Forfettario e ordinario: scopri chi pagherà meno

Innalzato da 65 a 85mila euro il reddito annuale massimo per usufruire del forfettario. Per ordinario e semplificato c’è la flat tax incrementale

La soglia per l’accesso o la permanenza nel regime forfettario è stata innalzata a 85mila euro (in precedenza tale limite era fissato in 65mila euro). Dal 2023, quindi, possono accedere o mantenere il regime forfettario i contribuenti - siano essi persone fisiche, imprenditori o professionisti -, che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori alla nuova soglia stabilita dalla Legge di bilancio 2023.

Per valutare la possibilità d’ingresso nel nuovo regime, i ricavi o compensi vanno calcolati secondo i principi fiscali valevoli nell’anno di riferimento. Questo significa:

• principio di competenza per le imprese in regime ordinario;

• principio di cassa o di registrazione per quelle in regime semplificato.

Per valutare il diritto alla permanenza nel regime forfettario, si considera il regime utilizzato nell’anno precedente, con il principio di cassa.

Nell’ammontare dei ricavi da considerare per accedere al regime sono esclusi gli ulteriori componenti positivi per l’adeguamento agli indici sintetici di affidabilità (Isa).

Nel caso di esercizio contemporaneo di più attività, si considera la somma dei ricavi e dei compensi delle diverse attività esercitate.

I soggetti che superano, in corso d’anno, la soglia degli 85mila euro ma restano entro i 100mila euro di ricavi usciranno dal regime a partire dall’anno successivo. Al superamento dei 100mila euro, invece, è previsto il ritorno immediato in corso d’anno al regime normale; sarà quindi dovuta l’Iva a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite.

Regole

Queste le principali regole per chi rientra nel regime forfettario:

• applica un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’Irap pari al 15% o, per le effettive nuove attività, l’aliquota ridotta al 5% per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro periodi successivi.

• non deduce i costi effettivamente sostenuti, ma soltanto una percentuale forfettaria (per il settore dei pubblici esercizi pari al 60%).

• non applica l’Iva sulle operazioni attive e non può detrarre l’Iva sugli acquisti;

• non ha nessun obbligo contabile; deve soltanto conservare tutti i documenti emessi e ricevuti;

• è escluso dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità, ma è soggetto all’indicazione delle seguenti informazioni nella dichiarazione dei redditi (quadro RS): acquisti di merci; noleggi; canoni di locazione finanziaria o ordinari per utilizzo di beni immobili, mobili e concessioni; carburanti.

• è escluso dall’obbligo di fatturazione elettronica fino al 31/12/2023 se nell’anno 2021 ha percepito ricavi o compensi non superiori a 25mila euro. Resta invece per tutti l’obbligo di fattura elettronica nei confronti della Pubblica amministrazione e di emissione del documento commerciale telematico.

Per la scelta se entrare nel regime forfettario oppure optare per il regime normale (di norma quello semplificato) vanno tenuti presente i seguenti aspetti:

• dall’imposta sostitutiva non possono essere detratti gli importi normalmente detraibili per l’Irpef. Ciò significa che, in assenza di altri redditi soggetti a quest’ultima imposta, le detrazioni si perdono.

• dal reddito soggetto a imposta sostitutiva non sono deducibili gli importi che invece si possono dedurre ai fini Irpef (importi pagati per previdenza complementare, erogazioni liberali a Onlus ecc.). Fanno eccezione i contributi previdenziali obbligatori per l’attività esercitata, che si deducono dall’imponibile dell’imposta forfettaria.

• i costi effettivi sostenuti potrebbero essere superiori alla forfettizzazione del 60%, per cui con il regime forfettario si potrebbe finire per avere un imponibile più elevato.

• per coloro che lavorano con imprese che detraggono l’Iva, il vantaggio della non applicazione dell’Iva sulle vendite potrebbe essere ampiamente inferiore all’impossibilità di detrarre l’Iva sugli acquisti; ugualmente se l’Iva sulle vendite fosse applicata con un’aliquota inferiore a quella sugli acquisti, come per i servizi di mensa.

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