Il 1° agosto 2012 entra in vigore il nuovo regolamento comunitario che inserisce il vino tra i prodotti che si possono fregiare della “foglia”. Un compromesso sui limiti ai solfiti
Dopo anni di discussione, l’Unione Europea è finalmente giunta a definire i criteri per la produzione e l’etichettatura del vino “bio”.
Il regolamento (UE) n. 203/2012, “che modifica il regolamento (CE) n. 889/2008 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio in ordine alle modalità di applicazione relative al vino biologico”, pubblicato il 14 marzo scorso, entrerà in vigore il 1° agosto 2012.
Le nuove norme fissano i criteri specifici sulla vinificazione, le modalità di etichettatura e la possibilità di riconoscere la conformità delle annate precedenti.
«Consumatori e ristoratori dalla prossima vendemmia potranno comprare un prodotto con standard più stringenti e garantiti - spiega a “Ristoranti - Imprese del gusto” Roger Waite, portavoce del commissario Ue all’Agricoltura Dacian Ciolos -. In precedenza, infatti, solo la coltivazione delle uve aveva una sua definizione chiara e si poteva parlare solo di “vino ottenuto da uve coltivate biologicamente”».
Il regolamento comunitario sul vino biologico unisce negli intenti ma divide un po’ sugli esiti: il punto più delicato concerne il livello di solfiti.
Solfiti della discordia
Gli Stati “meridionali”, Italia in testa, chiedevano fosse prevista la minor quantità possibile di solfiti. Il tenore di anidride solforosa, per i vini con un residuo zuccherino inferiore a 2 g/l, non deve superare 100 mg/l per i vini rossi e 150 mg/l per i vini bianchi e rosati (10mg/l è la soglia tolleranza
sotto la quale non è richiesta la segnalazione in etichetta).
«È stato trovato un buon compromesso - sostiene Waite -. I livelli massimi di SO2 sono sensibilmente più bassi rispetto ai vini tradizionali: nel caso del rosso è inferiore di 50 mg/l, per altri la differenza è di 30 mg/l. Certo, nulla vieta a un produttore di osservare concentrazioni ancora minori».
Il regolamento però prevede che “condizioni climatiche estreme possono provocare difficoltà in talune zone viticole rendendo necessario l’uso di quantitativi supplementari di solfiti nell’elaborazione del vino per raggiungere la stabilità del prodotto finito di quell’annata. È quindi opportuno autorizzare l’aumento del tenore massimo di anidride solforosa qualora si verifichino le condizioni summenzionate”.
Significa che si rischia un abuso delle richieste di autorizzazioni a sforare i limiti in specifiche aree geografiche (specie negli Stati del nord Europa)?
Entro il 2015 saranno vietate ulteriori pratiche
«La flessibilità indicata dalla regola - afferma Waite - può essere usata solo entro stretti vincoli e concessa dalle autorità competenti quando ritornano tutte le condizioni e le informazioni sono complete. Gli Stati membri applicano già una sorta di flessibilità in altri settori della produzione bio».
Dalla prossima vendemmia si potrà utilizzare anche per i vini lo stesso logo Ue che contrassegna altri prodotti bio.
I “vini con uve biologiche”, prodotti secondo la legislazione in vigore fino al 31 luglio 2012, possono essere venduti con tale dicitura fino a esaurimento scorte; potranno riportare il logo a condizione che le caratteristiche di produzione e di prodotto siano conformi ai nuovi requisiti introdotti, e che i documenti che attestano tale conformità, con i registri sulle quantità per tipologia e annata, siano conservati per almeno cinque anni.
Da regolamento, entro il 1° agosto 2015 saranno esaminate dalla Commissione limitazioni relative a pratiche quali trattamento termico, uso di resine a scambio ionico, osmosi inversa.
«Il settore non è ancora pronto a un immediato stop su questi processi - commenta Waite - ma c’è bisogno di lavorare per vietarli in futuro. Con l’ausilio dei tecnici, verrà indicato il modo in cui rimuovere gradualmente i trattamenti».