L’Italia della tavola è una dimensione fatta di numerosi retaggi. Tra quelli più radicati in assoluto c’è il rituale del caffè e dell’amaro al fine pasto, troppo spesso relegato a momento monotono, quasi sorvolabile. La possibilità di una conclusione alcolica di alto profilo, invece, sembra avere enormi margini di sviluppo (o ripresa).
Racconta Salvatore D’Anna, bartender di Sustànza a Napoli: «Il pubblico italiano è sempre più interessato al consumo di distillati o liquori. Al termine del pasto si preferisce un consumo in purezza, in particolare per quanto riguarda il single malt, mentre durante la cena è la miscelazione a rappresentare un importante strumento per invogliare il cliente ad assaggiare le nostre proposte». Sustànza è il fine dining parte di Scottojonno, recente e rivoluzionario progetto in Galleria Principe a Napoli, trainato dall’imprenditore Luca Jannuzzi, che al piano terra accoglie gli ospiti in un cocktail bar d’antan. Questa doppia anima garantisce una gamma di distillati e liquori disponibili di importante profondità: «La nostra proposta alcolica spazia a 360° sul mondo beverage e segue la linea gastronomica dello chef, che si spinge ben oltre le consuetudini. Per fare un esempio, come prima portata liquida del percorso degustazione serviamo un cocktail analcolico a base di sommacco, una ricetta nata dalla mano dello chef Marco Ambrosino. Il pairing tra piatto e cocktail lo realizzo in collaborazione con lo chef e il sommelier Davide Cozzolino. Durante la cena, tendiamo a servire basi alcoliche meno strutturate, come il vermouth, il sake o il tequila. Per il fine cena, invece, tendiamo a servire in purezza scotch single malt whisky e cognac, il mezcal viene apprezzato sia durante la cena che al termine. Ognuna di queste basi alcoliche è al centro di un lavoro di ricerca, che ha l’obiettivo di esaltare le sfumature del piatto. Il sake edo genshu per esempio viene abbinato all’aceto di vino, il tequila viene infuso con il carciofo e così via. Per ogni menu degustazione, poi, prepariamo un’infusione a base vino, che serviamo come bitter all’aperitivo o come amaro al termine del pasto».
Avere un comparto bar di alto profilo è una carta da valutare con sempre maggiore attenzione: «È una realtà sempre più affermata nel campo della ristorazione contemporanea - prosegue D’Anna - non c’è più un cliente che ordina solo acqua o vino, ma tutti, ormai, si aspettano di bere anche un drink». Fondamentale, quindi, dimostrare versatilità e prontezza in termini di proposta ed eventualmente preparazione: perché se è vero che, secondo D’Anna, non ci sono richieste troppo particolari nella specifica categoria dei superalcolici e liquori a tavola, «bisogna poter rispondere a ogni domanda, per cui abbiamo anche un carrellino con una selezione di distillati, che ci consente di realizzare i cocktail espressi, davanti al cliente».
Molto si discute anche circa la possibilità del food pairing con miscelazione e prodotti ad alta gradazione alcolica, una proposta che conserva ancora lati piuttosto oscuri. Quando si tratta di distillati, soprattutto di pregio, meno è meglio: «Con i distillati in purezza tendiamo a non fornire un accompagnamento. L’unica eccezione è rappresentata dalla piccola pasticceria, a cui abbiniamo uno scotch single malt o un mezcal. È poi fondamentale che ogni distillato sia servito con il bicchiere corretto. Infine, si dovrebbe sempre cercare di assecondare le richieste del cliente». Magari indirizzandolo, quando necessario.
A cosa, dunque, fare attenzione quando si lavora con il servizio dei distillati? «Approssimazione, qualunquismo, mancanza di studio delle etichette e rifiuto di approfondimento della provenienza del prodotto». A D’Anna fa eco Leandro Ruggiero, bar manager di Scottojonno: «Bisognerebbe rivedere l’utilizzo del ghiaccio nei distillati perché sciogliendosi, può rovinare le caratteristiche organolettiche. E non cadere nella banalità, come servire un accompagnamento di cioccolato o pasticcini, in un abbinamento che spesso si rivela sbilanciato».
Susy Ceraudo - Ristorante Dattilo (Strongoli - Kr)
A Strongoli (Kr), la chef Caterina Ceraudo guida il ristorante (una stella Michelin) Dattilo, all’interno della azienda agricola di famiglia. La sorella Susy è responsabile commerciale, finanza e marketing. Racconta: «Si sta andando sempre di più, nei ristoranti gastronomici, alla ricerca di amari distillati e liquori particolari e anche poco conosciuti. Gli ospiti amano scoprire anche prodotti locali. La mixology sta crescendo di livello e di qualità e così anche la richiesta di spirits con un occhio di riguardo a quelli meno conosciuti e a carattere locale. Noi proponiamo per esempio il Vermouth Spirito Rurale, nato lo scorso anno da una collaborazione con la Fratelli Pellegrini ed Essentia Mediterranea. Si tratta di un Vermouth Biologico caratterizzato dall’utilizzo del vino della nostra azienda agricola, aromatizzato con una tintura di agrumi, piante, radici ed erbe aromatiche tipiche della macchia mediterranea, unito a zucchero d’uva, alcol e acqua».
La chef Caterina Ceraudo ha in carta alcuni piatti che uniscono food e alcolici come Finocchio e Limetta, un pre-dessert molto fresco, in cui utilizza Vermouth Spirito Rurale Bianco. «In autunno - dice - abbiamo invece Zucca e Vermouth Rosso. E poi anche Sgombro e Gin Gil Torbato, un Gin rurale prodotto qui in Calabria, con angostura e bitter al pompelmo, o ancora Rum e Mazzancolle».
David Žefran - Ristorante Milka (Kranjska Gora - Slovenia)
L’unico ristorante due stelle Michelin di tutta la Slovenia si trova a una manciata di chilometri dal confine italiano: Milka, a Kranjska Gora, è guidato dal trentenne David Žefran «È fondamentale - racconta lo chef - porre la massima attenzione ai calici di servizio e soprattutto alle temperature, perché ciascun distillato o liquore esprime il meglio delle proprie caratteristiche in condizioni diverse (bocca del bicchiere più meno larga, temperatura ambiente o fresco o freddo, e via dicendo). Per questo è necessario conoscere ogni aspetto dei prodotti offerti: abbiamo in carta etichette di numerose tipologie di liquori provenienti da tutto il mondo, ma ci dedichiamo anche alla produzione di nostri prodotti con una base di distillato di cereale organico, che viene infuso poi con frutta, vegetali, spezie, erbe, spesso anche provenienti dalle lavorazioni della nostra cucina. Permettendoci così di realizzare dei pairing, anche con cocktail che si sposano perfettamente ai nostri piatti. Questo aspetto ci aiuta anche avere una clientela curiosa, che difficilmente ha richieste complesse o specifiche, ma sia nel cibo sia nel beverage ricerca un’esperienza nuova e fedele alla cultura gastronomica del luogo in cui ci troviamo».
Mattia Piotto e Alessandro Scarsi - Trattoria Contemporanea (Lomazzo - Co)
A Lomazzo (Co), il ventisettenne chef Davide Marzullo è stato il più giovane cuoco a capo di un ristorante stellato nel 2023. Con lui, una squadra di giovanissimi di cui fanno parte il sommelier Alessandro Scarsi e il responsabile di sala Mattia Piotto: «La nostra proposta di liquori e distillati segue la filosofia della carta dei vini e del ristorante in generale, ovvero la riscoperta di prodotti meno conosciuti o addirittura dimenticati, toccando sia tradizione che contemporaneità. Abbiamo un carrello di distillati con il piano superiore dedicato all’Italia (acqueviti, grappa), e quello inferiore che raccoglie referenze internazionali (whisky, rum, Cognac, e così via), tutte piuttosto di nicchia e che ci permettono quindi di raccontare e divulgare al tavolo. Abbiamo richieste molto specifiche perché siamo in contatto con innumerevoli tipologie di ospite, ciascuna con delle preferenze: si va per una ricerca di sapore (secco, tostato, dolce), oppure per tipologie di distillati particolari. Abbiamo una mentalità quasi da piccoli alchimisti, per cui gli abbinamenti con liquori e distillati sono una soluzione che prediligiamo: sia in miscelazione (ad esempio un Campari shakerato con cioccolato e caffè, abbinato a un risotto), o a fine pasto (gin aromatici, whisky con dessert alla liquirizia)».