Un corretto progetto formativo e un’adeguata selezione degli aspiranti portano grandi benefici all’attività e, in prospettiva, all’intero settore. Vi riassumiamo le regole per attivare i tirocini e le scuole più interessanti da cui “andare a pescare”
Cattiva maestra televisione. Partiamo dal titolo di un libro di Karl Popper, uno dei più grandi filosofi del '900, per cercare di dare un inquadramento attuale alla figura dello stagista, che ha di fatto soppiantato quella che in cucina era la posizione dell'apprendista prima e del commis dopo.
La televisione, con i suoi programmi cult sulla cucina e gli chef, e tutto quel movimento mediatico che negli ultimi dieci anni si è creato attorno al cibo sono sicuramente uno dei motivi per cui migliaia di giovani si sono indirizzati verso un mestiere che tutto è meno che facile. Qui già incontriamo il primo scoglio: lo chef è un mestiere che richiede dedizione, sia in termini di tempo da dedicare al lavoro sia in termini di applicazione e studio. Temo però che oggi quello che rende il mestiere di chef appetibile non è tanto il lavoro in sé quanto le aspettative che i ragazzi ripongono su di esso.
Così molti pensano che basti fare 5-6 stage in posti stellati per diventare dei professionisti. L'atteggiamento è tutto: limitarsi a un'attitudine stile “copia e incolla” impedirà loro di essere tecnicamente performanti per le aziende in cui opereranno.
Disponibilità globale
La cosa che contraddistingue lo stagista “in gamba” è sicuramente la sua disponibilità a lavorare da qualsiasi parte del mondo senza problemi di location, con turni che arrivano a 12-14 ore al giorno, a sacrificare tutto se stesso in virtù del suo sogno che è quello di diventare chef.
Sul fronte dei ristoratori, è purtroppo diffuso l'atteggiamento di chi crede che gli stagisti siano una sorta di commis se non addirittura dei capo partita che si possono far lavorare a costo zero. Il risultato è che vengono lasciati praticamente a loro stessi, senza invece considerare che il loro obiettivo non è lavorare ma formarsi il più approfonditamente possibile.
Obiettivi formativi
Lo stage, se correttamente concepito, nel senso che ne vengono rispettati la filosofia e i valori che lo animano, può dare molti frutti. Sarà infatti l'inizio di un percorso formativo per entrambe le parti. Ma una buona esperienza di stage non sarà solo interessante per l'individuo che lo svolge o per l'operatore che dedica tempo e sapere a una nuova leva.
Visto su scala più ampia, infatti, un serio, continuativo e corretto utilizzo dello strumento dello stage da parte di ristoratori e giovani apprendisti potrà far sì che nell'arco di qualche anno la qualità dei professionisti in circolazione possa crescere di livello professionale, a tutto vantaggio del mondo ristorativo e del più ampio mercato del fuori casa.