Usare la moka a regola d’arte (anche al ristorante)

La moka, un valido aiuto per servire un buon caffè al ristorante. Inventata nel 1933 da Alfonso Bialetti, estrae il caffè esercitando una piccola pressione...

La moka si trova sempre più spesso al ristorante. Inventata nel 1933 da Alfonso Bialetti, estrae il caffè esercitando una piccola pressione (1-1,5 bar). Il suo funzionamento è semplice, ma va utilizzata correttamente, a  partire dalla qualità dell’acqua che si pone nella caldaia (la parte inferiore), che non deve essere di rubinetto né troppo dura: cloro e calcare incidono negativamente sulla qualità in tazza.

Granulometria: non dev'essere troppo fine

Per permettere il giusto passaggio dell’acqua, è bene porre nell’imbuto caffè macinato (il rapporto suggerito tra caffè e acqua è di 1/10) con una granulometria tra 400 e 500 micron, una via di mezzo tra l’espresso e il V60: se è troppo fine (o se pressato) crea una sorta di “tappo” e l’acqua lo può attraversare solo aumentando la pressione, quindi la temperatura. Si avvitano le due parti: se durante l’estrazione tra queste esce del caffè o se la chiusura chiede particolare forza per risultare ermetica, bisogna sostituire la guarnizione.

Come estrarre alla perfezione

La moka va dunque posta su un fornello e l’erogazione prende il via intorno a 50 °C. È bene verificare l’innalzarsi della temperatura (inserendo un termometro nella parte finale del camino, da cui esce il caffè), spegnendo la fonte di calore quando il liquido raggiunge gli 80-85 °C; l’erogazione proseguirà ancora qualche secondo, fino ai 92-93 °C. Se si lascia proseguire il gorgoglio fino alla fase cosiddetta “stromboliana”, il calore diventa eccessivo, con un apporto di note amare del caffè. Dei circa 150 ml in caldaia (moka da 3) se ne dovrebbero ottenere nel raccoglitore 120-125; la restante parte viene trattenuta dal caffè. Ultimo accorgimento, prima di servire, mescolare il liquido con un cucchiaino.

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