Agli italiani piace mangiare cibi locali: proporre piatti a chilometro zero può essere quindi vantaggioso, a patto di comunicare questo aspetto. La maggior parte delle persone, infatti, considera la presenza dei prodotti a chilometro zero nel menu un criterio importante per scegliere un ristorante. I motivi di quest’interesse sono sia la sostenibilità ambientale, sia la salute, sia la volontà di sostenere l’economia locale, oltre alla tracciabilità e alla freschezza. D’altro canto, per i ristoratori è conveniente anche perché si eliminano intermediari, è più economico e si ha la possibilità di offrire menu stagionali.
A delineare le caratteristiche del fenomeno è una ricerca di CHD Expert, specializzata nella raccolta, gestione e analisi dell’informazione marketing sul mercato del consumo fuori casa, che ha compiuto un’indagine online su 300 consumatori, i cui contenuti sono stati adattati ai valori statistici della popolazione italiana con un raddrizzamento del campione.
«Il fatto di mangiare prodotti locali e del territorio in Italia non è una novità, perché c’è già una tradizione enogastronomica che va in questa direzione e che è molto legata al territorio”, spiega Alessandra Fanella, business development manager Italy della società (nella foto). “La novità è che nelle grandi città e nelle catene della grande distribuzione c’è un adattamento nell’usare questi prodotti, non soltanto perché sono più sani ma perché dietro c’è un discorso di sostenibilità economica. Per quanto riguarda l’uso della filiera corta nella ristorazione ha diversi vantaggi: non ci sono intermediari, quindi non c’è alcun distributore, nessun grossista, né cash & carry, una migliore tracciabilità, l’autenticità nell’origine dei prodotti, la possibilità di avere menù che si rifanno alla stagionalità e il fatto che la filiera corta consente di avere delle date di scadenza ridotte e quindi il cliente è sicuro di avere cibi freschi».
Secondo lo studio, i motivi che spingono i consumatori a scegliere questi prodotti sono preservare l’ambiente grazie alla riduzione del trasporto, essere sicuri dell’origine dei prodotti, sostenere l’economia locale, ovvero gli agricoltori e i produttori, la salute, dal momento che alcuni vegetali possono perdere una parte delle loro vitamine durante il trasporto o lo stoccaggio, e anche per risparmiare visto che si può beneficiare di un prezzo vantaggioso legato alla prossimità geografica e consumare cibi di stagione nel momento in cui i costi sono più bassi perché le disponibilità sono più abbondanti.
«Considerando i posti in cui trovare questi prodotti, ci sono fattorie direttamente gestite dal produttore in cui si possono acquistare, mercati specifici che vendono prodotti locali e negozi con aree dedicate a queste tipologie e anche la vendita a distanza su internet che rende possibile individuare le proposte a chilometro zero”, continua Fanella. “Nella ristorazione il discorso è diverso: in questo caso il consumatore non ha la percezione di quello che ha nel piatto, a meno che il ristoratore non faccia una comunicazione ad hoc. In genere vengono usati cibi locali sia per avere una riduzione dei costi e sia per portare avanti la tradizione gastronomica, soprattutto per quanto riguarda le realtà indipendenti e piccole, ma spesso non viene comunicato; c’è comunque una minoranza di ristoratori che offrono il 100% local e ne fanno il loro fiore all’occhiello nel marketing, sull’onda dell’interesse del consumatore finale verso la salute, il benessere e l’ambiente; inoltre c’è da considerare anche che i consumatori che rientrano nel mondo vegano e vegetariano in genere fanno parte della categoria di coloro che si interessano al fenomeno del chilometro zero. Nella catene di ristorazione, spesso anche nei fast food, c’è invece un’attenzione maggiore a comunicare questo aspetto, anche per presentare un’immagine più sana».
In Italia, secondo la ricerca, c’è molta attenzione al tema: l’84% degli intervistati dichiara di essere sensibile verso questi prodotti, il 91% li usa regolarmente e il 69% li consuma quando va al ristorante. In tutto ciò 8 consumatori su 10 considerano la presenza di proposte locali un criterio importante nella scelta del ristorante che intendono frequentare e l’85% è sensibile a piatti a chilometro zero.
Considerando i tipi di cibi locali in relazione al luogo di consumo, emerge che per frutta e verdura il 65% li consuma a casa, il 3% al ristorante, il 20% sia a casa che al ristorante; carne, uova e pesce sono consumati regolarmente a casa dal 47%, al ristorante dal 15% e in entrambi i luoghi dal 21%, mentre i prodotti caseari per il 50% vengono mangiati a casa, per il 7% al ristorante e per il 26% in entrambi. Per il vino nel 40% dei casi si beve tra le mura domestiche, nel 13% al ristorante e nel 24% sia a casa sia nei ristoranti.
Gli italiani e i prodotti locali
84% | Dichiara di essere sensibile verso i prodotti locali |
91% | Consuma regolarmente prodotti locali |
69% | Consuma prodotti locali al ristorante |
85% | È sensibile alla proposta di piatti con cibi a chilometro zero al ristorante |
Dove vengono consumati i prodotti locali
Consumo a casa | Consumo al ristorante | Consumo in entrambi i luoghi | |
Frutta e verdure | 65% | 3% | 20% |
Carne, uova e pesce | 47% | 15% | 21% |
Prodotti caseari | 50% | 7% | 26% |
Vino | 40% | 13% | 24% |