All’Alpe, Folgaria, la serata è ricca di bollicine

Bottiglie dappertutto... Anche vuote. Decorate. Di ogni tipo. Un motivo c’è: il ristorante l’Alpe, a Folgaria, a un passo dagli impianti di risalita, con annesse le belle e funzionali 18 camere del Muu Village, ha una particolarità: un centinaio di etichette di champagne e circa 150 di gin.

Sono la passione, il vezzo, di Davide Pola che con una gestione interamente familiare (in sala la moglie Sara e la sorella di Davide, Giorgia), manda avanti questo piccolo gioiello dove, finalmente, ci si libera un po’ dalla fissa di canederli, speck e strudel (senza mai dimenticarli, sia chiaro), ma ci si affida all’estro innovativo di Tullio Pola (fratello di Davide ) in cucina dove la regola è una sola: qualità.

Ma torniamo alla particolarità di questo locale, aperto nel 2004, che sembra un piccolo palazzetto. Elegante, accogliente, caldo. Bollicine e gin. Perché? «Sono sicuramente le mie passioni. Non lo nego. Ogni bottiglia è un ricordo, a volte anche triste, il più delle volte felice», spiega Davide, 44 anni. «Il gin è la mia bevanda. E si è molto evoluto. Un tempo era concepito come un prodotto da discoteca, c’erano giusto due-tre etichette fino a venti anni fa, oggi è raffinato. Un fine pasto gradito. Pesco gin dappertutto. Da quelli giapponesi a base di riso, a quelli distillati con formiche, dai gin al tartufo a quelli allo zafferano. Persino in Sardegna fanno un gin adesso. A ciò aggiungiamo una quarantine di toniche, anche queste in costante evoluzione. Che servono per un gin tonic di alto livello. Il mondo è innovazione e fantasia. Noi manteniamo il profilo di gente di montagna perché siamo in montagna e la montagna è dentro di noi, ma guardiamo anche a quel che c’è fuori. L champagne significa festa. Ho raccolto qui dentro un centinaio di etichette. Dal Dom Perignon al Cristal, dal Krug al Philiponnat. Senza far mancare i Ruinart, i Laurent e Joseph Perrier e i classici come Moet o Veuve Cliquot. Quasi tutto champagne francese con qualche eccezione per le bollicine italiane, perché Ferrari, Balter e alcuni piccoli produttori trentini meritano di esserci. Simo in Trentino eh...».

Ma all’Alpe si va soprattutto a cena. E lì chef Tullio si scatena. Un piattino di benvenuto che vale: il prosciutto crudo di Parma di Galloni. Un must, ma non fisso. D’estate è possibile trovare in carta un primo piatto da premio: le linguine alla granseola. Sì, proprio a Folgaria. «Ma è chiaro che siamo specializzati soprattutto nella carne e in inverno non serviamo primi piatti». Un motivo c’è. Ad affiancare Tullio in cucina ci sono due cuochi giapponesi che preparano sushi, sashimi e altri classici della tradizione del loro paese. «D’estate lavorano a Formentera, d’inverno da noi». Così ai primi si sostituisce un tocco di Japan cuisine.

Per il resto l’Alpe, inutile anche ripeterlo, punta essenzialmente sulla stagionalità dei prodotti. Sembrerà strano, perchè non siamo a Milano, ma uno dei piatti indimenticabile dell’operato è la cotoletta. “Orecchia di elefante, con carni nostrane e del Nebraska. Panatura doppia e cotta nel burro chiarificato. I vitelli sono delle zone, a km 0 quando è possibile». La tagliata di filetto al forno va provata. «Perché aggiungiamo spezie ed erbe di montagna». Su salumi e formaggi comandano le regioni.

«Le regioni che sanno fare le premiamo, il pensiero è sempre quello di valorizzare le eccellenze di casa nostra. Noi in Trentino abbiamo speck e formaggi di malga di Folgaria». Ma qualche formaggio estero c’è. La chiusura col dolce è d‘obbligo perché un posticino per il dessert dell'Alpe va tenuto: è un gelato di crema con un crumble di mandorle e mandorle. Ma per affogare il tutto arrivano al tavolo Davide, Sara o Giorgia con una moka e completano l’opera. E la serata si conclude.

Ma la famiglia Pola quando lavora non si risparmia.... La mattina puoi trovarla alla malga Ortesino dove vengono riproposte, in un paradiso naturale, alcune specialità della casa, oppure dopo una bella e faticosa sciatta a pochi metri dall’Alpe, alla Casa dell’Orsetto.Il fast food dei Pola dove pure l’hamburgher è poesia.

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