I blogger sono andati a nozze con la notizia e, la tanto attesa apertura milanese della trattoria Felice a Testaccio è ormai imminente. Carbonara, minestra d’arzilla, carciofi fritti arrivano da Roma a Milano, in via del Torchio. Certo, Felice (Trivelloni), l’oste irriverente che serviva la sua Cacio e Pepe a Roberto Benigni, non c’è più. Ma i milanesi sono pronti a mettersi in coda per gustare l’autentica cucina romana.
Una cucina di sostanza, di buon senso mi piace pensare, che diventa cifra di molti. Trattorie moderne, botteghe, garage, come dir si voglia, le nuove insegne fanno man bassa delle ricette della nostra migliore tradizione culinaria. Quelle di una volta, per intenderci, cui paiono essersi convertiti anche chef superstar e telechef. Dalla loro, i nuovi osti, hanno tecnologie all’avanguardia e sanno come sfruttarle. Come fanno Giuseppe Lo Iudice e Alessandro Miocchi nel loro Retrobottega, a cui abbiamo dedicato la copertina del nostro ultimo numero. O come fa Luca Marchini, chef dello stellato L’Erba del Re di Modena e presidente dei Jre Italia, nella sua trattoria La Pomposa al Re Gras.
Di più. Le nuove trattorie diventano interlocutrici di piccoli artigiani locali assumendo un importante ruolo di promozione del territorio. Così ad Asolo, Stefano De Lorenzi ha costruito una microrete di fornitori locali per il suo Due Mori, dove propone le ricette riviste e corrette del nonno Bruno. All’insegna di un nuovo (o ritrovato) senso etico e civico. Chapeau!