Non di solo costate è fatto il manzo

La millefoglie di controfiletto in crosta è uno dei piatti firma di Eugenio Boer, del Bu:r di Milano.
Fiorentine e bistecche certo. Ma oggi si stanno riscoprendo e utilizzando numerosi tagli considerati poveri. Anche perché con il manzo, in cucina, ci si può davvero sbizzarrire

Possiamo parlare di revival della carne di manzo nella ristorazione? A giudicare dal numero di locali a tema che negli ultimi anni spuntano come funghi lungo tutta la penisola, si direbbe di sì: formule ibride di ristorazione e macelleria, griglierie, burgerie, ma anche ristoranti gourmet e trattorie moderne in cui il manzo in tutte le sue declinazioni ha un posto d’onore in menu. Un ritorno di popolarità, insomma, per una carne che negli anni del boom economico era diventata il simbolo del raggiunto benessere e che negli ultimi 20 anni ha invece registrato un costante calo dei consumi.

Oggi, si preferisce la qualità alla quantità e la scelta è sempre più orientata dalla consapevolezza dell’importanza di elementi come il benessere dell’animale, le modalità di allevamento e macellazione, la maturazione, le tecniche di cottura, l’utilizzo di tutti i tagli. Un’evoluzione che, come spesso accade, ha nella ristorazione un protagonista importante.

1Eugenio Boer: in carta il manzo ci deve essere

La millefoglie di controfiletto in crosta è uno dei piatti firma di Eugenio Boer, del Bu:r di Milano.

Eugenio Boer, chef patron del Bu:r di Milano, è del parere che in carta il cliente debba sempre trovare anche un piatto a base di carne di manzo. Come la millefoglie di controfiletto in crosta che, in varie evoluzioni, è uno dei suoi piatti firma. È una rivisitazione del classico filetto in crosta, “nuova e moderna, più leggera e fruibile”, più adatta a essere inserita in un percorso di degustazione. La carne, tagliata molto sottile, viene montata come una terrina con bietole (o altre verdure di stagione) e prosciutto di Carpegna. Porzionata in tranci, viene cotta in padella con burro, olio, aglio e rosmarino, quindi servita tra due rettangoli di pasta sfoglia e accompagnata, per esempio, con una composta di bietole arcobaleno fermentate e bietole saltate.

«Visivamente sembra un semplice filetto in crosta, ma dentro c’è un piccolo mondo, un lavoro di reinterpretazione», afferma lo chef. La provenienza delle materie prime per Boer è un criterio di scelta fondamentale: si rifornisce da aziende non troppo grandi, che allevano gli animali con rispetto. «Non usiamo mai prodotti dalla tracciabilità incerta”, dice. Il controfiletto di manzo piemontese usato per la millefoglie proviene dai piccoli allevatori del consorzio La Granda.

2Luigi Salomone: la mia carne preferita

Luigi Salomone, chef del ristorante Re Santi e Leoni di Nola (Na) offre ai propri clienti il musetto di manzo. Semplicemente sbollentato, è servito su una finta frisella di polenta con gambero rosso, maionese di gambero e gazpacho di pomodoro. Una ricetta ispirata allo street food

«La carne di manzo è una di quelle che preferisco - afferma Luigi Salomone, chef del ristorante Re Santi e Leoni di Nola (Na) - anche perché dell’animale si possono usare tutte le parti, nobili e meno nobili». In carta, per esempio, Salomone ha un antipasto a base di musetto di manzo, ispirato a uno street food tipico della Campania: il musetto, sbollentato, è servito su una finta frisella di polenta e completata con gambero rosso, maionese di gambero e gazpacho di pomodoro. Un altro antipasto è il manzo tataki, paglia e melanzane: il controfiletto viene scottato leggermente, affumicato con paglia, tagliato a carpaccio, servito con gelato di melanzana fritta e salsa ponzu.

Per un secondo, Salomone ha invece scelto il filetto di manzo podolico, preparato in bassa temperatura e poi finito in padella con burro chiarificato e rosmarino per ottenere la reazione di Maillard (quindi lasciato riposare, prima del servizio, per cinque minuti), accompagnato poi da un fondo preparato con le ossa e i tagli di seconda scelta del manzo, vino rosso e succo di lampone. Il riposo prima del servizio, sottolinea, è fondamentale per dar modo alla carne di stabilizzare i liquidi. Dietro ogni piatto, dice, c’è molta ricerca e conoscenza della materia prima, che parte dall’allevamento e dall’alimentazione dell’animale per arrivare fino alla frollatura. «Il manzo si sta riscoprendo anche nell’alta ristorazione e si sta capendo l’importanza dell’allevamento e della lavorazione di queste carni», conclude.

3Alessandro Ingiulla: una carne complessa dal punto di vista dei sapori

La Fetta di manzo in gelatina di maiale (lo zuzu siciliano) servito con terrina di foie gras e salsa all’aceto di Nero d’Avola. È un piatto di Alessandro Ingiulla, chef del ristorane Sapio di Catania

Sulla stessa lunghezza d’onda è Alessandro Ingiulla, chef del ristorane Sapio di Catania. «Utilizziamo normalmente il manzo – racconta -. È una carne complessa dal punto di vista dei sapori. La prendiamo da un allevamento biologico della zona che riesce a fare pascolo libero. I manzi semibradi hanno un altro sapore rispetto a quello a cui siamo abituati».

Ingiulla utilizza il filetto nel piatto Fetta di manzo in zuzu (una gelatina di maiale tipica siciliana), che rappresenta un incontro tra Francia e Sicilia, perché servito con terrina di foie gras, salsa all’aceto di Nero d’Avola e gelatina fatta con brodo di maiale chiarificato, come da tradizione catanese. Il filetto viene marinato sottovuoto per una settimana con sale bilanciato, aceto e aromi. Al momento del servizio viene rigenerato e portato a 45 °C al cuore, poi leggermente scottato e impiattato tiepido. «In carta offriamo anche altri tipi di carne, ma questo piatto si è mantenuto in menu per qualche tempo. Cerchiamo di offrire varietà di scelta al cliente, ma credo che la presenza di nomi e sapori conosciuti conforti chi va al ristorante».

4Simone Breda: tagli diversi, lavorazioni diverse

I Bottoni di coda di manzo, latte di sedano rapa e santoreggia di Simone Breda, chef del ristorante Sedicesimo Secolo di Pudiano (Bs)

Non c’è un unico modo di trattare il manzo, osserva Simone Breda, chef del ristorante Sedicesimo secolo di Pudiano (Bs). Non solo ogni parte anatomica si presta a lavorazioni diverse, ma anche la marezzatura e il grado di infiltrazione del grasso determinano la scelta di come usarle. Infine, a seconda della stagione è più indicato un utilizzo piuttosto che un altro.

«Noi solitamente in estate usiamo il controfiletto o altri tagli da arrostire - dice -. Lo scorso anno, per esempio, ho voluto contestualizzare nel territorio bresciano un carré di manzo spagnolo con un’altissima infiltrazione di grasso. È un pezzo costoso e per utilizzare anche le parti di scarto sono partito dal concetto dello spiedo bresciano, una cottura lenta e dolce su carbon legna, che estrae il grasso da carne e ossa. Nel grasso così colato, molto profumato di legno ed erbe, ho poi ho fatto cuocere per immersione il carré. La carne risulta gustosa e tenera, il grasso di cottura trasmette il sapore di spiedo». Breda usa anche anche tagli meno pregiati del manzo, come la coda, che rappresenta il ripieno dei bottoni di pasta, oppure il quinto quarto, come nell’autunnale cubi di lingua leggermente marinati in aceto e brasata, serviti con crema di nocciole e crema di lattuga bruciata al cannello, salsa ponzu. «A noi piace abbinare sapori locali con sapori che arrivano da lontano – precisa -. La carne di manzo è un elemento di comfort per il cliente perché è conosciuta, ma allo stesso tempo gli facciamo scoprire sapori nuovi».

5Domenico Della Salandra: manzo, un ingrediente molto versatile

La coda di manzo cotta secondo i crismi della ricetta alla vaccinara viene poi sfilacciata e ricomposta come farcitura di un classico cannellone. È una ricetta di Domenico Della Salandra, chef del Matilde Bistrot di Milano

Per Domenico Della Salandra, chef del Clotilde Bistrot di Milano, il manzo è un ingrediente “molto versatile”. Basta conoscere l’anatomia dell’animale e con ogni muscolo si riescono a fare piatti originali. Della Salandra confessa però di preferire le parti meno nobili a quelle più nobili.

«Queste ultime - dice - sono più facili da gestire e qualsiasi cuoco le sa usare. Sono attratto dai pezzi di seconda e terza scelta, come diaframma, stinco o fegato». O dalla coda, che propone in una reinterpretazione della coda alla vaccinara, cotta e sfilacciata, poi ricomposta a crepinette e rosolata in padella. Il salsicciotto morbido che ne risulta viene poi avvolto da un foglio di pasta e servito a mo’ di cannellone.

 

6In rilievo Ristomacelleria con filiera

Aldo Zivieri è titolare della macelleria con cucina RoManzo di Bologna, oltre che di uno dei più rinomati marchi di macelleria in Italia. «La carne di manzo che serviamo nel nostro ristorante è diretta espressione della nostra filiera di gestione, che parte dall’allevamento, passa attraverso la macellazione e arriva alla vendita - racconta -. Proponiamo carni mature, con il giusto coefficiente di grasso. E poi, specie oggi che si mangia molta carnecruda occorre essere tranquilli sulla qualità dell’origine». Anche la frollatura è importante e va calibrata a seconda del tipo di carne e di taglio. I tagli anteriori, destinati a lunghe cotture o a essere macinati, possono essere consumati anche pochi giorni dopo la macellazione. I tagli nobili, invece, hanno bisogno di tempi più lunghi. «Sbagliare i tempi - afferma Zivieri - è come proporre frutta o verdura fuori stagione in menu. Essendo noi macellai prima che ristoratori, ci interessa che le persone conoscano anche queste fasi».

 

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome