Franchising: crescono a due cifre insegne e fatturati

Osservatorio –

Sono 133 le insegne del fuori casa censite dal rapporto di Assofranchising a fine 2012, il 20% in più rispetto all’anno precedente. I consigli degli esperti per chi vuole aderire a una catena e i costi di affiliazione delle principali insegne operanti in Italia

Dalle catene di fast food a quelle di pizzerie, sono sempre di più gli imprenditori che decidono di affiliarsi ad una catena della ristorazione. Secondo i dati raccolti da Assofranchising, infatti, la ristorazione in franchising in Italia cresce sia come giro d'affari, arrivato nel 2012 a sfiorare gli 1,9 miliardi di euro in termini assoluti (+12,6% rispetto al 2011), sia per quanto riguarda l'apertura di nuovi punti vendita, che hanno raggiunto in totale le 2.913 unità. Non per tutti è un successo: ad andare bene sono soprattutto i player più rilevanti e strutturati, mentre le reti più piccole trovano qualche difficoltà a restare sul mercato.

Più insegne e più locali

In base al “Rapporto Assofranchising Italia 2012 - Strutture, Tendenze e Scenari”, l'offerta di ristorazione in franchising nella Penisola è in netto sviluppo: l'anno scorso il numero di franchisor operativi sul territorio con almeno 3 punti vendita tra diretti e in affiliazione ha registrato un aumento del 20,9%. Si tratta di 133 insegne che spaziano dalla ristorazione veloce a quella a tema, alle pizzerie (ma includono anche chioschi, yogurterie e gelaterie, prodotti da forno, pub e caffetterie). Il numero dei punti vendita in franchising di queste reti è in crescita del 7,6% rispetto all'anno precedente. Sono aumentati, di conseguenza, anche gli addetti che lavorano nel settore, che si attestano a 25.656 persone a chiusura del 2012 (+8,4%) e che incidono per il 13,7% sull'intera occupazione che deriva dai negozi in franchising.
La crescita trova conferma anche in un confronto a pari insegne degli stessi indicatori principali, che rimangono positivi anche se in maniera più contenuta: i punti vendita in franchising crescono del 3,6% e gli addetti del 6,5%, mentre il fatturato registra un +10,3% su una base di 95 insegne equiparabili.
Nella Penisola, sono diversi i marchi che operano con questo modello di business: da quelli specializzati in ristorazione rapida come, tra gli altri, McDonald's (la cui rete è per l'80% in franchising), Burger King (vedi riquadro in alto), Subway, Panino Giusto e La Piadineria, al travel retail, con Chef Express e Autogrill, alle pizzerie, come Rossopomodoro e Fratelli La Bufala, ai locali a tema, quali Roadhouse Grill e Old Wild West, senza dimenticare le proposte più etniche, come quelle di sushi con Haru e Sosushi.

Gli italiani all'estero

Un fenomeno relativamente più recente, dopo l'invasione delle insegne straniere nel nostro Paese, sono i gruppi italiani della ristorazione in franchising che hanno deciso di intraprendere un piano di sviluppo internazionale.

A chiusura del 2012, il rapporto registrava ben 40 insegne franchisor italiane nel settore della ristorazione con presenze e piani di sviluppo oltreconfine. La maggioranza sono caffetterie e gelaterie, ma non mancano le insegne della ristorazione, come Rossopomodoro e Fratelli La Bufala.

La scelta di affiliarsi

«Scegliere di affiliarsi a una rete in franchising - sottolinea Antonio Milani, consigliere di Assofranchising e ad del Gruppo La Piadineria - ha il vantaggio di riuscire a partire anche in un momento così difficile per il mercato, potendo usufruire di un know-how consolidato e di una formula sperimentata».
Occorre tuttavia prestare moltissima attenzione ai contenuti del contratto che viene sottoposto per la firma, rivolgendosi eventualmente a consulenti esperti.
Gli elementi chiave da valutare con attenzione sono l'ammontare del diritto d'ingresso e degli investimenti che il franchisee deve sostenere, le royalties da pagare (una percentuale sul fatturato, di solito inferiore al 10%), il giro d'affari minimo da realizzare, la descrizione del know-how e dei servizi forniti dal franchisor.
In Italia la legge che regola il franchising è la n. 129/2004. «La legge italiana - spiega Valerio Pandolfini, titolare dello Studio legale Pandolfini, con uffici a Milano e Monza Brianza, esperto in diritto d'impresa e specializzato nel franchising - impone al franchisor di fornire all'aspirante affiliato, almeno un mese prima che venga sottoscritto il contratto, una serie di informazioni sulla rete in franchising e sul contratto stesso.
Inoltre, la legge prevede che il contratto debba avere alcuni elementi fondamentali, primo tra tutti il know-how, cioè un patrimonio di conoscenze, nozioni, esperienza, procedure e così via che deve avere determinati requisiti».

Attenzione alla durata del contratto
Un aspetto sul quale conviene soffermare l'attenzione prima della firma è la durata: «La legge prevede una durata minima di 3 anni - continua Pandolfini -, ma quella media è di 5 o 6 anni e nella maggior parte dei casi non è prevista per l'affiliato la possibilità di recedere dal contratto, oppure è prevista previo pagamento di penali onerose. Ciò dà spesso luogo a contenzioso, che potrebbe essere invece evitato prevedendo una durata consona agli interessi delle parti e/o la possibilità di recedere dal contratto senza oneri eccessivi».

Un altro aspetto da valutare attentamente, ed eventualmente bilanciare, è l'obbligo di non concorrenza per il franchisee. I contratti di franchising obbligano in genere l'affiliato a non esercitare attività in concorrenza con l'affiliante non solo durante il contratto, ma anche per un certo periodo dopo lo scioglimento del contratto.

Definire bene gli obblighi reciproci
È fondamentale poi che nel contratto vi sia il più possibile chiarezza sugli obblighi reciproci; dovrebbe quindi essere regolamentato in modo preciso cosa deve fare il franchisor in termini di formazione, assistenza, pubblicità ecc.
«C'è poi il profilo economico - conclude Pandolfini -: in genere è previsto il pagamento di una entry fee e poi di royalties, spesso collegate a dei minimi di fatturato da realizzare. Anche in questo caso è opportuno predisporre un contratto equilibrato».
Gli investimenti necessari variano da alcune decine di migliaia di euro ad alcune centinaia di migliaia. Per esempio per aprire ristoranti McDonald's e Burger King servono 500mila euro più 50mila euro come diritto d'entrata, con royalties del 5%, mentre per Subway si parla di una spesa di 80-100mila euro. Nell'ambito delle pizzerie, Rossopomodoro per un locale di 350-400 metri quadri prevede un investimento inziale di 210-240mila euro, con un diritto fisso di ingresso di 50mila euro e royalties del 4% sulle vendite nette. Per aprire invece un Roadhouse Grill ci vogliono circa 300mila euro, con una fee di affiliazione di 40mila euro, e il 5% di royalties.

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