Sii cuoco, non pilota di pimer

pimer
crostacei su crema di piselli

Benedetto sia il pimer. Frullare direttamente in pentola, evitando travasi, è quanto di più pratico si possa desiderare quando si è alle prese con creme, passati e vellutate. Ma va anche detto che il frullatore a immersione è uno strumento talmente formidabile da riuscire a prendere la mano inducendo a un eccesso di frullatura. Per esempio, durante un’incursione nella cucina di un ristorante di buon livello mi è capitato di assistere a questa scena: preparando il battuto di base per un ragù tradizionale alla bolognese, lo chef ha velocizzato i tempi tagliando le cipolle a metà, le carote in due e lasciando le cosche di sedano intere. Una stufatina giusto per ammansire il tutto, e poi un bella passata di pimer con il risultato di una crema insaporente da aggiungere al sugo di carne già avviato per conto suo. Come dire che una tecnica industriale, buona per le scatolette, è stata applicata a una cucina che dovrebbe avere più parentele con le consistenze artigianali. Identica sorte subiscono spesso gli umidi, presentati con intingoli super vellutati; gli arrosti, ricoperti da salse micronizzate; i filetti di carne e di pesce troppo nappati con l’effetto di una cucina inutilmente francesizzante (ma è quella che piace agli ispettori Michelin). Va anche ricordato che a una consistenza estremamente sottile corrisponde un’estrema fusione e confusione dei sapori di base che risultano appiattiti dalle lame del pimer, senza sfumature e con l'unico retrogusto di omogeneizzato per bebè.
Anche la consistenza imperfetta di un fondo di cottura che abbia stufato a lungo, con il pezzettino di carota ancora riconoscibile e un sapore ancora riconoscibile, è espressione del patrimonio culturale gastronomico italiano che regola anche con saggezza l'uso del setaccio manuale, meno aggressivo e non così destruente.

Ma non è solo la cucina della Francia a essere citata, consapevolmente o no, dal pimer. Sono ancora diffusissime creme varie dette “specchi” sui quali vengono adagiati pesci e carni con motivazione più estetica che gastronomica. Sono di ceci, fave, pomodoro e soprattutto di piselli surgelati che vengono pimerizzati dopo essere stati sbollentati e tuffati nel ghiaccio per mantenere un bel colore verde. Sono conditi con sale, con un po’ di olio o burro, e quindi poco cotti per non ingrigire il verde. Poi ci pensa il pimer a creare un bello sfondo, verde come un magnifico prato sul quale inserire fiorellini eduli,  e un sapore capace di ricordare il peggio della cucina inglese, che già ha i suoi bei problemi con il suo meglio.

 

 

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