Tommaso Melilli e Davide Longoni insieme a Contrada Govinda

Tommaso Melilli (chef) e Davide Longoni (breader) fanno squadra. Rinasce il ristorante Contrada Govinda, dove vegetali e pane fanno sinergia

Sembrerà curioso, ma è un tritacarne l’attrezzatura più importante nella cucina di Contrada Govinda, anche se è un ristorante di cucina vegetale. Ha riaperto da poco e ora va a braccetto con un punto vendita di Davide Longoni, il maestro della panificazione contemporanea. Il tritacarne in questione, però, non vedrà mai un pezzo di manzo: serve a tritare le verdure per le ricette veg della locanda.

Ristorante vegetariano

Siamo a Milano, in pieno centro, in uno dei palazzi antichi più belli della città: la casa dei Grifi, edificio del ’400 di scuola bramantesca. Il Govinda era uno dei primi ristoranti vegetariani in città. Aperto nel 1995, è stato (e ancora è) legato all’associazione culturale Hare Krishna, devota al visnuismo. Un credo che ha, tra le sue regole, anche quella dell’alimentazione latto-vegetariana. Ora questa realtà si è legata al piano di espansione di Davide Longoni, il panificatore che ha reinventato il modo di concepire il pane a Milano e che ha già aperto, negli anni, i negozi di via Tiraboschi, via Bronzetti, nel Mercato del Suffragio e nel Mercato Centrale, oltre allo spaccio di via Tertulliano. Nel punto vendita di via Valpetrosa, dietro il bancone con il “muro del pane” che contraddistingue i pdv di Longoni, c’è un passaggio che conduce nella sala di Contrada Govinda. Il menu della locanda è stato pensato e strutturato dallo chef e scrittore Tommaso Melilli e disegnato dall’artista Gianluca Cannizzo.

Nuove formule veg

Spiega Melilli: «L’idea di ridisegnare Contrada Govinda è risultata la base per formulare una proposta diversa. Oggi le formule di cucina vegetale/vegetariana sono tante, ma manca ancora, in Italia, un occhio internazionale. Siamo un Paese che quando non vuole mangiare carne mangia risotto, pasta o pizza. Per questo, spesso, la proposta vegetariana è agganciata al carboidrato o diventa la classica formula delle insalatone con un carboidrato centrale. Noi abbiamo puntato sul pane di Davide Longoni, che accompagna i piatti e rappresenta l’apporto di carboidrati necessari. Quindi nella carta spariscono pasta e riso, c’è solo il riso basmati saltato al naturale. Il resto è legumi e verdura».

 «Considero le verdure le vere protagoniste - dice Longoni - abbiamo voluto lasciare spazio a loro. I pani vanno a rotazione, c’è stato il “cereali antichi” e “il borbonico”, si alterneranno secondo le scelte della cucina». Per il panificatore l’approdo in centro significa portare ancor più in vista la cultura del pane che ha sviluppato, con le farine di farro e segale coltivate nel Parco della Vettabbia di Chiaravalle.

Menu

Il menu si apre con gli Pkhali, ideati dalla chef georgiana Nata Qatibashvili, con Melilli in cucina. «Sono dei paté di frutta secca, verdura cotta e spezie. Ne abbiamo inventati tre: barbabietola e noci con spezie; carote e mandorle con spezie; taccole, zenzero e nocciole. Hanno una consistenza particolare, uniscono sensazione esotica e gusto, e sono da spalmare sul pane. In questo modo il cliente incontra subito i due elementi fondamentali, il pane e la nostra cucina internazionale, tra India e Medio Oriente».

La carta presenta 8 portate, tra i 7 e i 14 euro. A 28 euro il menu degustazione, con sei piccole porzioni, servite sul thali (il grande piatto che contiene le ciotoline con il pasto completo). Non ci sono carne, pesce, uova, aglio e cipolla, ma i tre pilastri della cucina contadina: verdure, pane e formaggio. Qualche esempio: il sedano rapa alle foglie di curry, la minestra di roveja al latte di cocco e mela cotogna, il mango siciliano con crescione e finocchi. Quanto alle materie prime, «Lavoriamo con la verdura come si lavora con il pesce in riva al mare, con confini stringenti sulla provenienza italiana, tolta la spezia ovviamente. Tutti i formaggi e circa 3/4 della verdura sono presidi Slow Food e seguiamo rigidamente la stagionalità».

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