano, Loto Toscana Igt, il cui nome deriva dai fiori cresciuti spontaneamente sul lago artificiale della tenuta.
Prodotto per la prima volta nel 2006, si tratta di un blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot, dai chiarissimi sentori di bosco, divenuto nel tempo l’icona del lavoro di Villa Santo Stefano. Oggi la produzione complessiva di Villa Santo Stefano ammonta a 50mila bottiglie, metà delle quali vanno all’estero, Svizzera in primis.
E in Maremma
«Il vigneto in Maremma si trova in un luogo meraviglioso e ci sta dando l’occasione di rivalorizzare un territorio unico e ricco di biodiversità - racconta lo stesso Reitzle -. Sarà anche l’occasione per metterci alla prova in un terroir nuovo, diversificando il volto della cantina».
Il resto della gamma consta di interessanti varietà locali lavorate in biologico dal 2021. Villa Santo Stefano in Lucchesia, la linea che si distinguerà e rimarrà prodotta da uve del primo appezzamento nei dintorni della cantina (rinnovata nel 2014), sarà dedicata infatti ai vini Luna Igt (blend in parti uguali di Merlot e Sangiovese, dall’acidità accennata e una percezione di astringenza, con sentori di pesca), Gioia Igt (Vermentino in purezza dal sorso facile e sapido), Sereno Doc (blend di 80% Sangiovese, 20% Cannaiolo, Colorino, Ciliegiolo) e Volo Igt (blend di Petit Verdot, Cabernet Sauvignon e Alicante, dalla beva rotonda, piena). Ad affiancare Villa Santo Stefano in questo nuovo percorso è stato chiamato l’enologo toscano Attilio Pagli, professionista con esperienza quarantennale nel settore.
L'intervista con Petra Pforr, marketing manager di Villa Santo Stefano
Da cosa deriva la decisione di un’acquisizione in Maremma?
La decisione arriva dalla volontà di continuare a impegnarci nei grandi vini rossi della Toscana. Il nuovo vigneto nella zona di Manciano è meraviglioso, è stato impostato molto bene da Carlo Ferrini e ci sta dando l’occasione di rivalorizzare un territorio unico e ricco di biodiversità.
Quali saranno le principali differenze che vi aspettate di notare, rispetto ai risultati nella Lucchesia?
Quello della Maremma è un terroir nuovo per noi, che ci mette alla prova e ci sta già dando grandi soddisfazioni. Ci aspettiamo una qualità delle uve molto alta, motivo per cui da qui nascerà il nostro nuovo vino. Siamo una boutique winery, per questo l’obiettivo è sempre quello di migliorarci.
Oltre al Cabernet Franc in purezza, ci sono altri progetti a cui state lavorando?
Il progetto del Cabernet Franc è ambizioso e a questo affiancheremo una maggiore produzione del nostro vino di punta, Loto, che vedrà aumentare la percentuale di Cabernet Sauvignon e continuerà a orientarsi sempre di più verso alta qualità ed eleganza.
Circa la metà della produzione viene esportata: il pubblico italiano reagisce in modo diverso ai vini di Villa Santo Stefano?
I nostri vini sono molto apprezzati sia in Italia che all’estero, ma abbiamo sempre coltivato un rapporto commerciale molto saldo con Germania e Svizzera. Qui in Toscana la concorrenza è forte, ci confrontiamo con i grandi nomi del vino mondiale. Oggi, dopo qualche anno di lavoro, abbiamo sempre più richieste da ristoranti ed enoteche toscane e italiane.