Le nuove abitudini alimentari hanno innalzato il rischio associato al consumo di pesce crudo, per via del frequente riscontro di parassiti pericolosi come l’Anisakis, diffuso nel suo stadio larvale in molti pesci (tra cui aringhe, acciughe, alici, sgombri, merluzzi, tonni e salmoni selvaggi). Quando si mangia pesce crudo infetto, le larve possono impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale. La parassitosi acuta da Anisakis si manifesta con intenso dolore addominale, nausea e vomito. Le forme croniche possono coinvolgere fegato, milza, pancreas, vasi ematici e miocardio. Inefficaci sono i trattamenti di marinatura e affumicatura/salagione; l’unico modo per assicurare la bonifica è la cottura a 60 °C per almeno 10 minuti o il congelamento/surgelazione in caso di consumo a crudo.
Le temperature comprese tra i -12 °C (congelamento) e -18 °C (surgelazione) al “cuore del prodotto”, raggiunte con tempi più o meno brevi in base alle metodologie utilizzate, consentono la conservazione di alimenti deperibili per periodi di tempo relativamente lunghi. Le basse temperature inibiscono la moltiplicazione dei microrganismi e la progressione dei processi di auto degradazione. In particolare i surgelati, oltre a bloccare la maggior parte dei processi di proliferazione microbica, sono prodotti di qualità in quanto permettono di mantenere le proprietà organolettiche quasi inalterate per tutto il periodo di conservazione. L’efficacia dei sistemi di conservazione a basse temperature dipende dalla corretta applicazione della catena del freddo, che prevede l’abbattimento rapido della temperatura e il suo mantenimeno in ogni fase di commercializzazione. I ristoratori che congelano i prodotti della pesca per il consumo a crudo devono disporre di macchinari con capacità frigorifera (abbattitori di temperatura professionali), tali da ridurre rapidamente la temperatura a valori non superiori ai -20 °C al centro del prodotto e di mantenerla per almeno 24 ore, oppure a -35 °C per almeno 15 ore. Nel caso in cui l’abbattitore non sia presente o sia fuori uso, è possibile utilizzare un congelatore dedicato ad uso esclusivo che, per precauzione, conservi il prodotto chiuso per almeno 96 ore a -18 °C.
Nell’industria, una tecnica di refrigerazione rapida che può contrastare la crescita di parassiti e batteri è la surgelazione flash o criogenica ottenuta tramite l’impiego di armadi o tunnel criogeni che, grazie alla rapida formazione di cristalli di ghiaccio piccoli e distribuiti uniformemente, preserva la qualità e il gusto degli alimenti. Gli agenti refrigeranti più utilizzati sono l’anidride carbonica sotto forma di neve a circa -78 °C e l’azoto liquido a circa -196 °C. La neve di anidride carbonica, nota anche come ghiaccio secco, è un mezzo refrigerante molto efficace per prodotti che devono essere trattati in agitatori, miscelatori, contenitori, scatole di cartone. L’azoto liquido, invece, è preferito nella surgelazione di alimenti di piccole dimensioni per via della maggiore rapidità di raffreddamento e per l’assenza della lieve acidità tipica dell’anidride carbonica.
Surgelati o congelati?
Il congelamento è un processo di tipo domestico o professionale, non regolamentato dalla legge, che prevede il raggiungimento di temperature comprese tra -7 °C e -12 °C in tempi più lunghi rispetto alla surgelazione. Ciò determina la formazione di grossi cristalli creando danni alla struttura biologica degli alimenti e perdite di valori nutrizionali e organolettici. Invece gli alimenti surgelati, come definito dal D.lgs. 110/92, sono sottoposti a un processo che permette di superare con la rapidità necessaria, in funzione della natura del prodotto, la zona di cristallizzazione massima e di mantenere la temperatura del prodotto in tutti i suoi punti, dopo la stabilizzazione termica, ininterrottamente a valori pari o inferiori a -18 °C. La rapidità del processo porta alla formazione di micro cristalli di ghiaccio che non rompono le pareti cellulari preservando così le caratteristiche del prodotto.