La produzione elbana ha un re incontrastato: l’Aleatico passito, punto di forza dell’enologia dell’isola. E poi Moscato, Ansonica, Vermentino, Sangiovese che ben si sposano con la cucina locale.
Maggiore isola del Parco Nazionale dell’Arcipelago toscano, l’Isola d’Elba è la più grande e la più accessibile delle isole minori italiane: dista dal continente soltanto 10 chilometri.
Nonostante il suo appeal turistico-balneare (147 km di coste), l’Elba da tempi antichi (come d’altronde le altre isole del Mediterraneo) è un’area privilegiata per la produzione di vino grazie alle caratteristiche dei suoi terreni e alle sue prerogative climatiche.
Per la sua posizione strategica e la ricchezza dei minerali del sottosuolo è sempre stata terra di conquista da parte delle potenze affacciate sul Mediterraneo, dagli Etruschi ai Romani, che contribuirono a sviluppare la coltivazione della vite. Inoltre illustri personaggi legati all’Elba, come Cosimo De’ Medici e poi Napoleone Bonaparte, incentivarono la coltivazione e la diffusione della vite, essendone essi stessi grandi estimatori.
Percorsi tra i vigneti
È nella parte orientale, la più bassa e la più popolata, che si estendono la maggior parte di oliveti, vigneti e frutteti, che hanno vissuto, dopo la crisi degli anni Settanta e il successivo sviluppo turistico, una vera e propria rinascita.
Il percorso più suggestivo inizia dai vigneti arroccati sulle pareti dei colli di Rio Marina, attraverso Porto Azzurro, Capoliveri fino a Portoferraio. Nella parte ovest i vigneti si integrano nell’ambiente naturale e incontaminato del Parco Nazionale dell’Arcipelago.
Negli anni Quaranta e fino ai primi anni Cinquanta, il paesaggio elbano appariva molto diverso dall’attuale.
All’epoca infatti il profilo dell’isola era disegnato da muri a sasso e da terrazze dove si coltivava non solo l’aleatico ma anche tutte le altre uve “tipiche”: sangiovese, procanico, ansonica. Ben il 35% della superficie elbana era coltivata a vite.
Le zone impervie e scoscese, che si estendevano fino a 300 metri sul livello del mare, ardue da raggiungere, costituivano quella “ viticoltura eroica” che per decenni ha caratterizzato il paesaggio elbano.
Lentamente grazie a viticoltori coraggiosi riuniti intorno al Consorzio di Tutela, oggi questo paesaggio sta recuperando le zone incolte. Sono 30 i produttori che hanno aderito al Consorzio, e 16 di questi imbottigliano in proprio; l’azienda più piccola si estende su 1,5 ettari, la più grande su 16,5 ettari. I passiti sono la punta di diamante dei vini dell’Elba: l’Aleatico è uno dei pochi passiti adatto ad abbinamenti altrimenti difficili, come quello con il cioccolato.
Dolci e non solo
Rigido il disciplinare che addirittura vieta la bottiglia da 0,75 l e quella da litro, mentre accanto alle mezze bottiglie e quelle da un quarto di litro, ammette la magnum da 1,5 l (adatta per servizi tipo banqueting). Altro “dolce” diffuso è il Moscato, mentre l’Ansonica passita, vino di difficile produzione, offre sensazioni affascinanti. Tra gli altri vini non vanno dimenticati il grande ventaglio di bianchi, dal Vermentino al Procanico, e poi i rosati e i rossi, soprattutto a base di sangiovese.
Una novità sull’Isola è il Syrah, di recente introduzione, che sta dando risultati eccellenti. In generale possiamo parlare di vini che si sposano con la gastronomia elbana, dove il pescato è abbondante e vario e le preparazioni spaziano da quelle con cotture semplici e veloci a quelle più complesse e lunghe (incluse saporite zuppe). Tipica è la “Tonnina”, carne di tonno salata e la “Sburrita”, zuppa di baccalà al peperoncino.