Vino: così la pandemia ha cambiato gli stili e i consumi degli italiani

Foto di JamesDeMers da Pixabay
I dati del primo report  sul settore vino & spirits italiano, firmato dall’Area Studi Mediobanca, l’Ufficio Studi di SACE e Ipsos: analisi dei mercati domestici e internazionali e lo studio delle dinamiche socio-culturali di consumo

Si compra sempre più on line, spesso direttamente sui siti delle aziende produttrici, si guarda sempre di più al biologico, si cercano sempre più vini di qualità, anche quando li si acquista nei punti vendita della grande distribuzione organizzata o di prezzo. Cresce la polarizzazione della fascia di prezzo: in pratica si compra guardando al prezzo o alla qualità. La fascia media è considerata di poco appeal dai consumatori italiani.

Fatturati in calo nel 2020

Sono i dati che emergono dal primo report sul settore vino & spirits italiano, dedicato all’analisi dei mercati domestici e internazionali e allo studio delle dinamiche socio-culturali di consumo, firmato dall’Area Studi Mediobanca, l’Ufficio Studi di SACE e Ipsos.

I più grandi produttori italiani hanno chiuso il 2020 con una perdita di fatturato media pari al 4,1% (-6,3% il mercato interno, -1,9% l’estero) e un margine operativo lordo sceso al 5,8 rispetto al 6,2% del 2019. I vini frizzanti hanno perso più terreno (- 6,7%) dei vini fermi (-3,5%). Chi ha saputo rispondere meglio alla crisi sono le cooperative che hanno contenuto la flessione al 2%.

Cresce il peso della Gdo

Si è ovviamente comprato più vino in Gdo, che oggi incide nelle vendite complessive per il  38% rispetto al 35,3% del 2019. Ovviamente l'Horeca ha perso "potenza" e nel 2020 ha pesato solo per il 13,4% delle vendite complessive contro il 17,9% dell'anno precedente. I wine bar ed enoteche, considerati dal centro studi di Mediobanca, come canale a sé, sono scesi al 6,7% (erano al 7%).

E cresce anche l'on line

I vari lockdown hanno ovviamente contribuito a far crescere l'on line, letteralmente esploso con un +74,9% di vendite per le vendite sui siti web di proprietà delle cantine e addirittura un più 435 per le piattaforme online specializzate e un +747% i marketplace generalisti. Ovviamente gli investimenti nel digital dei maggiori produttori di vino sono aumentati (+ 55,8%), a fronte però di un calo del 14,3% degli investimenti complessivi e del 13,4% della spesa pubblicitaria.

O prezzo o qualità

Cosa si è venduto? Tra le imprese che hanno tenuto, e magari sono cresciute di fatturato, la vendita si è concentrata soprattutto sui vini dal costo inferiore ai 5 euro che hanno rappresentato il 70,8% delle vendite. La quota di vini base venduti scende però al 52,6% tra le di imprese con vendite in calo. «E lo spostamento verso segmenti più alti - afferma il report Mediobanca, SACE e Ipsos - appare solo rinviato a quando si assesteranno gli stili di consumo post pandemici».

Già bene oggi, infatti, i vini biologici cresciuti del 10,8% (e che attualmente rappresentano il 2,3% del mercato); hanno tenuto i vini vegan  (+0,5%, anch’esso al 2,3% del totale). Non decollano, invece i vini biodinamici, che perdono il 21,9% e vengono confinati allo 0,1% del mercato.

E il futuro?

Le grandi cantine italiane si attendono per il 2021 una crescita del 3,5%, che arriverebbe al 4,6% per la sola componente export. Insomma, si tornerebbe, o quasi, ai fatturati pre Covid. Tanto più che nel biennio 21-22 ci si attende un aumento dei consumi di vino italiano all'estero del 3,8% (percentuale di crescita annua) per molti tra i principali mercati di sbocco della nostra produzione. Per i due grandi importatori di vino italiano la crescita media annua è del 2% per gli USA e del 3,1% per la Germania mentre per la Svizzera si ci aspetta consumi di vino stabili.

Discorso a parte per il Regno Unito: crescita del 2,4% l’anno, ma prospettive complicate dagli sviluppi post Brexit e interessanti opportunità potrebbero arrivare da mercati già noti al vino italiano: Canada e Giappone segnano un consumo atteso in forte crescita (+5,9% annuo per entrambi) e poi la Cina, che mostra uno dei maggiori potenziali con un +6,3% annuo nel prossimo biennio.

Cantine Top

A livello di fatturato , la classifica vede al comando il gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a 581 milioni di euro (-4,4% sul 2019), nettamente al comando sulla seconda posizione ricoperta da un’altra cooperativa, la romagnola Caviro, il cui fatturato è cresciuto del 10%, avvicinandosi ai 362 milioni di euro. La veneta Casa Vinicola Botter è al terzo gradino del podio con 230 milioni e una crescita del +6,4%. Oltre i 200 milioni di euro di fatturato troviamo la toscana Antinori (215 milioni di euro ma con un calo del 12,5%), la trentina Cavit (210 milioni di euro e +9,6% sul 2019), Fratelli Martini (208 milioni di euro, +1,1% sul 2019), IWB - talian wine brands (204 milioni, +29,7%) e la veneta Enoitalia che ha realizzato una crescita del +0,8%, portandosi a 201 milioni di euro.

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