Più che cantare vittoria, meglio brindare allo scampato pericolo: il 2016 si chiude, per il secondo anno consecutivo, con un piccolo segno più per il fuori casa: come già nel 2015, sono aumentate sia le visite (+0,3%) che, in misura leggermente maggiore, la spesa (+0,6%). Sono le stime di The Npd Group Italia, che ha appena realizzato uno studio previsionale sull’andamento del settore nel prossimo biennio. «Prevediamo un consolidamento della ripresa - afferma Matteo Figura, responsabile della business unit foodservice - ma i tassi di crescita continueranno a essere modesti. E le performance del settore dei bar saranno lievemente migliori rispetto alla ristorazione. Il motivo? Negli ultimi anni il comparto dei bar ha mostrato una maggiore capacità di rinnovamento, mentre la ristorazione, soprattutto quella classica, è rimasta più ferma sulle proprie posizioni».
La ripresa dell’inflazione, che nel fuori casa si prevede sarà più alta rispetto all’indice generale, farà si che la crescita prevista per la ristorazione sarà probabilmente maggiore in termini di spesa che di visite. «La ripresa interesserà soprattutto quei locali che hanno saputo puntare su un elevato contenuto di esperienza per il cliente. Questo tipo di consumi erano stati gli ultimi a essere tagliati in tempi di crisi, perché sono quelli a cui i clienti di oggi danno maggior valore e maggior importanza».
I segnali di ripresa non possono però far passare in secondo piano alcuni cambiamenti che sarebbe superficiale non considerare. Il più forte è la crescente capacità di attrazione che esercitano sui clienti le insegne delle catene, soprattutto nel mondo del cosiddetto “fast casual”: si tratta di locali a metà tra bar e ristoranti, costruiti su format molto ben identificabili e riconoscibili, dove si può fare esperienza di un pasto seduto e servito senza la formalità (e i costi) del ristorante.
«Un altro segnale da non sottovalutare - continua Figura - è che nel biennio 2015-16 per la prima volta le famiglie hanno registrato un calo nel numero di visite fuori casa. E il calo ha interessato solo la ristorazione, mentre al bar la loro presenza è seppur di poco aumentata. Segno della difficoltà dei ristoratori di adeguare la propria offerta alle mutate esigenze di consumo di questo target. Le famiglie non cercano più luoghi dove parcheggiare i propri figli e accontentarli con un menu bambini, ma vogliono piuttosto un ambiente accogliente che permetta loro di fare un’esperienza piacevole come nucleo completo».
Un altro target che la ristorazione classica fatica a conquistare è quello dei millennial. «Sono consumatori ipertecnologici, sempre connessi - afferma Figura -, con pochi soldi in tasca ma voglia di uscire. Si rivolgono principalmente al mondo del take away e dello street food, formule più dinamiche e più in sintonia con i loro gusti anche estetici».
Nel 2016 è esploso anche il fenomeno delivery: «Merito soprattutto della forte crescita di aggregatori come JustEat, Foodora, Deliveroo ecc - spiega Figura -: se prima il delivery era la soluzione di chi voleva un pasto veloce e pratico, ora si è ampliato anche alla fascia medio-alta, al mondo del fine dining».
Tornando alle previsioni, per il prossimo biennio The Npd Group prevede performance migliori per le pizzerie e i ristoranti etnici rispetto ai ristoranti classici. «Per questi ultimi - conclude Figura - la sfida è di rinnovare la propria proposta, non più al passo con i nuovi comportamenti di consumo».