Una realtà giovane e impegnata, che in pochi anni e in un contesto urbano frenetico, quale Mestre, si è rivelata vera e propria outsider della ristorazione: è l’Osteria Plip, nata dalla complicità tra amici e caratterizzata da una professionalità forgiata dall’esperienza e dalla passione. Evidente è la matrice personale, intesa come ricerca sul campo fatta di confronti, studio forsennato e piatti impressi in mente da sperimentare insieme.
La proposta del Plip si fa forte di materie prime originali e di altissima qualità, rielaborate in maniera inedita, senza copione, che anzi rifugge le convenzioni: «Ci stacchiamo totalmente dalla tradizione veneziana. Si rischia di confondere la bontà assoluta di un piatto nel momento in cui lo si ritrova in tutti gli ambiti “cibo” (gastronomia, supermercato, cucina della zia...) in maniera magari non buona, ma accettabile, come le sarde in saor: ecco che allora ho proposto in passato le moeche in saor, di sicuro un piatto diverso, che stupisce e fa capire alle persone che c’è un ragionamento dietro» racconta con piglio determinato e divertito l’executive chef David Marchiori, a capo di un lavoro che sembra essere una missione, con un obiettivo ben preciso: far star bene il gruppo di lavoro e di conseguenza anche i clienti.
E continua: «Plip è il nome originale della struttura, in passato una centrale del latte. Quattro anni fa avevo tutt’altro ruolo, ho deciso di mollare il mondo finora conosciuto per stare in cucina, seguendo quella che era una passione e una mania quasi. Da lì nasce l’Osteria: un’esperienza per chi viene a mangiare, ma anche per noi». Lo si percepisce nel gruppo affiatato, capace di misurare le proprie possibilità e cosciente di cosa si aspetta il cliente, con un forte senso della realtà e sana curiosità. Piedi ben saldi a terra e opera di ricerca, quindi, espressi in un menu vario e da una carta dei vini e delle birre significativa, in un gioco professionale in cui conta poco il calcolo e molto l’istinto: «Non c’è una motivazione che non sia quella della nostra passione. È una proposta carnale la nostra: leggi il menu e trovi inquietudine e divertimento, perché avere 50 piatti e prepararli tutti con una certa attenzione non è così scontato e nemmeno semplice».
Si respira insomma un’aria entusiasta qui e allo stesso tempo di alta concentrazione. L’esperienza in cucina è frutto di un allenamento alla bontà, fin dalle origini di un piatto. Un approccio che certo considera i costi, il food cost è spesso alto, ma mette in primo piano il senso di onestà intellettuale nei confronti dei clienti. L’affiatamento, lo studio, il confronto sono le “materie base” di una storia di successo, che sta portando la filosofia dell’Osteria Plip nei più prestigiosi contesti di settore e soprattutto nel cuore dei clienti.
Un lavoro estremamente cerebrale, anche, in cui accostamenti, lavorazioni, rese finali sono ragionate sulla base di studi, confronti ed esperienze degustative: «Uno chef, oltre a indubbie capacità tecniche, deve avere una grande banca dati di esperienze organolettiche in tutti i sensi, viaggi compresi. È lì che trovo i canali attraverso cui costruisco la proposta, unitamente all’idea che non darei da mangiare qualcosa a qualcuno che io non mangerei. La chiave è utilizzare la nostra sensibilità e memoria per restituirla a chi viene a mangiare da noi».
Nasce così un’esperienza di livello in cui al cliente vengono portate ben quattro menu: Carne, con soluzioni tradizionali o innovative, Pesce che è la proposta in cui si osa di più rispetto alla dimensione di “osteria”, la lista Burger Gourmet, dove dal pane al ketchup tutto viene creato artigianalmente, e infine la carta interamente Vegetariana: «Per scelta non utilizziamo le grandi icone di questa cucina quali sostituti della carne, come tofu, seitan, bulgur, perché anche questi li trovi al bar sotto casa e rischieremmo di svilire la nostra offerta. Se a questo uniamo la nostra decisione di non utilizzare prodotti pronti, la nostra è un’opera di ricerca su materie prime, erbe selvatiche e spontanee, spezie».
Degni dell’esperienza gastronomica la carta dei vini e delle birre: «Ci siamo avventurati insieme alla scoperta di ciò che ci piace. Ci siamo immersi nella birra artigianale italiana e nei vini della nouvelle vague, che non scendono a compromessi di mercato e riflettono il carattere di chi li produce, come avviene per la nostra cucina». Ecco quindi spumanti, bianchi e rossi prodotti senza solfiti aggiunti o chiarificanti, che non provengono dalla coltura intensiva e rispettano i tempi della natura, tra etichette macedoni e prodotti con sole 300 bottiglie di tiratura, grandi macerazioni e infine piena soddisfazione del palato, in primis in chi li ha selezionati.