Le tre lezioni che la pandemia ci ha insegnato

Il mondo dell'ospitalità comincia a pensare alla nuova stagione estiva. La ricerca di LavoroTurismo.it ha fotografato il giudizio di imprenditori e lavoratori dopo l'estate 2020. Ne è emerso, oltre a ovvi aspetti negativi, anche qualche spunto interessante...

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Foto di StockSnap da Pixabay

Un approccio al lavoro più strutturato e meno improvvisato, un migliore utilizzo delle attrezzature con conseguente riduzione degli sprechi, una maggiore consapevolezza dell'importanza della formazione del personale: sono le tre lezioni che gli imprenditori della ristorazione si sono portati a casa dal 2020, per la maggior parte di loro l'anno più difficile del loro percorso professionale. Ad affermarlo è Oscar Galeazzi, fondatore di LavoroTurismo.it, sito di riferimento per la ricerca/offerta di lavoro nel settore dell'ospitalità (6mila aziende e 250mila candidati registrati), commentando i risultati della ricerca "Estate Covid 2020. Com'è andata?".

Oscar Galeazzi
Oscar Galeazzi, fondatore e ceo di LavoroTurismo.it

«Abbiamo chiesto a imprenditori e lavoratori, al termine dell'estate scorsa, un bilancio della stagione appena passata - spiega Galeazzi -. E ci sembra interessante condividerne i risultati adesso, perché è il momento in cui le imprese dell'ospitalità cominciano a pensare alla nuova stagione estiva».

Galeazzi sottolinea una potenziale criticità, emersa già con forza la scorsa estate: «Si è fatta molta fatica a trovare personale, specie in alcune funzioni. Presumibilmente, questo si ripeterà anche nella stagione entrante. Da qui il consiglio di attivarsi per tempo senza aspettare l'ultimo momento».

Sebbene il 65% delle aziende intervistate (hanno risposto in 452) abbiano assunto meno personale ("molto poco" il 37%), ben il 15% ha segnalato forti difficoltà nel reperimento del personale in corsa, in particolare nei mesi di luglio e agosto, sia per la sala, sia per la cucina e le pulizie. «In quest'ultimo caso la motivazione è più contingente - spiega Galeazzi -, legato alla mancanza di parte del personale straniero, rimasto nei paesi d'origine».

Rischio dequalificazione?

La questione - afferma l'esperto - è destinata ad aggravarsi nei prossimi 2-3 anni: «La prossima estate, in funzione della durata del blocco dei licenziamenti, potrebbe ripetersi quando è già avvenuto nel biennio 2008-2009, con una gran massa di disoccupati che si sono buttati sul lavoro stagionale. La novità è che i percettori di reddito di cittadinanza tendono a rifiutare impieghi di breve durata per paura di perdere il beneficio ottenuto, nonostante il fatto che tecnicamente abbiano diritto a una sospensione e non alla revoca. Nel medio periodo il rischio è che il settore perda una parte importante della forza lavoro più qualificata: cuochi e camerieri di esperienza che, non trovando lavoro, cercano un impiego in altri settori: dalla Gdo, alle mense, alle gastronomie. Finendo per apprezzare i vantaggi che il cambio comporta in termini di orari, di ritmi e di condizioni generali, anche se magari talvolta devono rinunciare a parte dei compensi che avevano. In cambio però di orari normali, della sera a casa, dei weekend liberi ecc.».

Il valore delle procedure

«Il Covid-19 - afferma Galeazzi - ha costretto le imprese della ristorazione a formare le persone sulle procedure da adottare per ridurre il rischio di contagio. Forzati a definire e stabilire delle procedure per cautelarsi, molti ne hanno scoperto gli aspetti positivi: da un lato hanno capito quanto sia importante formare meglio le persone, dall'altro hanno scoperto l'utilità di adottare procedure codificate per fare le cose: si risparmia un sacco di tempo e si ha maggior certezza che le cose vengano fatte».

Un primo esempio si è avuto nei colloqui di selezione: «Oramai si è diffusa l'idea che il primo contatto avvenga con un videocolloquio: si fa un programma preciso, con domande standard. Risultato: si spreca meno tempo e si ottiene una prima selezione qualitativamente migliore». ((Per chi cerca lavoro, può essere interessante leggere: "Trovare lavoro: le regole per non sbagliare").

Ma la necessità di ottimizzare le risorse ha spinto anche nella direzione di una maggiore attenzione nell'utilizzo delle attrezzature a disposizione, sia per le pulizie sia in cucina, per ridurre i tempi di lavoro: dai macchinari per le pulizie alle attrezzature in cucina. «In generale, ha portato a valutare il lavoro e il modo di svolgerlo in maniera più attenta di prima» spiega Galeazzi.

L'addio al buffet

La fine del buffet a libero servizio è un altro effetto positivo di questo periodo sciagurato: «La maggior parte dei ristoratori avevano ben chiara l'antieconomicità della soluzione - spiega Galeazzi - dal momento che il risparmio che si ottiene a livello di personale non è sufficiente a ripagare gli sprechi molto maggiori che si producono. L'apprezzamento da parte dei clienti, però, era un forte ostacolo all'eliminazione del buffet. Ora invece la forzata introduzione del buffet servito ha reso ancor più chiaro il vantaggio al ristoratore. Ed è apprezzato anche dai clienti, che apprezzano più di prima l'attenzione alla riduzione degli sprechi».

Datori di lavoro promossi in sicurezza (e non solo)

Venendo ai risultati della ricerca, uno degli aspetti più positivi emersi è che i dipendenti hanno promosso a pieni voti le aziende sul rispetto delle regole anti-Covid: quasi il 70% degli intervistati (1.495 persone) hanno valutato in modo molto positivo il rispetto delle regole da parte del datore di lavoro (meno dell'8% le valutazioni negative). Meno bene i clienti: promossi a pieni voti per il 50%, bocciati per il 20% (I gestori, invece, sono stati più generosi: clienti promossi per il 90% di loro).

Gli aspetti critici hanno riguardato le condizioni di lavoro: «Le persone, in genere - spiega Galeazzi -, hanno lavorato di più, con trattamenti peggiori e guadagnato di meno. Quasi la metà del campione ha lavorato più di 9 ore al giorno  e un quarto non ha avuto il giorno libero. Dati che sarebbero ancora superiori se si escludessero i lavoratori a tempo indeterminato. In più, oltre la metà degli intervistati. Oltre il 55% degli intervistati ha guadagnato meno, a parità di ore, rispetto a esperienze precedenti. Il dato positivo, però,  è che il 53% non si è sentito sfruttato (il 24% sì): pensiamo che sia il frutto di una condivisione delle difficoltà vissute anche dagli imprenditori».

Rispetto a orari e giorni liberi, l'invito di Galeazzi è «approfondire le soluzioni a disposizione degli imprenditori, a partire dalle reti d'impresa, per gestire il personale in modo più razionale e funzionale».

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