Qafiz, la stella che illumina l’Aspromonte

Qafiz
Gli interni del ristorante Qafiz, a Santa Cristina d’Aspromonte (Rc)
Talento, tecnica, uno staff giovane e preparato, scelta oculata dei fornitori. Questi gli ingredienti del successo del Gafiz di Nino Rossi

Anche le sfide più difficili si possono vincere se c’è un piano ben concepito, se le idee sono chiare, se ognuno gioca la sua parte in una squadra. Il successo del Qafiz lo dimostra: inaugurato nel 2016, dopo soli due anni ha ottenuto la stella Michelin (per l’edizione della guida 2019); non l’ha conquistata a Londra, non a Milano, né a Parigi, ma in un piccolo paese dell’estrema periferia italiana, S. Cristina d’Aspromonte (Reggio Calabria), in una terra del profondo Sud per tanti aspetti difficile. Perché è lontana dalle grandi città italiane, perché non è sviluppata turisticamente e non è di passaggio. Ma come dimostrano le storie d’altri ristoranti calabresi in territori un po’ isolati e difficili - il Dattilo a Strongoli Marina (Kr), o Biafora e La Tavernetta, sull’altopiano della Sila - non ci sono limiti a un progetto d’alta ristorazione se ben organizzato.

Nel caso del Qafiz - nome che s’ispira a un’unità di misura araba e a un tradizionale contenitore dell’olio - il primo aspetto da sottolineare è la visione condivisa tra lo chef Nino Rossi e la responsabile di sala Rossella Audino, già direttrice del ristorante di banchettistica precedente al Qafiz. I due hanno ideato un ristorante di raffinata cucina contemporanea e d’ispirazione mediterranea-calabrese con incursioni in altri territori, anche nordici. Il ristorante si trova in un ex frantoio nell’azienda agricola di famiglia, tra aranceti e uliveti. Sotto le belle arcate con volte a mattoncini trovano posto un angolo distillati, un camino e un tavolo d’appoggio di servizio, arredi d’epoca e complementi moderni. E presto arriveranno anche cinque camere. Definito il concept (linea di cucina, servizio in sala, carta dei vini, rifornimento d’ingredienti e materie prime, etc) Rossi ha arruolato una squadra di giovanissimi, poco più che ventenni, in parte provenienti dalla scuola internazionale d’alta ristorazione Alma.

Un altro aspetto interessante è la proporzione delle superfici di lavoro del Qafiz. Al contrario di tanti locali che massimizzano lo spazio della sala, qui i rapporti sono invertiti: 80 metri quadrati per appena 4 tavoli (16-20 coperti tutti occupati nel fine settimana) e ben 150 mq di cucina.

Grande attenzione agli acquisti 

Concorrono al successo del Qafiz anche i rifornimenti mirati, misurati, stagionali, che riducono al minimo la scorta. «La nostra è un’attività sostenibile con un food cost pensatissimo - spiega Nino Rossi -. Siamo circondati da coltivatori, troviamo materie prime di qualità e di stagione a prezzi ragionevoli, questo ci permette di lavorare bene».

Tutti gli ingredienti, a eccezione della carne di piccione, arrivano dalle campagne e dai mercati della provincia; anche da piccoli contadini. La carne di manzo proviene da una macelleria di fiducia in base ai tagli disponibili che riesce a frollare (diaframma, filetto, costata eccetera); la carne di maiale invece non è un problema in una regione come la Calabria; invece per l’agnello si compra l’animale intero, poi valorizzato in cucina nei vari tagli (lombo, spalla, coscia, pancia; con la pancia ad es. si prepara il ripieno dei tortelli). Il pesce locale e di stagione arriva dalla tonnara di Palmi (ricciole, lampughe, seppie, totani) e quando cambia l’offerta il menu si trasforma con nuovi accostamenti.

Questi prodotti sono trasformati da una cucina contemporanea che si muove con familiarità tra le tecniche di cottura e le contaminazioni. Tra i primi le “castagne e ricci di mare come un Mont Blanc” sono un piatto che lega territorio (le castagne) gusto personale (i ricci) e creatività, cioè la meringa ricomposta attraverso l’acqua delle cozze e spolverata di bottarga. Il primo Trippa e pappaluni è invece un piatto della tradizione rivisitato: la trippa cotta con odori e un pizzico di ‘nduja, la spuma di pappaluni (fagioli grandi locali) e l’arancio candito apportano invece creatività. Altro primo sono i Bottoni di cipolla, consommé d’aringa, tartufo bianco (in brodo), piatto che guarda con un occhio alla Francia. C’è anche il risotto Carnaroli, abete bianco, polvere di porcini, un altro omaggio all’Aspromonte, terra popolata di abeti e porcini di faggeta. Qui gli aghi di abete sono messi in infusione.

E passiamo ai secondi. Il Piccione, melograno, parfait di fegatini, rollé di coscia, pistacchio, curcuma è un piatto che rivela l’amore per la Francia e mescola tecniche diverse: per esempio il foie gras di pistacchio, una pasta di pistacchio lavorata con lo stesso procedimento del fegato, marinata e cotta come un torchon di fegato, o la coscia cotta a bassa temperatura con alga nori, curcuma e miele di castagno. Tra i dolci troviamo il Kaki, ricotta, sorbetto alla fejoa, meringa di liquirizia Amarelli, caffè - idea di stagionalità - o il Biscotto bretone kouign amann, crema pasticcera, gelato di capperi e bergamotto, omaggio al famoso pasticcere francese Yann Couvreur. Finiamo con il pane: da lievito madre e grano antico Iermano, tutto in casa, nessun semi-lavorato, anche cialde, grissini e tartellette fatte con lo stampino.

Una stella che brilla 

Questa a grandi linee la cucina di Rossi. E si potrebbe obiettare: ma può funzionare una proposta del genere alle pendici dell’Aspromonte? Domanda legittima, ma la risposta è sì, anzi ce n’era bisogno. E qui veniamo a un altro aspetto non banale del successo del Qafiz, cioè il vantaggio competitivo della mancanza di concorrenza. Complice l’arretrata viabilità calabrese, il primo competitor si trova a un’ora di strada: è il Gambero Rosso di Gioiosa Jonica, ristorante di pesce dall’approccio classico-raffinato. Abruzzino, altro stellato, è nella “vicina” Catanzaro: un’ora e mezza di strada; mentre i già citati Dattilo, Biafora e La Tavernetta si raggiungono rispettivamente in 2 ore e mezza/3 ore e mezza d’auto. Cosa dovrebbe fare un buongustaio di Reggio Calabria? Sperare nella costruzione del Ponte sullo Stretto? Ma in fondo non è neanche corretto parlare di competitor perché i giovani chef dei succitati ristoranti calabresi ormai collaborano da anni per promuovere i grandi sapori e la creatività di una terra un po’ bistrattata.

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