Per comunicare efficacemente la valutazione di un ristorante sono più efficaci i numeri o i simboli? La guida Michelin è l’antesignana della valutazione simbolica: con sole tre piccole stelle ci ha insegnato a farci un’idea immediata, anche se inevitabilmente tranchant, di un locale. Al contrario, la guida dell’Espresso ha optato per il voto numerico in ventesimi - ereditato dalla guida Gault Millau della quale un tempo era partner - e quindi con numerose sfumature di giudizio per alto moltipicate dai mezzi voti. Un sistema più analitico ma fatalmente meno intuitivo e fonte di discussioni: che differenza può fare agli occhi del lettore una differenza tra di un punteggio 16,5 e uno di 17? In considerazione di tutto ciò, dopo ben 39 anni (il primo volume è uscito nel 1978) c'è stata la rivoluzione. Nell’edizione 2017, la guida diretta da Enzo Vizzari abbandonerà la valutazione numerica in ventesimi per affidarsi al sistema simbolico dei cappelli, con la sola differenza che saranno 5 e non 3 come le stelle.
Tutto sarà più chiaro e immediato: solo cinque gradi di giudizio che diventano sei se si tiene conto del fatto che il punteggio zero, cioè la semplice citazione di un ristorante nella guida senza l’attribuzione di alcun cappello, è già una valutazione positiva.
Rimane un unico dubbio: se di un ristorante insignito di una o più stelle si dice che è stellato, come si definirà un ristorante con i cappelli?