Entrano in cucina con l’ambizione/pretesa di diventare un grande chef. Sognano una carriera folgorante e piena di soddisfazioni. Poi però si scontrano con la realtà fatta di duro lavoro e spirito di sacrificio e crollano. Dall’altra parte, ci sono patron incapaci di motivare il proprio staff, insensibili al valore della formazione. E in mezzo la scuola.
Questo in sintesi il quadro che emerge dalla inchiesta di questo mese sul commis di cucina. Questo quanto è scaturito durante l’ultimo convegno Apci, che ha visto in prima linea il nostro Roberto Carcangiu, riconfermato alla presidenza per il prossimo triennio (#congrats presidente!) e, che ha riunito a Bologna oltre 200 stelle della ristorazione. Tutti, più o meno, concordi nel dichiarare una sorta di “emergenza cucina”. E badate: la formazione dei collaboratori, commis compreso, deve andare oltre le competenze tecniche. Perché, come suggerisce la Donatella Rampado (vedi pag. 92), quelli che sono in grado di vivere l’azienda e la sanno comunicare (i cosiddetti appartenenti) contribuiscono a rafforzare il brand del locale. Buoni consigli che ben conoscono e che mettono in pratica ogni giorno i ristoratori e chef patron di cui raccontiamo le storie in questo numero: da Ilario Vinciguerra (pag. 72) dell’omonimo ristorante di Gallarate, oltre che tutor nello spazio cucina del programma Detto Fatto, a Romano Franceschini e Franca Checchi (pag. 76), titolari dello storico Ristorante Romano di Viareggio, che puntano tutto su una brigata di giovani al di sotto dei trent’anni.